2025-07-02
Che fastidio gli artisti «Antifa» in missione per il loro profitto
Giuseppe Cruciani (Imagoeconomica). Nel riquadro la copertina del suo ultimo libro «Ipocriti!»
Cruciani, nel suo nuovo libro «Ipocriti!», mette a nudo i vip progressisti e i giochi della loro morale. Un impegno sociale ruffiano che punta alla visibilità tra quote rosa, resistenza e parate arcobaleno.Liberté, egalité… et jet privé.Quanto mi stanno sulle balle le star, o presunte tali, che non si limitano a cantare, recitare, ballare, ma devono costantemente esibire il loro impegno sociale e sentono il bisogno impellente di spiegarci cosa dobbiamo pensare, votare e, soprattutto, temere. Sono gli artisti progressisti, democratici. Quelli che timbrano pure loro il cartellino dell’antifascismo, ridotto a una professione piagnucolante e remunerativa, carta d’identità di un mondo che ama, detto prosaicamente, farsi i pompini a vicenda.Ovviamente, Sanremo è il palcoscenico più adeguato per simili esternazioni e professioni di fede. Pensiamo a Elodie, che ogni volta ci tiene a dire la sua su Giorgia Meloni, come fosse investita di una missione per conto della democrazia in pericolo: «Non voterei Meloni neanche se mi tagliassero una mano». Parole sue. Ora, a me non fa né caldo né freddo cosa vota Elodie, ma immaginatevi cosa potrebbe accadere a parti invertite: se un artista dicesse lo stesso di un leader di sinistra. Se, per esempio, Pupo dichiarasse che non vorrebbe mai Elly Schlein, neanche se gli amputassero un testicolo? Apriti cielo. Il povero Pupo verrebbe trascinato sul patibolo del web e crocifisso per settimane. Ma contro la Meloni, o un qualsivoglia leader della destra brutta e cattiva, tutto è permesso. Mi ricordo Francesca Michielin (altra cantante...), che subito dopo le elezioni vinte da Fratelli d’Italia, tuonò: «Oggi, comincia la Resistenza!», mentre nel post successivo era già a una sfilata della Fashion Week. Che bella la Resistenza vissuta così: dalle montagne ai tappeti rossi e ai palinsesti tv.Il piccolo schermo, i giornali, i libri, i concerti, i teatri sono pieni di gente che continuamente si lamenta di non avere più spazi di libertà, che parla di tensione autoritaria, espressione che mi fa andare ai matti, di non potersi più esprimere, di essere minacciata nei suoi diritti, senza mai specificare quali diritti mancherebbero. Eppure, se davvero a queste persone fosse impedito di protestare contro il governo, perché tutto questo avviene senza alcun ostacolo? Non sono forse, giustamente, liberi di proclamarsi buoni, inclusivi, antifascisti e contro ogni discriminazione da palcoscenici importanti, senza per fortuna alcuna conseguenza se non quella di triturarci le palle? Durante il Festival di Sanremo del 2025, ci siamo dovuti sorbire l’ennesima litania sulle quote rosa. Le quote rosa? Al Festival di Sanremo? Eppure è successo. La solita Elodie ha parlato di discriminazione perché non vedere Giorgia nella top cinque «è stato irrispettoso per il suo talento, per la sua carriera». Capito? Irrispettoso. Come se ci fosse un complotto, una riunione segreta di maschietti che hanno deciso: «Ehi, ragazzi, votate solo cantanti con l’uccello, mi raccomando!». E ancora: «La cinquina era di soli uomini. Sembra che noi donne dobbiamo saper fare le capriole per arrivare dove gli uomini arrivano con semplicità».Ma che minchia c’entra? Sanremo è una gara di canzoni, non un censimento dei genitali. Se in un’edizione vincono solo maschi e in un’altra solo femmine, cosa cambia? È un problema? Dove sta scritto che ci deve essere per forza una parità di genere nelle classifiche musicali?Ed ecco arrivare anche Giorgia, la cantante, non la premier: «Non è la prima volta che facciamo notare che il podio del Festival di Sanremo sia tutto al maschile. È scandaloso. Ma dev’essere qualcosa di atavico, di inconscio, che non porta a votare per le donne». Avete letto bene: qualcosa «di atavico, di inconscio». Ma forse, semplicemente, sono piaciute di più le canzoni degli altri. Punto. Senza complotti, senza patriarcato, senza rotture di balle, senza minchiate sparate a cazzo. Ma per essere accettato, coccolato, e non diventare un bersaglio dei benpensanti, meglio allinearsi al pensiero dominante, alla narrazione ufficiale. Se vuoi stare sereno a certi livelli, è sufficiente tirare fuori il patentino di antifascista. Basta chiedere a Carlo Conti e Gerry Scotti, due conduttori bravissimi e tra i più amati della televisione che, sempre a Sanremo, si sono ritrovati a dover rispondere a questa domanda: «Vi dichiarate antifascisti?», come se fossimo ancora nel 1946 e il duce fosse scappato il giorno prima. Una roba da manicomio. […]L’ipocrisia del «fascismo alle porte», la baggianata del pericolo autoritario, la truffa dell’antifascismo con la pancia piena e in assenza di fascismo è diventata un’epidemia, soprattutto da quando Salvini e Meloni guidano l’Italia. Una specie di isteria collettiva, un’ossessione feticistica, una patologia incurabile, anche perché estremamente redditizia. […]Sapete qual è il vero problema? Una cosa che mi fa andare il sangue al cervello. Che la sinistra ha sempre pensato che la Rai fosse cosa sua. Una proprietà privata. Un diritto acquisito. Per decenni hanno occupato ogni spazio possibile, hanno piazzato i loro uomini, hanno fatto le loro trasmissioni, hanno veicolato i loro messaggi. Hanno nominato chiunque, pure gli uscieri e quelli che puliscono il cavallo di viale Mazzini. E nessuno ha mai parlato di occupazione, di regime, di censura. Era normale, era giusto, era democratico. Ma quando arriva un governo di destra e fa esattamente quello che hanno sempre fatto loro - cioè nominare persone di fiducia nei posti chiave - allora è fascismo. Allora è un attacco alla libertà. Allora è un pericolo per la democrazia. Allora è amichettismo, come se gli amici e i collaboratori dei politici di sinistra non avessero mai avuto a che fare con la Rai: ma non fate gli ipocriti, siete ovunque e per anni avete riempito di vostri uomini anche i cassetti delle scrivanie! È questa l’ipocrisia che mi fa vomitare. Questa doppia morale per cui, se la sinistra occupa, va tutto bene; se lo fa la destra, è clientelismo, cafonaggine e allarme democratico. Sono abituati a considerarsi moralmente superiori, a stabilire cosa è giusto e cosa è sbagliato, a decidere cosa si può dire e cosa non si può neppure nominare. Se non sei dei loro, ti guardano dall’alto in basso come fossi irrecuperabile alla civiltà.
(Totaleu)
«Strumentalizzazione da parte dei giornali». Lo ha dichiarato l'europarlamentare del Carroccio durante un'intervista a margine della sessione plenaria al Parlamento europeo di Strasburgo.