2019-04-20
Indagini, inciuci, reddito e immigrati. M5s e Lega si tirano sberle su tutto
Luigi Di Maio e Matteo Salvini usano l'inchiesta su Siri per suonarsele. Il ministro del Lavoro: «Parlano di crisi e tramano con il Cav, pensino ai rimpatri». Il lumbard: «Noi vogliamo governare, loro badino a chi vanno i soldi».Non è dato sapere se la guerra tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio sia una geniale tattica propagandistica partorita dai rispettivi esperti di comunicazione, con lo scopo di coprire tutto il campo politico e quindi elettorale, recitando i ruoli di maggioranza e opposizione per togliere ossigeno alle minoranze parlamentari. Quello che si sa, però, è che queste continue polemiche, al limite del reciproco insulto, se possono fruttare qualche voto in più a breve termine (le elezioni europee incombono) finiscono per disorientare chi dal governo si aspetta concretezza e operatività. In quest'ottica, la giornata di ieri sarebbe da archiviare in tutta fretta nel fascicolo «polemiche inutili e dannose». I due vicepremier hanno dato vita a un continuo botta e risposta. Il motivo (o il pretesto?) dello scambio di accuse sono da un lato la vicenda giudiziaria che vede indagato il sottosegretario leghista ai Trasporti, Armando Siri, accusato di corruzione, del quale il M5s chiede le dimissioni; dall'altro l'attacco di Salvini nei confronti del sindaco di Roma, Virginia Raggi, di nuovo sulla graticola dopo la diffusione di alcune registrazioni, che secondo il leader della Lega dovrebbe a sua volta dimettersi. Va sottolineato che tra i due il più nervoso sembra Di Maio, e c'è da capirlo: dal momento della formazione del governo il M5s ha perso tutte le elezioni, amministrative e regionali, e i sondaggi profetizzano un flop alle europee, con il sorpasso della Lega. Ieri, dicevamo, si sono registrati molteplici attacchi incrociati. In realtà, Matteo Salvini inizia la giornata con un post mattutino sui social network all'insegna del buonumore: pubblica una sua foto sorridente con uno spritz, con una didascalia tutta da interpretare: «Alla vostra salute amici, e un bacione a chi ci vuole male», scrive il leader della Lega, aggiungendo l'emoticon dell'occhiolino. Passa un'oretta e, sempre via social, Di Maio esterna con un post lunghissimo, dai toni estremamente duri verso la Lega. «Anche oggi», esordisce Di Maio, «la Lega minaccia di far cadere il governo. Lo aveva già fatto con la Tav. Sembra ci siano persino contatti in corso con Berlusconi per fare un altro esecutivo». «L'Italia non è un trofeo», aggiunge il capo politico del M5s, «e trovo gravissimo che la Lega con così tanta superficialità ogni volta che gli gira minacci di far cadere il governo. Ma poi per cosa? Per non mettere in panchina un loro sottosegretario indagato per corruzione (che potrà poi rientrare nel governo laddove, mi auguro, si risolvesse positivamente la questione) sono pronti a far saltare tutto e a tornare con Berlusconi? Questo è il valore che danno all'Italia?». Il passaggio più spigoloso, però, è quello con il quale Di Maio si appunta la medaglietta dell'onestà facendo intendere che solo grazie al M5s il leghista Siri non avrebbe portato a buon fine le condotte illecite di cui è accusato, finendo in questo modo per avvalorare la tesi accusatoria: «È stato proprio il M5s», sottolinea Di Maio, «a bloccare i tentativi del sottosegretario leghista Siri di introdurre alcune misure diciamo un po' controverse. E anche i giornali oggi ne danno conto. Noi ce le ricordiamo: quando arrivarono sui nostri tavoli ci sembrarono strane e le bloccammo. Senza di noi chissà cosa sarebbe accaduto. Abbiamo sempre agito rispettando un punto, un principio: la legalità! Siamo sempre stati coerenti», prosegue Di Maio. A rincarare la dose di attacchi ci pensano «fonti del M5s» che all'Adnkronos riferiscono: «I veri problemi sono ad esempio i quasi 600.000 irregolari in Italia. Ricordiamo che Salvini disse che li avrebbe rimpatriati in un mese, ma dai numeri sembra persino che Minniti abbia fatto meglio di lui. Ci auguriamo un cambio di passo». Passa un'altra oretta, e Salvini affida ai social network la contro-contro-contro replica, prima di rilassarsi con una passeggiatina romantica in centro a Milano insieme alla fidanzata Francesca Verdini: «Macché crisi di governo! La Lega», scrive Salvini, «vuole solo governare bene e a lungo nell'interesse degli Italiani, come abbiamo fatto in questi mesi, senza nostalgia del passato e senza perdere tempo a litigare. Tagliare tasse e burocrazia, rilanciare lavoro e imprese, aiutare le famiglie, continuare a difendere i confini, attuare l'Autonomia e riformare la Giustizia: queste sono la priorità. Con tutti gli avversari potenti che ha questo governo», aggiunge Salvini, «non capisco perché anche oggi l'amico Di Maio parli di crisi di governo: Luigi e gli amici grillini farebbero bene a non parlare più di porti aperti per gli immigrati, e a controllare che il reddito di cittadinanza non finisca a furbetti, delinquenti ed ex terroristi. Non vorrei che nel M5s», prosegue il ministro dell'Interno, «qualcuno avesse voglia di far saltare tutto e magari andare a governare con la sinistra...». «Un governo con Berlusconi e la Meloni», ribadisce Salvini, «non è all'ordine del giorno e non ci sto pensando. E spero che nel M5s non ci sia una corrente di sinistra che pensa a un governo con il Pd».Infine, l'ultima bordata di Salvini, che mette in discussione il cosiddetto decreto Salva Roma, una ciambella di salvataggio lanciata dal governo alla Capitale, il cui bilancio è gravato da qualcosa come 12 miliardi di euro di debiti: «Stiamo lavorando», dice il vicepremier leghista, «a un decreto crescita e non credo ci debbano essere comuni di seria A e di serie B. Mi spaventa un sindaco che dice di non avere il controllo della città».
Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa (Ansa)
Protagonista di questo numero è l’atteso Salone della Giustizia di Roma, presieduto da Francesco Arcieri, ideatore e promotore di un evento che, negli anni, si è imposto come crocevia del mondo giuridico, istituzionale e accademico.
Arcieri rinnova la missione del Salone: unire magistratura, avvocatura, politica, università e cittadini in un confronto trasparente e costruttivo, capace di far uscire la giustizia dal linguaggio tecnico per restituirla alla società. L’edizione di quest’anno affronta i temi cruciali del nostro tempo — diritti, sicurezza, innovazione, etica pubblica — ma su tutti domina la grande sfida: la riforma della giustizia.
Sul piano istituzionale spicca la voce di Alberto Balboni, presidente della Commissione Affari Costituzionali del Senato, che individua nella riforma Nordio una battaglia di civiltà. Separare le carriere di giudici e pubblici ministeri, riformare il Consiglio superiore della magistratura, rafforzare la terzietà del giudice: per Balboni sono passaggi essenziali per restituire equilibrio, fiducia e autorevolezza all’intero sistema giudiziario.
Accanto a lui l’intervento di Cesare Parodi dell’Associazione nazionale magistrati, che esprime con chiarezza la posizione contraria dell’Anm: la riforma, sostiene Parodi, rischia di indebolire la coesione interna della magistratura e di alterare l’equilibrio tra accusa e difesa. Un dialogo serrato ma costruttivo, che la testata propone come simbolo di pluralismo e maturità democratica. La prima pagina di Giustizia è dedicata inoltre alla lotta contro la violenza di genere, con l’autorevole contributo dell’avvocato Giulia Buongiorno, figura di riferimento nazionale nella difesa delle donne e nella promozione di politiche concrete contro ogni forma di abuso. Buongiorno denuncia l’urgenza di una risposta integrata — legislativa, educativa e culturale — capace di affrontare il fenomeno non solo come emergenza sociale ma come questione di civiltà. Segue la sezione Prìncipi del Foro, dedicata a riconosciuti maestri del diritto: Pietro Ichino, Franco Toffoletto, Salvatore Trifirò, Ugo Ruffolo e Nicola Mazzacuva affrontano i nodi centrali della giustizia del lavoro, dell’impresa e della professione forense. Ichino analizza il rapporto tra flessibilità e tutela; Toffoletto riflette sul nuovo equilibrio tra lavoro e nuove tecnologie; Trifirò richiama la responsabilità morale del giurista; Ruffolo e Mazzacuva parlano rispettivamente di deontologia nell’era digitale e dell’emergenza carceri. Ampio spazio, infine, ai processi mediatici, un terreno molto delicato e controverso della giustizia contemporanea. L’avvocato Nicodemo Gentile apre con una riflessione sui femminicidi invisibili, storie di dolore taciuto che svelano il volto sommerso della cronaca. Liborio Cataliotti, protagonista della difesa di Wanna Marchi e Stefania Nobile, racconta invece l’esperienza diretta di un processo trasformato in spettacolo mediatico. Chiudono la sezione l’avvocato Barbara Iannuccelli, parte civile nel processo per l’omicidio di Saman, che riflette sulla difficoltà di tutelare la dignità della vittima quando il clamore dei media rischia di sovrastare la verità e Cristina Rossello che pone l’attenzione sulla privacy di chi viene assistito.
Voci da angolature diverse, un unico tema: il fragile equilibrio tra giustizia e comunicazione. Ma i contributi di questo numero non si esauriscono qui. Giustizia ospita analisi, interviste, riflessioni e testimonianze che spaziano dal diritto penale all’etica pubblica, dalla cyber sicurezza alla devianza e criminalità giovanile. Ogni pagina di Giustizia aggiunge una tessera a un mosaico complessivo e vivo, dove il sapere incontra l’esperienza e la passione civile si traduce in parola scritta.
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Terry Rozier (Getty Images)
L’operazione Royal Flush dell’Fbi coinvolge due nomi eccellenti: la guardia dei Miami Heat Terry Rozier e il coach dei Portland Trail Blazers Chauncey Billups, accusati di frode e riciclaggio in un vasto giro di scommesse truccate e poker illegale gestito dalle storiche famiglie mafiose.