2021-06-24
Che ipocrisia le lacrime sulle «ingerenze»
Il radicale Marco Cappato (Ansa)
Sinistra e grillini strillano per la nota del Vaticano (che si appella al diritto) nelle stesse ore in cui benedicono le pressioni dell'Ue contro la legge ungherese sul gender. E dopo aver acclamato il «ce lo chiede l'Europa», piangono la lesa sovranità delle Camere.Una volta le contraddizioni più plateali maturavano nel tempo, e poi, a un certo punto, esplodevano. Oggi semplicemente si verificano, senza neppure più lo stridore che dovrebbe produrre la vista di un 2+2 che fa cinque. Avviene così che, letteralmente nelle stesse ore, il deputato Alessandro Zan, al cui cognome è legato l'omonimo ddl in discussione alla commissione Giustizia del Senato, abbia scritto sui suoi social: «Il ddl Zan è stato approvato da un ramo del Parlamento a larga maggioranza, e l'iter non si è ancora concluso. Vanno ascoltate tutte le preoccupazioni e fugati tutti i dubbi, ma non ci può essere alcuna ingerenza estera nelle prerogative di un parlamento sovrano» (ore 16.52) e «Bene che l'Italia abbia firmato, insieme ad altri 13 Paesi europei, la dichiarazione di condanna verso l'approvazione in Ungheria della legge contro la comunità Lgbt+, un ottimo segnale da parte del governo. Non c'è spazio in Ue per odio e discriminazioni» (ore 20.58).Nei 246 minuti tra le due uscite devono essere successe un sacco di cose, ma nessuna che permettesse all'onorevole di rilevare ostacoli alla razionale coesistenza delle due posizioni. A parziale discolpa di Zan, il deputato democratico è in ottima compagnia. Il diktat mondiale che impone di fischiare fortissimo contro l'Ungheria di Orbán (lo stesso i cui voti furono necessari a eleggere la Commissione Ue che ora lo bastona) sta coprendo una incongruenza talmente clamorosa da passare inosservata. È totalmente lecito criticare la legge di Budapest che regolamenta l'educazione sessuale dei minori a scuola e il loro accesso a materiali di natura pornografica o sessuale ritenuta inappropriata. È perfino normale, in nome di una interpretazione soggettiva dei «valori europei» o dei Trattati sottoscritti, chiederne la modifica - cosa che anche l'Italia ha fatto. Ciò che pare ardito è gridare simultaneamente alla lesa sovranità del Parlamento se il Vaticano, cioè la controparte del nostro Paese in un Trattato di rango costituzionale, fa analoghe eccezioni preventive.La pubblicazione, avvenuta ieri, del testo integrale della Nota verbale con cui la Santa Sede lamenta l'incompatibilità di alcune parti del ddl Zan con i Patti lateranensi è, a confronto della dichiarazione dei 17 Paesi contro l'Ungheria, un piccolo capolavoro di diritto. Laddove i censori di Orbán lamentano generiche «discriminazioni basate sull'orientamento sessuale, l'identità di genere e l'espressione», in contrasto con i «diritti fondamentali» derivanti dai «valori fondanti dell'Unione europea», la Segreteria di Stato rileva che gli articoli del ddl Zan «in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi “fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere" (articolo 5, ndr) avrebbero l'effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario», in particolare all'articolo 2, commi 1 e 3. Comunque la si pensi, è una missiva che denota una lettura del testo di legge discusso, cosa che nel caso ungherese è probabilmente non così scontata.A proposito di stenti istituzionali, strappa un sorriso il fatto che Roberto Fico, terza carica dello Stato, senta la necessità di spiegare che «i parlamentari decidono in modo indipendente quello che vogliono votare»: lui che è espressione di un gruppo che i parlamentari li ha espulsi perché votavano quello che volevano votare. «Noi come Parlamento non accettiamo ingerenze. Il Parlamento è sovrano e tale rimane sempre», ha detto ancora il presidente della Camera. E neppure lui scorge alcuna contraddizione tra il contemporaneo rimbrotto a Orbán e il rifiuto del rimbrotto vaticano.Forse ha ragione Fico, però. Nei giorni in cui la quasi totalità dell'opinione pubblica si commuove alle lacrime per l'approvazione da parte della Commissione Ue del Pnrr italiano, con tanto di pagelline che condizioneranno - quelle sì - governi e parlamenti nella spesa di denari nostri impiegati con criteri altrui, è più che normale gridare alla sovranità violata per una nota di quello stesso Vaticano che, finché si allinea alle pressioni internazionali su altri temi politico-culturali, ovviamente non commette alcuna ingerenza.A riprova che la discussione in corso ha un grave problema di metodo prima ancora di entrare nelle pieghe del merito, ecco Marco Cappato (cui se non altro va riconosciuta coerenza rispetto alla Chiesa). L'esponente spiega che «la libertà di criticare una proposta di legge è indiscutibile. Farlo utilizzando il Concordato è invece grave. Una religione che agisce come uno Stato fa male alla stessa libertà religiosa». A parte il fatto che il Vaticano sarebbe uno Stato, e quindi è perfino normale che agisca come tale, la «logica» di Cappato implica che una critica sia fondata solo se ininfluente e non basata sul diritto. Per un seguace di Marco Pannella è bizzarro.Sul dibattito scatenatosi sul ddl Zan, del resto, ragione e logica paiono ormai gioiosamente abbandonati. Una volta considerata una cosa straordinaria il fatto che un premier affermi che l'Italia non è uno Stato confessionale, poi vale tutto: l'ingerenza gradita è diritto in purezza, quella sgradita un mezzo attentato. Se il livello è questo, il Marchese del Grillo era almeno più onesto. Di sicuro più divertente.
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