2024-04-22
L'Occidente sta perdendo di vista il Sahel
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Una manifestazione contro la presenza militare americana in Niger (Ansa)
Continua a diminuire l’influenza geopolitica occidentale sul Sahel: un problema significativo, mentre si rafforza la longa manus di Mosca sulla regione. Venerdì, è stato reso noto che il Dipartimento di Stato americano ha accettato di ritirare i mille soldati statunitensi attualmente presenti in Niger. In particolare, la decisione sarebbe avvenuta dopo un incontro tra il vicesegretario di Stato americano, Kurt Campbell, e il primo ministro nigerino Ali Mahaman Lamine Zeine. Ricordiamo, tra l’altro, che, in loco gli Stati Uniti dispongono di una base militare dal valore di cento milioni di dollari. D’altronde, il mese scorso, Niamey aveva annunciato la sospensione della cooperazione militare con Washington. La svolta non era quindi del tutto inattesa. Non solo. La settimana scorsa, il Burkina Faso ha espulso tre diplomatici francesi, tacciati di «attività sovversive». Una mossa che ha innescato le critiche di Parigi, che ha definito le accuse «infondate». «Non c'erano motivi legittimi per la decisione delle autorità del Burkina. Possiamo solo deplorarla», ha affermato il portavoce del Ministero degli Affari esteri francese, Christophe Lemoine. «Il primo dicembre dello scorso anno, le autorità del Burkina hanno arrestato quattro funzionari francesi con passaporto diplomatico nella capitale Ouagadougou e li hanno accusati di spionaggio», ha inoltre riferito Al Jazeera, citando il quotidiano francese Le Monde. Insomma, il Sahel si sta allontanando sempre di più dall’Occidente. Era settembre scorso, quando Niger, Burkina e Mali hanno siglato un patto di sicurezza che prevede l’assistenza militare reciproca: un patto, di fatto apprezzato da Mosca, che ha rappresentato un vero e proprio schiaffo all’Ecowas e alla Francia. Tutto questo, mentre i tre Paesi continuano a rinsaldare i loro legami con la Russia e, in alcuni casi, anche con l’Iran (che del Cremlino è uno dei principali alleati mediorientali). Sotto questo aspetto, l’elemento forse più preoccupante risiede nell’influenza russa sulla parte orientale della Libia, dove continua a detenere un significativo potere il generale Khalifa Haftar, che è notoriamente spalleggiato dal Cremlino e che, secondo la Cnn, avrebbe in passato messo a disposizione le proprie basi per fornire armamenti ai paramilitari delle Rsf in Sudan. Quegli stessi paramilitari che intrattengono vari legami con Mosca. Un dato confortante risiede comunque nel fatto che, al recente summit del G7 di Capri, il titolare della Farnesina, Antonio Tajani, e il segretario di Stato americano, Tony Blinken, hanno parlato anche di Africa e, in particolare, di Sahel. D’altronde, si tratta di un dossier cruciale per la sicurezza del fianco meridionale della Nato. Non foss’altro perché Mosca potrebbe decidere di strumentalizzare i flussi migratori presenti nella regione, per metterlo sotto pressione. Un obiettivo che i russi potrebbero perseguire sia per rafforzarsi indirettamente in Ucraina sia per spalleggiare Teheran nel pieno della crisi mediorientale in corso.