2018-08-23
In un giorno Mediobanca raddoppia il conto per la revoca ad Autostrade
Martedì l'istituto stimava tra 8,5 e 11 miliardi i soldi che lo Stato avrebbe dovuto pagare se si fosse ripreso la A10. Poche ore dopo la cifra è corretta a 22,5 miliardi: una benedizione per i Benetton, azionisti di Piazzetta Cuccia.Se lo spirito di Enrico Cuccia ha osservato la scena dal Cielo, due giorni fa, sicuramente l'ha fatto con sguardo cupo. E ancora non crede ai suoi occhi. Ai suoi tempi, di certo non sarebbe mai potuto accadere che l'infallibile centro studi di Mediobanca smentisse sé stesso nel giro di poche ore, proponendo due analisi tecnico-finanziarie contraddittorie, e divergenti per una decina di miliardi di valore (miliardi di euro, per di più). Eppure, due giorni fa, esattamente questo è accaduto. La cifra al centro dell'analisi dei misteri è quella che dovrebbe versare lo Stato se, alla fine, il governo dovesse davvero decidere di revocare la concessione ad Autostrade per l'Italia, pagando penali e risarcimenti. L'ipotesi di una rottura del contratto è all'ordine del giorno dal 15 agosto: a ventilarla sono stati prima Giuseppe Conte, il presidente del Consiglio, e poi i ministri grillini Luigi Di Maio e Danilo Toninelli. La revoca, nei loro piani, sarebbe la «sanzione» per il crollo del ponte Morandi di Genova, crollato il giorno prima con un tragico carico di 43 morti. Sulla questione, però, da giorni combattono e dibattono eserciti di tecnici e di giuristi. Anche perché i contratti e gli allegati della concessione, in parte coperti da omissis, contengono clausole ambigue, che potrebbero attribuire alla società dei Benetton il diritto a ottenere dallo Stato un «importo corrispondete al valore netto attuale dei ricavi della gestione, a partire dalla data del provvedimento di decadenza fino alla scadenza della concessione», cioè nel 2042. Insomma, è in atto una vera querelle giuridico-finanziaria, e ballano miliardi. Che cosa c'entra Mediobanca, in tutto questo? C'entra, c'entra. Ed è una storia che merita d'essere raccontata, anche perché ieri nessun giornale ne ha fatto il minimo cenno, tranne il Corriere della Sera: ma soltanto con poche righe, seminascoste in un articolo. Tutto comincia nella prima mattinata di martedì scorso. Proprio mentre si riaccende la polemica sull'ipotesi di revocare la concessione ad Autostrade per l'Italia, Mediobanca securities, la sezione dell'istituto che si occupa di ricerche e analisi di mercato, diffonde la sua «Italian wake-up call», la tradizionale analisi di giornata: un memorandum finanziario in inglese, da anni indirizzato a una vasta comunità di gestori, investitori e operatori di mercato, ma che finisce anche sui computer di politici, giornalisti… Una volta al dì, con quella nota, Mediobanca securities analizza un certo titolo o un tema finanziario di stringente attualità, ne valuta le prospettive, e alla fine esprime una valutazione così autorevole da condizionare il giudizio degli operatori di Borsa e dei mercati. Grazie all'autorevolezza della sua fonte, insomma, la «telefonata del mattino» di Mediobanca fa opinione: e non soltanto in Italia, ma sui principali mercati finanziari.Ebbene, la mattina di martedì 21 agosto il cuore della «morning note» di Mediobanca securities è occupato proprio da Atlantia, la società attraverso cui i Benetton controllano Autostrade per l'Italia (incidentalmente, la famiglia è azionista anche di Mediobanca, al 2,1%). Il report analizza gli effetti potenziali delle ritorsioni politiche sull'andamento del titolo in Borsa. In un capitolo intitolato «Il crollo del ponte Morandi accresce i profili di rischio», Mediobanca ricorda che l'azione Atlantia è scivolata dai 24,88 euro del 13 agosto, prima del disastro, a una media sui 18,50 euro nella settimana successiva. La capitalizzazione della società, cioè il suo valore di mercato, è scesa da 20,5 a meno di 16 miliardi. Uno dei temi centrali per la corretta stima del titolo, è evidente, attiene al rischio che il governo revochi davvero la concessione ad Autostrade per l'Italia, che gestisce 3.000 chilometri della rete italiana incassandone poderosi utili. E la compensazione economica della rescissione del contratto è un punto fondamentale della questione. Il tema è controverso. Nei giorni successivi al crollo, infatti, tecnici e politici hanno azzardato cifre oscillanti tra i 15 e i 20 miliardi, ma fonti governative hanno drasticamente sminuito l'importo, sostenendo non esista alcuna certezza di un diritto legale da parte dei Benetton. A pagina 3 del rapporto di martedì mattina, anche Mediobanca securities ipotizza una cifra: ma il dato è sorprendentemente basso, nonché particolarmente negativo per Atlantia. «Noi calcoliamo 10,8 miliardi di euro», si legge nel report, «e il mercato sta ipotizzando valori ancora inferiori, tra 8 e 8,5 miliardi, perché ritiene che Atlantia sarà gravata da ulteriori compensazioni da pagare».A quel punto, trascorrono alcune ore. Poi, dopo le 19, accade un fatto più unico che raro: Mediobanca dirama una «integrazione con precisazione» del suo report mattutino. A farla breve: una rettifica. In poche righe, la cifra dell'indennizzo viene elevata in un sol colpo a 22,2 miliardi. E come giustificano quell'incremento di 11,4 miliardi, gli analisti di Mediobanca? Si limitano a citare le diverse valutazioni di Bloomberg, forse il loro peggiore concorrente. È solo da immaginarsi il loro imbarazzo. Mentre Cuccia di certo è ancora lì, sulla nuvoletta, che non sa darsi pace.
Rod Dreher (Getty Images)