
La Regione guidata dal bersaniano Enrico Rossi con l'appoggio di Pd e 5 stelle spinge per un disegno di legge. Obiettivo: riprendersi gli agri marmiferi gestiti da aziende da oltre 270 anni. Il presidente degli industriali: «Un atto anticostituzionale».Un assaggio di Venezuela in salsa toscana. Se a Caracas, dai tempi di Hugo Chávez e ora con Nicolás Maduro, il socialismo realizzato imponeva (e continua a imporre) nazionalizzazioni ed espropri, lotta statale contro capitalismo e proprietà privata, la sensazione è che qualcuno in Toscana voglia prendere esempio da quel modello. Di che si tratta? Di una surreale proposta di legge approvata dal Consiglio regionale della Toscana e ora trasmessa alla Camera dei deputati, che riguarda le cave del marmo bianco di Carrara, e per l'esattezza i «beni estimati», che da circa 270 anni sono a tutti gli effetti proprietà privata. Nelle zone marmifere delle Apuane, infatti, esistono sia parti di proprietà pubblica (e date in concessione a privati) sia parti assolutamente private (circa un terzo di quelle aree). A onor del vero, il carattere privato di queste ultime aree, confermato negli ultimi anni da un'amplissima giurisprudenza ordinaria, amministrativa e tributaria, risale addirittura a molti secoli fa, ma fu in particolare riconosciuto e affermato nel 1751 da un editto di Maria Teresa Malaspina, duchessa di Massa e principessa di Carrara.Ora c'è il rischio che un «contro editto» del governatore della Toscana, Enrico Rossi, e della sua maggioranza con il sostegno dei 5 stelle, se il Parlamento nazionale dovesse incredibilmente dar seguito alla proposta, ribalti tutto. Tre righe apparentemente anodine e neutre, ma «venezuelane» nella sostanza, dispongono l'atto di forza, anzi di prepotenza, della mano pubblica: «Gli agri marmiferi di cui alle concessioni livellarie già rilasciate dai Comuni di Massa e Carrara e dalle soppresse vicinanze di Carrara, nonché dei beni estimati di cui all'editto […] del 1° febbraio 1751, appartengono al patrimonio indisponibile comunale…». A suo modo spettacolare è la relazione illustrativa allegata alla proposta di legge, che cita «importanti studi e autorevoli giuristi» per arrivare alla seguente conclusione: «Per capire a fondo il regime giuridico voluto dall'editto teresiano sugli agri marmiferi, occorre affondare nel contesto storico in cui è stato emesso. Un contesto storico dove il concetto di proprietà privata era ancora del tutto sconosciuto». In altre parole, secondo la Regione Toscana, «nelle comunità locali italiane, nello specifico di Massa e Carrara, erano ancora radicate le convinzioni che i territori degli agri marmiferi appartenessero alla collettività». Sulla base di questo presupposto indimostrato, apodittico, a dir poco controverso e arbitrario, circa 270 anni dopo scatterebbe un diritto pubblico all'esproprio. Di più: gli «autorevoli giuristi e costituzionalisti» mobilitati dalla Regione Toscana arrivano - meglio di un'equipe di psicologi e psichiatri - a ricostruire le reali intenzioni della duchessa Maria Teresa Malaspina: «Risulta evidente che l'intento della duchessa con l'editto del 1751 non è stato quello di attribuire la proprietà piena e perfetta dei fondi concessi […]. Da queste fondate considerazioni si determina la natura pubblica dei “beni estimati" che insistono negli agri marmiferi dei Comuni di Massa e Carrara».Significativo anche che, a meno di nostri errori e omissioni, nella proposta non sia citata la parola indennizzo: il che fa pensare che non solo qualcuno punti seriamente all'esproprio, ma addirittura senza alcun tipo di ristoro. Ovvia (e motivatissima) la levata di scudi di Confindustria Livorno, Massa e Carrara e degli industriali del marmo del distretto apuoversiliese, riuniti a convegno alla Luiss, che hanno parlato apertamente di «esproprio proletario» e di «golpe». «La Regione Toscana ci aveva già provato nel 2012 vedendosi disconosciuto dalla Corte costituzionale il diritto a legiferare in questa materia», ha detto Erich Lucchetti, presidente degli industriali del marmo, «Ci riprova adesso nonostante che, anche nel febbraio scorso, il Tribunale di Massa avesse per l'ennesima volta riconosciuto il diritto dei proprietari dei beni estimati. Sul tavolo», ha aggiunto, «non c'è solo il diritto delle aziende del marmo e dei loro dipendenti. C'è un diritto fondamentale alla proprietà privata che è stato sancito dalla nostra Costituzione, da reiterati interventi della Corte costituzionale e dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo».Ma, anche senza evocare valori così elevati, basta un poco di buon senso per immaginare che tipo di precedente potrebbe rappresentare l'approvazione di una norma simile. Una volta sdoganato il principio, infatti, ogni altra forma di esproprio, ogni altro tipo di intervento a gamba tesa dei soggetti pubblici a danno dei privati diverrebbe possibile. Con grande soddisfazione di chi, a sinistra e non solo, continua a sognare un'intesa tra Pd e grillini.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






