
Il coordinatore di Fdi venne emarginato nel 2011 perché contrario al conflitto. «Nato e Ue ci osservano, sono curiosi di sapere se avremo un governo filorusso».L'Italia deve sostenere un attacco militare in Siria? «Mi pare che tutto manchi in quel Paese tranne che le bombe. L'Italia deve cercare di buttare acqua sul fuoco del possibile conflitto. Non possiamo replicare quanto già visto in Libia e in Iraq. Abbiamo troppo volte affrettatamente utilizzato la forza piuttosto che il ragionamento e il dialogo. La Siria è già distrutta e martoriata, sta subendo una guerra che ha lasciato sul campo centinaia di migliaia di vittime. Piuttosto che giocare una partita a scacchi sulla pelle dei civili inermi, sarebbe il caso che le forze che si stanno realmente contrapponendo si siedano attorno a un tavolo e dirimano le loro controversie in altro modo». Calma e prudenza sono in questa fase le due stelle polari dell'azione politica di Guido Crosetto, deputato e coordinatore nazionale di Fratelli d'Italia. Che ruolo dovrebbe recitare l'Italia in un'Europa divisa al suo interno? In questo momento Francia e Gran Bretagna sono schierate con il presidente americano Donald Trump, la Germania è in posizione neutra e l'Italia non sa da che parte andare.«Bisogna chiedere un tavolo e trovare una soluzione più condivisa possibile. Le divisioni di queste ore confermano l'inutilità di questa Europa. L'Italia deve recuperare la sua storica capacità di mediazione e fare di tutto per evitare un conflitto che non porterà nessun beneficio». La crisi siriana influenzerà le trattative sulla formazione del nuovo governo?«Moltissimo. Siamo pur sempre la settima-ottava potenza mondiale. Quello che succede da noi interessa molto ai “club" di cui facciamo parte, mi riferisco a Nato e Ue. È evidente che in un momento di tensione tra Occidente e Russia, che non ha pari negli ultimi 25 anni, ci siano nazioni che possano guardare con simpatia o antipatia a chi è vicino a posizioni filo russe». Ciò determinerà un'accelerazione o un rallentamento?«Magari un'accelerazione, ma non nella linea che tutti si aspettano».Di fronte alla richiesta di utilizzare le basi aeree italiane da parte degli alleati, il governo come dovrebbe procedere?«Al premier Paolo Gentiloni consiglierei due mosse: la convocazione del Consiglio supremo di difesa, perché l'impegno dell'Italia merita anche questo passaggio e poi la convocazione delle Camere. È giusto che il governo riferisca agli organi costituzionali di questo Paese e accetti le varie opinioni che in Parlamento si possono formare».Lei nel 2011, da sottosegretario alla Difesa, si dichiarò contrario all'intervento in Libia ma venne emarginato. «Non venni considerato, anche se non fui il solo a sostenere quella posizione. Una parte del mondo decise che Muammar Gheddafi doveva essere fatto fuori. In particolare su questa linea insistevano Francia, Gran Bretagna e poi si adeguarono gli Usa. In realtà quella fu una guerra fatta per interessi economici, contro l'Eni (dalla Libia arrivava il 27% del nostro fabbisogno di petrolio, ora questa percentuale è scesa al 7) e contro la centralità dell'Italia in quel territorio». Chi c'era all'epoca a sostenere la sua battaglia?«Con me c'era Bobo Craxi. E con noi c'era anche il presidente Silvio Berlusconi, che però era più debole rispetto agli anni precedenti».Si narra che in una drammatica riunione convocata in tutta fretta al teatro dell'Opera di Roma l'allora capo dello Stato, Giorgio Napolitano, la mise alla porta perché contrario all'intervento militare italiano in Libia.«Non credo sia questo il dato centrale di quella vicenda. E poi è acqua passata».In ogni caso ricorderà bene chi spinse in quell'occasione per bombardare la Libia.«Napolitano era favorevole all'intervento e con lui i presidenti delle Camere e i maggiori responsabili del governo. C'era una precisa volontà di assecondare le più grandi potenze mondiali che volevano fare la guerra a Gheddafi. In buona sostanza obbligarono Berlusconi a cedere e a smettere di dire “no"». Rileva analogie tra la crisi libica e quella siriana?«In Siria non abbiamo interessi economici e politici, è una decisione che va presa per motivi umanitari. Più che alla Libia questa situazione potrebbe essere paragonata all'Iraq. Per questo non mi stanco di ripetere che prima di intervenire sarebbe il caso di mandare qualcuno a capire cosa stia realmente succedendo laggiù».
Monica Marangoni (Ansa)
La giornalista Monica Marangoni affronta il tema della nudità in un saggio che tocca anche il caso delle piattaforme sessiste. «È il tempo del relativismo estetico che asseconda solo l’io e le sue voglie, persino con immagini artefatte».
Giornalista e conduttrice televisiva, laureata in Filosofia all’università Cattolica del Sacro cuore a Milano, Monica Marangoni ha condotto diversi programmi non solo in Rai. Nudo tra sacro e profano - Dall’età dell’innocenza all’epoca di Onlyfans (Cantagalli), con postfazione dello stesso editore David Cantagalli, è il suo primo saggio. Una riflessione particolarmente attuale dopo la scoperta, e la chiusura, di alcuni siti che, con l’Intelligenza artificiale, abbinano corpi nudi femminili a volti noti del mondo dell’informazione, dello sport e della politica.
Effetto Trump: dazi, tagli alla ricerca e revisione dei protocolli sanitari stanno frenando il comparto (-4%). A pesare, pure la scadenza dei brevetti. Cresce la fiducia, invece, nei processi tecnologici contro le malattie.
Il settore farmaceutico globale attraversa una fase di incertezza che si riflette sui listini. Da inizio anno il comparto mondiale segna un -4%, zavorrato anche dall’effetto cambio, mentre in Europa l’andamento complessivo resta vicino alla parità ma con forti turbolenze. Il paradosso è evidente: a fronte di una domanda sanitaria in crescita e di progressi clinici straordinari, gli investitori hanno preferito spostarsi su altri temi.
Donna, ingegnere aerospaziale dell'Esa e disabile. La tedesca Michaela Benthaus, 33 anni, prenderà parte ad una missione suborbitale sul razzo New Shepard di Blue Origin. Paraplegica dal 2018 in seguito ad un incidente in mountain bike, non ha rinunciato ai suoi obiettivi, nonostante le difficoltà della sua nuova condizione. Intervistata a Bruxelles, ha raccontato la sua esperienza con un discorso motivazionale: «Non abbandonate mai i vostri sogni, ma prendetevi il giusto tempo per realizzarli».
Luca Marinelli (Ansa)
L’antica arte partenopea del piagnisteo strategico ha in Italia interpreti di alto livello: frignano, inteneriscono e incassano.
Venghino, siori, venghino, qui si narrano le gesta di una sempiterna compagnia di ventura.
L’inossidabile categoria dei cultori del piagnisteo.
Che fa del vittimismo una posa.
Per una buona causa: la loro.





