2020-07-23
In mezzo al nuovo scostamento infilano il blitz per il super Tesoro
Nel vertice di ieri sera, Roberto Gualtieri ha portato il Dpcm che rende il suo dirigente Alessandro Rivera un arbitro della politica. Il manager vicino alla sinistra potrà nominare due burocrati e farà il bello e il cattivo tempo sulle partecipate.Il Consiglio dei ministri notturno è stato uno dei più difficili degli ultimi mesi. Il lockdown è finito e chiedere lo scostamento di bilancio al Parlamento non è una passeggiata come è stato con il Cura Italia o il dl Rilancio. Stavolta servono più stampelle. La Lega non vuole votare un assegno in bianco e anche al gruppo Misto si brancola tra una scelta di sbarramento e la necessità di dare continuità alla cassa integrazione. Il problema è che, stando alle dichiarazioni del ministro dell'Economia, Roberto Gualtieri, nella manovrina di fine mese dovrebbe esserci anche dell'altro. L'ipotesi sarebbe quella di destinare fondi anche allo slittamento delle imposte e a una revisione dei versamenti. Insomma, il tentativo è ampliare il budget oltre i 20 miliardi. Il che renderà il voto più insidioso. Al tempo stesso Giuseppe Conte vuole prorogare lo Stato di emergenza fino al 31 ottobre. Tutte mosse che solleveranno un enorme polverone. Per questo, quella di ieri sera è stata l'occasione migliore per distrarre partiti e opinione pubblica e infilare tra una cosa e l'altra la riforma del Mef e del Tesoro. Ne avevamo già parlato su queste colonne, e ora il Dpcm che aumenterà i poteri del Tesoro e del suo direttore generale Alessandro Rivera ha il suo bel visto. L'obiettivo è quello di modificare il decreto del giugno 2019 con cui si definiscono organigramma, funzioni e responsabilità del ministero dell'Economia e delle finanze, soprattutto del dipartimento del Tesoro. Verranno inserite due figure apicali nuove, di cui una alle dirette dipendenze del direttore generale con lo scopo di fungere da luogotenente e controllare anche in modo trasversale agli altri dipartimenti. La riorganizzazione si basa su dettagli che sfuggono ai più, ma che nei palazzi sono fondamentali. L'ampliamento dell'organico permetterà a Rivera di divenire il plenipotenziario di scelte economiche e finanziarie che impatteranno sulle scelte dei governi a venire. Bastano pochi cambi al decreto del 2019 per alzare il livello di invasività nelle decisioni delle partecipate. L'articolo 4 vede la sostituzione di «gestione finanziaria delle partecipazioni azionarie dello Stato» con «gestione delle partecipazioni societarie dello Stato». Inoltre ogni volte che il vecchio decreto prevedeva il termine «azionista» il nuovo inserisce la parola «socio». E così dove era previsto il potere di controllo e gestione delle logiche di dividendo si passa ad attività molto più corpose. Per essere chiari, il dipartimento si occuperà di «valorizzazione delle partecipazioni societarie dello Stato, anche tramite operazioni di privatizzazione e dismissione, e relativa attività istruttoria e preparatoria». Rispetto alla prima versione del Dpcm di riforma, quella entrata ieri in cdm ha un paragrafetto in più: «Dopo le parole programmi di dismissione dell'attivo immobiliare pubblico, sono inserite le seguenti: “nel rispetto di quanto previsto dalle disposizioni normative vigenti e, in particolare, dal decreto legislativo 19 agosto 2016"». La modifica è sottile. E sembra servire a rimandare al gestione del mattone pubblico allo stesso decreto che disegna le attività e i ruoli del Mef. Tutte modifiche che nel loro complesso sembrano riportare in vita il vecchio ministero delle Partecipazioni statali. Con una differenza di fondo. Che ai tempi di Franco Malfatti, Giulio Andreotti o dello stesso Gianni De Michelis nel bene e nel male tutto aveva un indirizzo politico. Al contrario, se in futuro il Tesoro dovesse prendere decisioni drastiche sulle partecipate pubbliche o scegliere un manager piuttosto che un altro, avrà una fondamentale autonomia dalla politica. Lo dimostra anche il fatto che una tale riforma si possa fare per Dpcm e con una semplice bollinatura del Consiglio dei ministri. Il Parlamento non viene preso in considerazione né è chiamato a votare. L'abbiamo già scritto, ma lo ripetiamo. Rivera nominato nel 2018 da Giovanni Tria, non è certo un uomo scelto dai 5 stelle, anche se l'apparenza del momento sembrava portare in quella direzione. Quando l'avvocato Giuseppe Guzzetti fece il suo discorso d'addio il 14 aprile dello scorso anno, dedicò un ringraziamento speciale proprio al dirigente che negli anni precedenti si era occupato di fondazioni bancarie. Dai salvataggi di banca Etruria, alla trattativa per Mps e le Venete, fino al Salvastati in Europa, il cerchio della finanza cattolica si chiude. Il sistema bancario deve ora affrontare la vendita di Mps e il consolidamento di altri pezzi. L'impressione è che la politica non toccherà palla. Basta il Tesoro per decidere.