2025-05-11
Donald paciere tra India e Pakistan. Islamabad però fa vacillare la tregua
Soldati di pattuglia nel Kashmir indiano (Getty Images)
Trovato l’accordo per un cessate il fuoco immediato con la mediazione della Casa Bianca: «Hanno mostrato buon senso». Tuttavia, Nuova Delhi ha denunciato nuovi attacchi a Srinagar, nel Kashmir, poco dopo l’intesa.«Sono lieto di annunciare che India e Pakistan hanno raggiunto un accordo per un pieno e immediato cessate il fuoco». Così il presidente americano Donald Trump ha comunicato ieri pomeriggio su X la tregua tra le due potenze nucleari in una giornata in cui la tensione è stata ai massimi livelli. Ma il Pakistan avrebbe già violato l’accordo ieri sera. In diversi punti lungo la Linea di controllo e nel Jammu e Kashmir si sono sentite forti esplosioni, nonostante il cessate il fuoco. Il ministro degli Esteri indiano, Vikram Misri, in un breve briefing, ieri sera ha dichiarato: «Nelle ultime ore si sono verificate ripetute violazioni dell'intesa. Le forze armate indiane stanno dando una risposta adeguata». Il rischio quindi che cambino di nuovo le carte in tavola è concreto.Prima della violazione, Trump ha comunicato che la tregua è arrivata «dopo una lunga notte di colloqui mediati dagli Stati Uniti», congratulandosi con i due Paesi per «il loro buon senso» e per «la grande intelligenza». Anche il segretario di Stato americano, Marco Rubio, impegnato direttamente nell’attività di mediazione insieme al vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, ha espresso apprezzamenti verso i primi ministri dell’India e del Pakistan per «la saggezza, la prudenza e l’abilità politica nello scegliere la via della pace». Andando più nel dettaglio, Rubio ha raccontato di aver passato, insieme a Vance, le ultime 48 ore precedenti al cessate il fuoco a comunicare con il premier indiano Narendra Modi e l’omologo pakistano Shehbaz Sharif. Il segretario di Stato americano ha anche dichiarato che Nuova Delhi e Islamabad «inizieranno i colloqui su diverse questioni in un’area neutrale». Poco dopo l’annuncio, la conferma della tregua è arrivata direttamente dai protagonisti degli scontri militari. Il segretario degli Affari esteri indiano Vikram Misri ha reso noto che a partire dalle 17 di ieri, ora locale, le due potenze avrebbero interrotto «tutti gli spari e le azioni militari in terra, cielo e mare». Sul fronte opposto, il vice primo ministro pakistano, Ishaq Dar, nel ribadire la pausa delle ostilità, ha specificato che non si tratta di «un’intesa parziale», ma «di un vero e proprio cessate il fuoco». Chi ha espresso pubblicamente gratitudine verso gli Stati Uniti è stato il premier pakistano Sharif, che su X ha scritto: «Ringraziamo Trump per la sua leadership e il suo ruolo proattivo per la pace nella regione». Ieri, prima dell’annuncio del tycoon, si è temuto di essere vicini a un punto di non ritorno. Nella notte di venerdì e all’alba di sabato si sono verificati nuovi attacchi portati avanti da entrambe le parti. I soldati pakistani hanno colpito diverse «installazioni militari indiane» in risposta ai bombardamenti di Nuova Delhi contro tre basi pakistane. Il Pakistan ha infatti incolpato l’India di aver lanciato missili contro le basi aeree situate a Chakwal, Shorkot e Rawalpindi. Quest’ultima città si trova a soli 10 km dalla capitale pakistana. La risposta di Islamabad, denominata operazione Bunyanun Marsoos, ovvero «muro indistruttibile», è stata annunciata dalla stessa televisione di Stato del Paese islamico. Nell’azione militare, sono stati presi di mira l’aeroporto militare di Pathankot, nel Punjab e la base aerea di Udhampur, situata nel Kashmir indiano. Ma le esplosioni sono state avvertite anche a Srinagar e a Jammu, sempre nel Kashmir amministrato dall’India. Il primo ministro pakistano Sharif è intervenuto poco dopo, commentando: «Abbiamo dato all’India una risposta adeguata e vendicato le morti innocenti». Islamabad, infatti, ha comunicato ieri che negli ultimi bombardamenti indiani sono stati uccisi undici civili pakistani lungo la linea di confine, tra cui un bambino e quattro donne. D’altro canto, Nuova Delhi ha puntato il dito contro Islamabad per aver lanciato il massiccio attacco lungo il confine occidentale, mettendo in pericolo la vita dei civili. Il Pakistan ha negato, ma a smentirlo sono stati gli abitanti della città indiana di Jammu. Oltre agli attacchi di sabato mattina, altri due momenti ieri hanno fatto temere il peggio. L’India si sarebbe accorta del movimento delle truppe pakistane vicino al confine. Ma è stata condivisa anche la notizia, poi smentita, della convocazione, da parte del premier pakistano Sharif, della riunione dell’organismo di controllo delle armi atomiche. Nonostante sia India che Pakistan ieri si siano dette, prima della tregua, pronte alla de-escalation, passandosi però a vicenda la palla su chi dovesse iniziare per prima a interrompere gli attacchi, le dichiarazioni del ministro della Difesa pakistano Khawaja Muhammad Asif sono state fonti di preoccupazione. «Se la guerra dovesse intensificarsi, siamo pronti» ha detto, puntualizzando che «un conflitto tra Stati dotati di armi nucleari» dovrebbe allarmare «il mondo intero». Già Rubio, prima dell’annuncio del cessate il fuoco, aveva esortato i Paesi «a ristabilire una comunicazione diretta per evitare qualsiasi errore di calcolo».
Un modello Keqiao SS 2026 durante la Milano Fashion Week. Nel riquadro, Ruan Chuping
Brunello Cucinelli (Imagoeconomica)
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