2025-07-29
L’incetta di armi Usa silura la Difesa comune
Il cannone del veicolo corazzato per fanteria tedesco Puma prodotto dalla Rheinmetall (Ansa)
L’intesa Bruxelles-Washington è la Caporetto per il «sogno» di un’Europa con l’elmetto cullato da Macron e Germania. Sull’altra sponda dell’Atlantico non lasciano mano libera al Vecchio continente in campo bellico: le redini restano in mano alla Casa Bianca.Compreremo i fucili mitragliatori M4 dal signor Colt, i missili da Lockheed Martin. E non potremo neppure consolarci con il coltellino Victorinox per il kit di sopravvivenza nucleare inventato dalla commissaria Hadja Lahbib perché, essendo svizzero, è fuori dalla Ue. La guerra commerciale delle armi è finita dopo 24 ore, ha vinto Donald Trump e ha perso Ursula von der Leyen. Non c’era alcun dubbio. Bruxelles esce con le ossa rotte dal braccio di ferro e con la promessa di investimenti militari per 600 miliardi prefigurati con ambiguità comunicativa. Per la Casa Bianca sono denari destinati dall’Unione per fare shopping negli Usa, per la presidente della Commissione sono «fondi di associazioni imprenditoriali, intenzioni di investimento di aziende private, non certo qualcosa che l’Ue può garantire».Si tratterebbe di qualcosa di ben diverso dall’impegno del Giappone (550 miliardi agli Stati Uniti per armarsi), ma comunque è un pasticcio dai contorni sfumati, il solito agreement spiegato con ambiguità assortite. Mentre Trump annunciava l’accordo, la baronessa anseatica annuiva gravemente. Solo un abbaglio? Dalla nebbia diplomatica spunta, però, un dato di fatto granitico anzi d’acciaio temperato: la Difesa comune europea è morta nella culla. Era il sogno napoleonico di Emmanuel Macron, il punto d’incontro fra Ppe e socialisti al Parlamento europeo, la strada per far uscire la Germania dalla crisi dell’automotive riconvertendo alcune catene industriali da civili a militari (da qui la vignetta del tank Volkswagen).Dopo la notte dei dazi, la Difesa europea è un vuoto a perdere. È la conferma plastica che gli americani - al di là delle moine trumpiane di isolazionismo a beneficio dei redneck del Midwest - non hanno alcuna intenzione di lasciare mano libera agli alleati continentali in campo bellico. Men che meno ai tedeschi, pronti a spendere 650 miliardi entro il 2029. Alla Difesa basta la Nato guidata dal Pentagono, esattamente come da 80 anni a questa parte. La mossa del cavallo riafferma la filosofia dell’establishment di Washington che ha convinto il presidente a tenere le redini strette sugli armamenti. Dica pure ciò che vuole The Donald agli elettori, ma lo Zio Sam dall’Europa non se ne andrà mai con gli elicotteri in fuga come da Saigon o da Kabul. Gli imperi si somigliano tutti: «Hic manebimus optime».Se davvero il maxi-investimento contenuto negli accordi sui dazi non è solo propaganda, quelle armi dovremo comprarle dagli Stati Uniti, affossando non tanto il riarmo dei singoli Paesi, ma un esercito continentale con la testa a Bruxelles (o a Parigi) e gli scarponi in Polonia o in Ucraina. «Non sappiamo quale sarà la cifra esatta», ha commentato Trump dopo il fixing al 15%, «ma noi produciamo i migliori equipaggiamenti militari al mondo». E non si riferiva alle tute mimetiche da mercatino rionale. Già due settimane fa la Casa Bianca aveva preannunciato la strategia dirigista quando aveva sottolineato l’intenzione di inviare armi a Kiev facendole pagare «al 100% dalla Nato», quindi anche dagli europei.La sconfitta epocale di Von der Leyen è dimostrata dall’immediato calo in Borsa dei titoli del settore, da mesi in rialzo sulla spinta del piano «ReArm Eu» (i famosi 800 miliardi) fortemente voluto dalla Commissione europea e presentato in pompa magna a marzo per rafforzare le capacità militari del continente. L’obiettivo era quello di accelerare l’autonomia strategica europea con investimenti in tecnologie, produzione e cooperazione fra Stati membri. Ora si avverte uno stridore di freni: a Milano, Leonardo ha perso 1,68%; a Francoforte, Rheinmetall ha lasciato 1,64%; a Parigi, Thales è scesa del 3,21% (peggior performance del settore) e a Stoccolma Saab soffre il -2,7%. Tutto ciò rappresenta una goccia nel mare rispetto agli aumenti recenti (Leonardo +80%, Rheinmetall +177%, Thales +68%) ma il significato immediato è chiarissimo: gli investitori hanno capito al volo cosa si cela dietro i comunicati ufficiali.L’idea di Difesa comune europea resta qualcosa di vago, perfino di impresentabile. Innanzitutto perché non esiste una politica estera europea, poi perché alcuni Stati membri (Germania, Polonia) preferiscono armarsi fino ai denti, ma da soli. Infine, perché l’alleato americano con solide basi militari sul Vecchio continente non ha alcuna intenzione di lasciar fare come se si trattasse di un Risiko da serata conviviale. Letta oggi, la frase scandita tempo fa della presidente della Commissione, «Il riarmo difensivo è per frenare la Russia, la Cina, ma anche gli Stati Uniti», ha il valore di una barzelletta.L’ultimo atto di sudditanza delle élites europee conferma l’evanescenza del progetto Difesa comune, l’incapacità di recuperare il gap in poco tempo (tutte le comunicazioni passano dai Big tech intoccabili, i satelliti sono nelle mani di Elon Musk) e la dipendenza oggettiva da Washington. La partita dei dazi ci dice che, dopo aver giocato alla guerra per sei mesi, Von der Leyen si è sparata in un piede. Con una pistola americana.
Ansa
A San Siro gli azzurri chiudono in vantaggio i primi 45 minuti con Pio Esposito, ma crollano nella ripresa sotto i colpi di Haaland (doppietta), Nusa e Strand Larsen. Finisce 1-4: il peggior - e più preoccupante - biglietto da visita in vista dei playoff di marzo. Gattuso: «Chiedo scusa ai tifosi». Giovedì il sorteggio a Zurigo.
Giuseppe Caschetto (Ansa)