2022-11-27
Irlanda, morto a 14 anni dopo l’iniezione
Il giovane perì a tre settimane dal vaccino. Per l’autorità giudiziaria, l’indagine è di «notevole interesse pubblico». Prevista anche la richiesta di informazioni a Pfizer sulla sicurezza dei sieri. Qui, invece, si minimizzano gli effetti avversi e si trascura la vigilanza.Report Iss, incidenza di ricoveri e decessi più alta tra gli over 80 con entrambi i booster.Lo speciale contiene due articoli.L’impatto fatale del vaccino anti Covid su un quattordicenne è «una questione di notevole interesse pubblico», ha dichiarato il coroner Pat O’Connor. In Irlanda, non si cerca di minimizzare il decesso di un minorenne sano, Joseph McGinty, avvenuto il 13 settembre 2021, tre settimane dopo aver ricevuto il siero di Pfizer, perché «c’è preoccupazione per la salute pubblica derivante dalle circostanze della morte», come ha evidenziato l’avvocato Rita Kilroy, legale della famiglia del giovane. L’inchiesta includerà una richiesta di precise informazioni a Pfizer sulla sicurezza del vaccino. Potrebbero passare alcuni anni, prima che l’indagine sia conclusa, ha fatto sapere il magistrato che indaga sui casi di morte violenta o sospetta, ma bisogna arrivare a capire come mai le condizioni di Joseph fossero così peggiorate dopo l’inoculo, da provocarne il decesso nell’arco di tre settimane. Studente di scuola secondaria ad Achill Island, l’isola più grande al largo delle coste dell’Irlanda, nella Contea di Mayo, il ragazzino si era vaccinato il 20 agosto del 2021. La notte del 1 settembre fu ricoverato d’urgenza al Mayo University Hospital e dimesso il giorno seguente. Riebbe bisogno di cure mediche ospedaliere l’8 settembre, ma morì a casa cinque giorni dopo. Lunedì c’è stata la prima udienza, con la deposizione di O’Connor che ha affermato: «Sembra esserci stata una reazione, o un cambiamento significativo nelle sue (del giovane, ndr) condizioni di salute in seguito alla somministrazione del vaccino. Successivamente, sfortunatamente, McGinty è morto». Centinaia furono i messaggi di cordoglio alla famiglia, nei quali si ricordava il giovane come «un’anima gentile». Preside, insegnanti, compagni di classe di Coláiste Pobail Acla, la scuola frequentata dal povero ragazzino, scrissero su Facebook di essere costernati per «l’improvvisa morte» di Joseph. L’avvocato Kilroy ha chiesto il patrocinio gratuito, e il coroner ha accettato di presentare la richiesta al Legal Aid board, che fornisce assistenza legale e consulenza nelle cause civili a persone in Irlanda che soddisfano determinati requisiti, come scarse disponibilità economiche e giuste cause. Il 20 dicembre ci sarà un aggiornamento dell’inchiesta presso il tribunale di Swinford, sempre nella contea di Mayo.Un adolescente che muore in maniera così fulminante, dopo un vaccino, è una questione di estrema gravità e l’atteggiamento del magistrato irlandese mostra la determinazione di indagare ogni possibile causa, nell’interesse dei genitori del giovane ma anche di altri suoi coetanei, che possono rischiare eventi fatali vaccinandosi. Quella di Joseph McGinty non è una fatalità, purtroppo, anche se pochissimo si parla delle morti di giovanissimi e quasi sempre manca la volontà di stabilire un legame con l’inoculo. Dopo mesi di indagini da parte delle agenzie sanitarie, non è stato trovato alcun collegamento tra la morte di Jacob Clynick, 13 anni, del Michigan, avvenuta nel sonno nel giugno del 2021, e la seconda dose di Pfizer somministrata tre giorni prima. Children’s Health defense, il gruppo presieduto da Robert F. Kennedy Jr. ricorda che tra il 14 dicembre 2020 e l’11 novembre 2022, sono stati segnalati al Vaers «nove decessi a seguito di vaccini Covid-19 tra bambini di età compresa tra 6 mesi e 5 anni, 31 decessi segnalati tra bambini da 5 a 12 anni e 133 decessi tra ragazzi dai 12 ai 18 anni». Non a caso, dopo l’analisi condotta dal dipartimento della Salute della Florida che aveva rilevato un aumento dell’84% dell’incidenza relativa di morte per problemi cardiaci tra i maschi, nei 28 giorni successivi alla vaccinazione, a ottobre 2022 il capo esecutivo del Servizio sanitario nazionale, Joseph Ladapo, aveva consigliato ai giovani di età compresa tra 18 e 39 anni di non farsi somministrare vaccini a mRna. Il 30 settembre scorso, la Svezia ha annunciato che non avrebbe più raccomandato l’anti Covid per i bambini sani di età compresa tra 12 e 17 anni. Le autorità sanitarie danesi, già a luglio avevano hanno deciso di interrompere la vaccinazione per i minori di 18 anni. In Italia, invece, un mese prima Sergio Abrignani, docente di immunologia all’Università degli Studi di Milano, dalle pagine del Corriere della Sera diffondeva certezze: «Da quello che sappiamo dopo due anni di esperienza, non c’è stato alcun evento avverso mortale direttamente associato ai vaccini a Rna e le rare miocarditi insorte post vaccino si sono risolte rapidamente con pochi giorni di terapia». Vicende come quella di Joseph McGinty non vengono nemmeno prese in considerazione. Non allarmano, non destano preoccupazione malgrado le segnalazioni non manchino, però con enorme fatica si indaga sulla correlazione tra morte e vaccino negli adulti, così come negli adolescenti. E quelle pochissime volte in cui si va a fondo, se poi il decesso avviene dopo il quattordicesimo giorno, la correlazione non viene riconosciuta. Come è accaduto per Camilla Canepa, 18, anni morta per trombosi sedici giorni dopo la vaccinazione con Astrazeneca.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/irlanda-morto-14-anni-iniezione-2658786803.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="quarta-dose-passati-quattro-mesi-e-piu-protetto-chi-ne-ha-solo-due" data-post-id="2658786803" data-published-at="1669542509" data-use-pagination="False"> Quarta dose: passati quattro mesi è più protetto chi ne ha solo due I dati continuano a dire che nelle persone con più di 60 anni la quarta dose (secondo booster) di vaccino anti Covid funziona per 4 mesi. Dopo, protegge addirittura meno delle due somministrazioni. Lo conferma anche il Report dell’Istituto superiore di sanità (Iss) di sorveglianza sul Covid-19 aggiornato al 23 novembre. Eppure il richiamo del booster «è da considerare la priorità» per «tutte le persone oltre i 60 anni», ribadiva anche ieri Stefania Salmaso, dell’Associazione italiana di epidemiologia in un’intervista al Corriere della sera. «È ormai consolidata l’evidenza che la protezione nei confronti dell’infezione ora sia limitata. Quindi - sottolineava l’ex epidemiologa dell’Iss - anche i vaccinati non sono completamente immuni. E questo bisogna ricordarlo nel valutare se fare o no un’ulteriore dose. La risposta è sì, certo». Questa campagna vaccinale assomiglia sempre più al giro dell’oca, visto che si torna sempre alla casella di partenza, quella del richiamo «necessario». Avanti di questo passo ogni 4 mesi un ultra sessantenne dovrebbe presentare il braccio al vaccino, senza però sapere se davvero i vantaggi superino i rischi. Basta consultare l’ultimo report dell’Iss. La figura 23 o la tabella sei mostrano numeri con andamenti che hanno, a tratti, del paradossale. Nella protezione dalle infezioni, tra i 60 e i 79 anni i valori sono praticamente allineati per non vaccinati e per tutti i tipi di immunizzati, dalle due alle quattro dosi entro i 120 giorni (non ci sono i dati oltre questo tempo). Nelle ospedalizzazioni i no vax rischiano più di tutti, ma tra la terza dose e il richiamo i valori sono simili. A finire poi in terapia intensiva sono, paradossalmente, un po’ di più, quelli con quattro dosi. Sui decessi c’è un minimo vantaggio dal richiamo del booster, ma i numeri sono bassissimi. Si fanno decisamente più interessanti gli andamenti per gli over 80 che, a causa dell’immunosenescenza, cioè di un sistema immunitario meno efficiente, dovuto all’invecchiamento, rispondono meno anche ai vaccini. Senza inoltrarci in argomenti complessi, basta leggere i dati. In questa fascia di popolazione, il report dell’Iss conferma, anche nel mese di ottobre, un rischio di infezione tre-quattro volte superiore per i no vax, ma sono quelli con due dosi ad avere il rischio più basso di tutti. Addirittura, a quattro mesi dal richiamo del booster, il tasso di infezione è quasi doppio rispetto alle due dosi. Il ricovero in ospedale, per chi ha superato 80 anni ed è no vax è quattro volte più probabile rispetto ai vaccinati, ma chi ha avuto il richiamo, dopo quattro mesi, in cui il rischio è inferiore a chi ne ha fatte tre, torna ai valori perfino un po’ più alti del booster. Restando nel paradosso, nel caso del ricovero in terapia intensiva, il beneficio ottenuto dal richiamo, dopo 4 mesi, si perde al punto che il rischio è addirittura più alto di chi ha fatto solo il booster. Andamento simile anche per i decessi. La soluzione? Tutti pronti a tornare alla casella del richiamo necessario. Valutazione dei rischi, non pervenuta.