2019-05-15
Intanto gli anziani in difficoltà devono arrangiarsi nelle nuove comuni
Canoni da 3.000 euro e liste d'attesa lunghe mesi. I posti letto pubblici per over 65 non bastano. E le famiglie si organizzano.Il loro numero è insufficiente e spesso non brillano sul fronte dell'efficienza. Tantomeno su quello dei costi, si arriva anche a spendere 3.000 euro al mese. Per non parlare delle liste d'attesa, che possono superare i quattro mesi. Sono le residenze per gli anziani e non rappresentano certo il fiore all'occhiello di un Paese che, complici il crollo demografico e l'allungarsi della vita, invecchia sempre di più. Basti pensare che in una Regione come il Veneto, sotto questo aspetto la migliore in Italia, le Rsa accreditate dal sistema sanitario sono 407, per un totale di 4.659 posti letto. Decisamente pochi rispetto alla popolazione over 65 stimata in oltre un milione di persone. Il dato, rilevato in un'inchiesta pubblicata su La Verità, mette in risalto come queste strutture rappresentino forse l'anello più debole del welfare nazionale. E la situazione precipita se dal Veneto ci si sposta verso Sud, per esempio, nel Lazio. Qui i centri sono solo 118, mentre i senior potenzialmente da assistere circa 1.234.000. E, anche nel caso riescano a trovare posto, devono sostenere costi non alla portata di tutte le tasche: 60 euro al giorno come minimo. Se poi ci si rivolge alle strutture private, dove è più facile reperire subito una sistemazione, la retta quotidiana s'impenna fino a 100 euro.Ecco perché le famiglie si stanno organizzando in modo diverso. Infatti negli ultimi anni anche in Italia è cresciuto il fenomeno delle cosiddette comuni per gli anziani. Si tratta di case private nelle quali gli over 65 con buoni livelli di autosufficienza vanno a convivere con altri coetanei. Ma sono anche esperimenti di cohousing sociale, sulla scia di quanto già da tempo avviene in Svezia o Danimarca. L'obiettivo è quello di tenere i costi sotto controllo, ma anche di evitare che le persone più fragili si sentano sole e cadano in depressione. Esiste però anche un altro motivo che spinge verso questa soluzione: vivendo insieme gli anziani si controllano a vicenda e scongiurano così possibili incidenti e derive violente, come quelle troppo spesso scoperte all'interno di case di riposo trasformate in lager. Naturalmente i vantaggi sono moltissimi dal punto di vista economico, perché vivere in una stessa abitazione o entrare in un progetto di cohousing sociale ad hoc significa abbattere le spese quotidiane, ma anche quelle relative all'assunzione di una o più badanti. Voce per la quale una famiglia italiana spende mediamente 1.500 euro al mese. In media un anziano deve versare per stare in una comune 500 euro al mese, meno di un terzo che in una Rsa. Nel nostro Paese questo fenomeno è ancora in una fase iniziale, ma i primi casi registrano un buon successo. Le formule più diffuse prevedono la creazione di strutture nelle quali gli individui della terza età hanno a disposizione sia spazi privati sia aree comuni da condividere con i coinquilini. In modo da creare un mix fra autonomia e socialità. Attualmente in Italia sono presenti circa 40 esempi di cohousing, il 20% degli abitanti è composto proprio da cittadini over 65, il 40% dei quali è single o vedovo. Alcune strutture sono nate con il preciso obiettivo di ospitare i più anziani. Un esempio è il cohousing Del Moro, inaugurato recentemente nel centro di Lucca. Il progetto è dedicato agli over 65 autosufficienti «rimasti soli, che godono ancora di buona salute, disposti a coabitare in ambienti parzialmente condivisi», come spiegano i responsabili. La residenza è aperta sia ai single sia alle coppie ed è composta da 13 ambienti fra stanze doppie, tutte dotate di bagno privato, e una zona comune destinata ai pasti e alla socializzazione. Tutto ciò in cambio di un affitto mensile molto più basso rispetto a quello richiesto dalle case di riposo, ma anche rispetto all'esborso necessario per assumere una badante. Inoltre sono compresi i servizi di accompagnamento alle attività comuni come cinema, teatro e cene fuori. Naturalmente sono garantiti anche i servizi sanitari di prima assistenza. A Bologna si trova, invece, il Villaggio della speranza. Una serie di appartamenti autonomi che ospitano in totale 126 famiglie, delle quali molte composte da anziani. La struttura è gestita dalla Caritas e organizzata in modo che ognuno contribuisca al benessere di questa piccola società. Nella quale nessuno rimane mai completamente solo, pur godendo di privacy e autonomia. Realtà di questo tipo sono decisamente più frequenti all'estero. Per esempio in Olanda, dove sono già state inaugurati più di 400 centri dedicati alla coabitazione senior. Oppure in Danimarca, dove le esperienze di questo tipo avviate sono più di 150. Molti passi avanti sono stati fatti anche in Svezia e Gran Bretagna, grazie anche al conforto della scienza. Una recente ricerca ha infatti dimostrato che gli anziani che vivono in compagnia restano autonomi più a lungo e, nel 75% dei casi, riescono a mantenere una vita sociale attiva. Una prospettiva importante in un Paese come il nostro, nel quale - secondo gli ultimi dati Istat - il ritmo di crescita della popolazione over 65 è tre volte superiore rispetto a quello delle altre fasce di età. Ma che, nonostante il costante invecchiamento, fa troppo poco per permettere a tutti di vivere in strutture su misura e alla portata della maggior parte dei cittadini.
Jose Mourinho (Getty Images)