
Jim Skea, presidente dell’agenzia delle Nazioni Unite, sconfessa il catastrofismo sulla salute del pianeta: «Non bisogna cadere in stato di choc. Non è compito della scienza dire cosa mangiare».«Basta con il catastrofismo sul clima», basta eco ansia. A chiederlo non è un pericoloso «negazionista climatico» ma il nuovo presidente dell’Ipcc, lo scozzese Jim Skea, eletto mercoledì scorso a capo del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Intergovernmental panel on climate change), che dal 1988 cerca di indirizzare le politiche globali sul clima. Un cambio di rotta significativo per l’organismo sovranazionale nato dalle Nazioni Unite e governato dal 2015 da un presidente che non faceva parte della comunità scientifica, l’economista sudcoreano Hoesung Lee. La dichiarazione di Skea arriva, inoltre, pochi giorni dopo l’improvvida sortita del segretario generale dell’Onu António Guterres che per raffreddare gli animi, si fa per dire, ha incautamente lanciato l’allarme dell’ «ebollizione globale», subito smontato da esperti e accademici internazionali. Il fisico Skea, 69 anni, si è aggiudicato la poltrona di chairman, strappata alla brasiliana Thelma Krug, grazie alla sua esperienza quarantennale nella scienza del clima e agli incarichi precedentemente ricoperti proprio all’interno dell’Ipcc, dove lo scienziato è stato fino a poco fa copresidente del Working group III, dedicato alla mitigazione dei cambiamenti climatici. Skea è anche professore emerito all’Imperial college di Londra, dove insegna dal 2009. Con questo curriculum, al riparo da ogni accusa di «negazionismo», il neo presidente dell’Ipcc ha affidato a due testate tedesche - il settimanale Der Spiegel e l’agenzia Dpa - un messaggio in netta controtendenza rispetto agli anatemi delle cassandre del clima che imperversano nella comunicazione pubblica. «È controproducente», ha affermato, «sostenere che l’aumento della temperatura di 1,5 gradi celsius rappresenti una minaccia esistenziale per l’umanità». Un’affermazione rilevante, considerando che il neo presidente è stato coautore del Rapporto speciale sul riscaldamento globale di 1,5 °C, pubblicato dall’Ipcc nel 2018. «Non dobbiamo dare un’importanza esagerata all’obiettivo internazionale di limitare l’aumento della temperatura media terrestre a 1,5 °C rispetto all’epoca pre industriale», ha dichiarato allo Spiegel, precisando poi all’agenzia Dpa che «se l’obiettivo non sarà raggiunto entro il 2030, come peraltro sembra probabile, non dobbiamo disperare né cadere in stato di choc». In entrambe le interviste Skea ha posto l’accento su quale sia il tono che il mondo della divulgazione scientifica deve assumere in questo momento storico: «Se continuiamo a comunicare incessantemente che siamo tutti condannati all’estinzione, questo messaggio paralizzerà le persone e impedirà loro di adottare le misure necessarie per affrontare il cambiamento climatico». Il mondo, ha detto Skea, sarà più pericoloso se le temperature saliranno di 1,5 gradi, «ma certamente non finirà per questo». Chissà cosa ne penseranno i telegeologi italiani dopo l’orgia catastrofista somministrata in tutte le salse e in tutti i telegiornali perché «lo dice l’Ipcc».Dopo aver corretto il tiro sulle evidenze scientifiche, il nuovo chairman Ipcc ha voluto aprire un’importante parentesi anche sull’etica scientifica, ricollocando nel giusto ordine le responsabilità nei confronti dei cittadini: «Il compito della scienza non è di dire alle persone come vivere e cosa mangiare», ha evidenziato Skea, con buona pace di chi -attribuendo all’agricoltura e all’intera filiera alimentare la responsabilità primaria del climate change e delle emissioni di CO2 - vorrebbe imporre alla popolazione di eliminare il consumo di cibi di origine animale. L’astinenza individuale da alcuni comportamenti di consumo particolarmente emissivi è «un bene, ma da sola non risolve». Viceversa, anziché scaricare sui cittadini l’onere dei cambiamenti, sono i governi che devono «fornire soluzioni su larga scala e infrastrutture completamente nuove», ha detto Skea, facendo un esempio pratico: «Le persone non andranno in bicicletta se non ci sono piste ciclabili». Basta, insomma, con la colpevolizzazione delle persone anche sul clima: chi decide si metta al lavoro.La missione da portare a termine, adesso, è quella di restituire credibilità all’Ipcc. La sua autorevolezza è stata spesso messa in discussione, a cominciare dal cosiddetto Climategate, definito «il più grande scandalo scientifico della storia» (prepandemica), salvo poi essere derubricato a «fake news». La credibilità dell’organismo Onu, oggi nel mirino di migliaia di scienziati, accademici e premi Nobel indipendenti che fanno parte del Clintel e della CO2 coalition, è particolarmente a rischio quando si tratta di redigere le principali conclusioni delle valutazioni Ipcc: mentre i rapporti constano di migliaia di pagine (l’ultimo ben 2.409), le sintesi - riassunti ragionati destinati ai politici - poggiano su poche decine di cartelle. Questo esercizio di semplificazione è da sempre controverso: la composizione del panel è ibrida - autori scientifici e rappresentanti governativi - e di fatto le deliberazioni dell’Ipcc sono politiche, così come è intrinsecamente geopolitico il problema dei cambiamenti climatici. Al nuovo presidente Skea la mission (speriamo non «impossible»...) di riportare il dibattito scientifico al centro, facendo piazza pulita di tutti i dogmi del climaticamente corretto.
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Sulle alture del Cuneese l'esercitazione «Joint Sapper», pianificata e organizzata dal 32° reggimento Genio guastatori della Brigata alpina Taurinense insieme ad una compagnia del 2° reggimento genio della Legione Straniera Francese.
L'articolo contiene una gallery fotografica.
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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Da tre giorni, la capitale irlandese è attraversata da violente proteste (c’è chi si è presentato a cavallo...) contro l’ennesimo caso di cronaca che ha per protagonista uno straniero. Ma, al solito, quando la piazza è identitaria la si bolla come razzista.











