2025-08-23
Maria Rita Gismondo: «Dal Nitag ai danni delle iniezioni, a Schillaci è mancato il coraggio»
Maria Rita Gismondo (Imagoeconomica)
La virologa, consulente di Mister Salute: «Non posso credere che sul comitato abbia ceduto al pressing dei fanatici. Ed è grave che la promessa della commissione sugli effetti avversi sia svanita nel nulla».Maria Rita Gismondo, ex direttrice del laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’ospedale Sacco di Milano, tra i camici bianchi in prima linea nell’emergenza Covid, dall’ottobre dello scorso anno è consulente («a titolo gratuito», precisa) del ministro della Salute, Orazio Schillaci.Professoressa, avrebbe sciolto un comitato appena nominato come ha fatto Schillaci con il Nitag, il gruppo consultivo nazionale sulle vaccinazioni, solo perché due componenti erano poco graditi ad alcuni politici e sanitari?«Assolutamente no. Diciamo che lo stimo troppo per pensare che abbia ceduto al pressing di un gruppo di fanatici. Due elementi su 22 non sarebbero stati determinanti, si è trattato di fanatismo puro e infondato, basato sulla bugia di fondo che i due medici contestati siano no vax. Non ero stata coinvolta in queste nomine e nemmeno consultata, mai ne ho discusso con Schillaci. Sono fortemente convinta che il ministro abbia preso in considerazione altre motivazioni che non conosco».Quali possono essere state?«Non lo so. Ma diciamo che la revoca del comitato mette in luce perlomeno un momento di non attenzione e di debolezza. Il ministro non dà segno di grande forza».Il Patto trasversale per la scienza (Pts), che aveva lanciato una raccolta firme per chiedere l’allontanamento dei medici tacciati come no vax, Paolo Bellavite ed Eugenio Serravalle, è lo stesso che nel marzo 2020 la diffidò «per le gravi affermazioni ed esternazioni pubbliche sul coronavirus, volte a minimizzare la gravità della situazione e non basate su evidenze scientifiche». A volte ritornano…?«Purtroppo esistono ancora. Si arrogano il diritto di giudicare chi fa vera scienza e chi no. Un simile atteggiamento è sufficiente per non riconoscerli come associazione scientifica. Temo moltissimo le persone che pensano di essere la bocca della verità. Una cosa è certa, al di là del mio parere: la scienza vera non li riconosce. La scienza è dubbio, discussione, apertura e soprattutto ascoltare chi non la pensa come noi, per migliorare il nostro pensiero».L’hanno mai ascoltata, nelle sue ripetute richieste di aprire un confronto onesto tra scienziati?«No, nessuno ha colto questo invito. Anzi, c’è stata un’ulteriore critica nei miei confronti. Hanno preferito mettermi al bando come “no vax”, strumentalizzazione degna di denuncia. Sono contraria a utilizzare un farmaco che ci è stato detto per certo essere vaccino, ma che non ha mai fatto prevenzione dell’infezione, tant’è che ci siamo presi il Covid tre o quattro volte. Sono contraria a somministrare un farmaco, qualunque esso sia, senza una solida sperimentazione. Invece l’abbiamo dato anche ai bambini. Sono contraria a dare qualsiasi farmaco a un soggetto che non sta rischiando nulla di grave, né di più grave degli effetti collaterali che può avere. E non do un farmaco nuovo a donne in gravidanza, a bambini durante l’allattamento. Pensare in questi termini non vuol dire essere no vax, significa essere responsabili». Per il professor Silvio Garattini, bisogna insegnare a scuola che sui sieri non è lecito dibattere. La pensa così anche lei?«Da Garattini non me lo aspettavo. Ha una mente così ampia, è così “no farmaco” in maniera quasi talebana, non si fida di medicinali sperimentati che prendono milioni di persone, eppure invita a fidarsi ciecamente di farmaci che non conosciamo? Avrei dato un messaggio diverso».Quale?«A scuola i bambini devono sapere che c’è un mondo farmacologico, ma vanno educati ad abbattere i dogmi. Devono imparare a essere aperti, inclusione non è solo accettare di condividere il banco con un compagno di classe dalla pelle di altro colore. Forse è ancora più importante accettare che persone abbiano idee diverse dalle nostre».Bisogna studiarli per 20 anni i vaccini genici, dichiarò l’Fda. Invece sono state fatte vaccinazioni di massa.«Continuano a dire fraudolentemente che sono stati sperimentati in milioni di persone, ma il problema non è la vastità del campione, è capire che cosa accade nel tempo. Ben vengano i vaccini genici, nelle opportune applicazioni, ma prima di inserire nella nostra cellula una stimolazione di produzione, bisogna capire dove va a finire. E per 150 anni abbiamo usato vaccini non genici, perché ne abbiamo bloccato la sperimentazione?».In epoca Covid chi pensava con la propria testa è stato messo da parte. Non ritiene che la censura continui ad abbattersi?«Purtroppo sì. Era un atteggiamento grave prima, è gravissimo che nulla sia cambiato dopo cinque anni e che ci siano ancora persone che credono che questa sia scienza. Ci ritroviamo con una società strumentalizzata da pochi fanatici, che continuano a essere sui social. Erano, restano pochi eppure hanno trascinato una grande folla. Coloro che hanno preso le distanze da certa pseudo scienza, non hanno voce».L’ha chiesto ieri sulla Verità il professor Mariano Bizzarri: «Come mai, invece di preoccuparsi delle opinioni dei diversi scienziati, il ministro tarda tanto a considerare in tutta la sua gravità il problema degli effetti avversi al vaccino?».«La commissione promessa da Schillaci sembrava cosa fatta, ne farei parte anch’io. Otto mesi fa era sul tavolo del ministro. Poi, il nulla. Mi è stato detto che doveva ponderare bene ogni nome, che era una commissione molto importante anche dal punto di vista politico. Trovo molto grave che ancora non sia stata istituita. Anche politicamente questa indecisione non è un bel messaggio. La gente comune ha riconosciuto nel governo Meloni la voce nuova, coraggiosa in temi come la non vaccinazione obbligatoria, gli effetti collaterali. Sono questioni che interessano le famiglie, non si possono deludere aspettative azzerando una commissione vaccini e non facendo decollare quella sugli eventi avversi».Che cosa si aspetta dalla commissione parlamentare d’inchiesta sull’emergenza?«Che possa rivelare quanto i cittadini ancora non sanno, per questo sarebbe utile pubblicare tutti i verbali. Il libro che sto scrivendo con Claudio Minoliti e che sarà molto più duro del precedente, vuole essere l’urlo di disperazione del post pandemico, soprattutto per le responsabilità che non sono state riconosciute. Stiamo correggendo le bozze, fatico a trovare editori. Nel frattempo, il ministero della Salute deve mostrare di saper prendere iniziative in altra direzione rispetto a quanto accaduto in epoca Covid. Schillaci ha le capacità, deve trovare il coraggio per muoversi».
«Roast in peace» (Amazon Prime Video)
Dal 9 ottobre Michela Giraud porta in scena un esperimento di satira collettiva: un gioco di parole, sarcasmo e leggerezza che rinnova la tradizione del roast con uno stile tutto italiano.