2025-03-31
«Spinelli padre dell’Europa è un mito creato dalla sinistra»
Rocco Buttiglione (Imagoeconomica)
Rocco Buttiglione: «Le vere radici dell’unificazione sono cristiane, Pci e socialisti si opponevano Poi Craxi diffuse l’ideale di Ventotene. Dove però si teorizzava una politica autoritaria».«Spinelli padre dell’Europa?! Ma quando mai. Le radici dell’Unione europea le ha messe la Democrazia cristiana, le fondamenta ideologiche le hanno costruite De Gasperi, Adenauer, Schuman. Il mito di Spinelli è una costruzione di Craxi per far partecipare la sinistra, da sempre anti europeista, alla costruzione del nuovo soggetto politico. Ecco la verità, ecco la storia». Rocco Buttiglione, un lungo passato nella politica, per due volte ministro, parlamentare europeo, filosofo, ora docente nelle più prestigiose università internazionali, vuole fare chiarezza sulla querelle scatenata dalle parole del presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in merito al Manifesto di Ventotene. Lei che è super partes e da tempo lontano dalle «guerre» della politica italiana, perché c’è un «caso Spinelli»?«Altiero Spinelli è una figura di grande rettitudine morale, un antifascista coerente, un combattente per la libertà, ci togliamo il cappello. Ma questa Europa non è figlia di Spinelli, non è l’Europa del Manifesto di Ventotene. Spinelli appartiene alla storia dell’europeismo ma non è paragonabile ai veri giganti che hanno costruito l’Europa che sono Adenauer, De Gasperi, Schuman. La loro cultura non è certamente quella di Spinelli».In che senso?«L’Europa affonda le sue radici nella cultura di Coudenhove Kalergij, un nobile austroungarico che apparteneva al circolo degli amici dell’Imperatore Carlo. Questo quando vien incoronato nel 1916 pensa a una grande riforma, alla trasformazione dell’Impero austroungarico in una comunità di nazioni indipendenti nei propri affari interni ma unite nella politica della difesa, dell’economia e degli esteri. La nuova costituzione non entrò mai in vigore. Da essa trasse ispirazione Kalergij per un libro che si intitola Paneuropa dal quale nacque un movimento che negli anni Venti raccolse il consenso di tanti dei migliori padri dell’Europa, da De Gasperi a Adenaueer, da Freud a Einstein. Questo movimento però si è scontrato nel 1932 con la scelta britannica, colpita dalla crisi del 1929, delle preferenze imperiali, cioè il tentativo di costruire con il proprio impero, un blocco economico autonomo. La stessa scelta fatta dalla Francia e dalla Germania. Blocchi economici autonomi diventano blocchi imperialisti, per contendersi i mercati di sbocco e le materie prime e lì l’Europa precipita verso la Guerra Mondiale. Dalla fine di questo conflitto sanguinoso, il movimento europeista rinasce ed è un movimento democratico cristiano». In cosa si differenzia questo movimento europeista risorto dopo la Guerra Mondiale, dal Manifesto di Ventotene?«Il Manifesto di Spinelli è l’espressione di un movimento socialista. Spinelli fu comunista fino al 1937, dopo entrò nel Partito d’Azione. Lui immaginava un’economia dirigista per l’Europa, guidata da una politica abbastanza autoritaria. Era un pensiero comune a quell’epoca, perché c’era la convinzione diffusa che le democrazie occidentali fossero finite e che il futuro avesse bisogno di un regime totalitario. Invece dal punto di vista economico l’idea alla base dell’Unione europea è l’economia sociale di mercato sviluppata da Wilhelm Ropke e dalla scuola di Friburgo. Ed è ciò che ritroviamo nei trattati istitutivi dell’Unione».Perché allora Spinelli è indicato dalla sinistra come il padre dell’Europa?«La sinistra, all’origine, era fieramente e fortemente anti europeista. Lo sono stati i comunisti e anche i socialisti con rare eccezioni tra i quali ricordiamo lo statista belga Paul Henri Spaak, il cancelliere tedesco Willy Brandt e pochissimi altri. Quando negli anni Settanta e Ottanta diventa inevitabile accettare le istituzioni europee, la sinistra capisce che non può restare al di fuori di questo processo, che ha bisogno di una figura simbolica e va a prenderla tra i pochi europeisti di sinistra, tra i quali c’era pure Altiero Spinelli. Tenta così di costruire una narrazione che faccia della sinistra, con Spinelli, il padre dell’Europa. Molto a questo ha contribuito Craxi».Perché Craxi?«Craxi era un europeista convinto e volendo diffondere un europeismo di sinistra, prese Spinelli perché era il meglio che poteva trovare. Fino ad allora i comunisti avevano ferocemente criticato l’Europa dicendo nientemeno, che era una riedizione del Sacro romano impero. Il movimento federalista europeo fondato da Spinelli ha svolto un suo ruolo ma è uno dei rivoli che confluiscono nel grande fiume della fondazione dell’Europa unita, non certo il braccio principale».Ingiustificata quindi la polemica contro le parole del premier Giorgia Meloni?«Quando Meloni leggendo alcuni brani del Manifesto di Ventotene, mostra che suonano inattuali, non ha torto. Spinelli è un uomo del suo tempo e considerarlo padre dell’Europa, questo proprio no, non ci sto. L’Europa l’hanno fatta i cattolici. Adenauer, Schumann e De Gasperi hanno impresso all’Europa un forte sentimento religioso che non c’era in Spinelli. Il sentimento religioso fa la differenza perché concilia popoli diversi, accomunati dal battesimo». Considerare il Manifesto di Ventotene come la Carta dell’Europa è quindi un errore?«È un’esagerazione. Sicuramente il contenuto del Manifesto di Ventotene non si ritrova nelle istituzioni europee. È impregnato di un anticlericalismo che non fa parte dell’originaria ispirazione europea, c’è un certo svilimento dell’idea di nazione comprensibile davanti agli eccessi del fascismo e nazismo, ma non ci può essere Europa senza le nazioni. L’Europa è un confluire di nazioni. Capisco che la sinistra si voglia appropriare della nascita dell’Europa, ma l’Unione non può avere radici nel Manifesto di Ventotene».Come mai la levata di scudi dal Pd?«Nel Pd hanno la coda di paglia, devono far dimenticare che i comunisti erano contrari all’Unione europea. Mettere in discussione Spinelli significa costringerli a fare un esame di coscienza profondo che non vogliono fare, anche se sarebbe opportuno. Si parla di una difesa comune dell’Europa ma questa non ci può essere senza il patriottismo europeo e non ci può essere patriottismo europeo senza il patriottismo francese, italiano e tedesco. Tutto questo alla sinistra pone un problema. La venerazione ostentata verso Ventotene serve per coprire una riflessione culturale che non hanno fatto. La conversione all’europeismo da parte della sinistra è stata opportunistica con scarsi radici culturali. Spinelli serve a dire che c’è stata una radice culturale».Perché una conversione opportunista?«La sinistra aveva capito che non poteva stare fuori il processo di costruzione europeo ma non poteva entrare dicendo viva De Gasperi o viva Adenauer e allora si è inventata Spinelli. Uno che ha molto contribuito a questa conversione è stato Luciano Pellicani, l’intellettuale di Craxi».Non teme che dopo quello che ha detto, incontrandola Prodi possa prenderla per i capelli o Bertinotti lanciarle un libro?«Lo dico con spirito amichevole, siamo seri. Con tutto il rispetto per Spinelli, non c’è niente di male nel non essere De Gasperi, soprattutto perché con il Manifesto di Ventotene ha contribuito ad aiutare la sinistra a convertirsi all’europeismo. Quanto alle intemperanze di alcuni politici, anche di vecchio corso, fanno parte della spettacolarizzazione della politica, diventata dominante». Cosa è rimasto del progetto di Europa partorito da De Gasperi?«Il progetto degasperiano e di Adenauer si esaurisce negli anni Settanta quando si parla di eurosclerosi e l’Europa sembrava arrivata al capolinea. Craxi ha il merito di aver rilanciato l’Europa. Ma l’Europa rinasce con Kohl e dalla predicazione di Giovanni Paolo II. È dal Papa che nasce l’energia morale e da quelli che hanno lottato per la libertà contro il comunismo. Kohl, attingendo a quella energia morale, spinge per una ripresa dell’europeismo che ci porta al trattato di Maastricht, alla unificazione tedesca, all’allargamento a Est, alla moneta unica. Il punto d’arrivo doveva essere la Costituzione europea, invece nella battaglia siamo stati sconfitti».Cosa ostacola questo passaggio?«La Costituzione europea significa costituire un popolo europeo con un un riferimento religioso. Le forze anti europeiste di sinistra non hanno voluto le radici cristiane nella Costituzione e poi non hanno voluto la Costituzione. Volevano un’Europa senza popolo e quindi senza politica, senza radici religiose. Cosa rimane? È rimasta l’Europa della burocrazia che non governa le crisi, perché alla fine serve la decisione politica e questa manca. Lo abbiamo visto con la crisi economico finanziaria del 2008, la crisi del Covid e ora della guerra in Ucraina». Con Trump per la seconda volta alla casa Bianca, l’Europa rischia la marginalità sul piano internazionale?«Il tema non è Trump alla Casa Bianca. Nel mondo si sono create grandi concentrazioni di potere. Pure la tecnologia ha portato alla nascita di colossi di potere, come quello rappresentato da Elon Musk. Se l’Europa continua a litigare al suo interno, cercando di difendere singoli interessi, è destinata a soccombere. Anche per vedere gli interessi di lungo periodo è necessario alzare lo sguardo verso il cielo dei grandi valori, ha detto il Pontefice. L’Europa perde di vista i grandi obiettivi come creare una difesa comune, ma per averla serve un debito comune e perché ciò sia possibile, bisogna avere un governo politico comune».
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Ll’Assemblea nazionale francese (Ansa)