
Il popolo del Family day ha giocato un ruolo importante nel trionfo della Lega, orientando anche i recenti risultati delle elezioni amministrative. Il Pd continua a sposare istanze elitarie, come l'utero in affitto, e non capisce che continuerà a perdere consensi.La politica è questione molto complessa e cercare di comprendere le cause della mutevolezza del consenso popolare non è certamente da meno. Sembra passato un secolo dal quel famoso 40% alle Europee, che incoronò il Pd a primo grande partito e Matteo Renzi a personaggio quasi storico, unico in grado di potersi confrontare con Alcide De Gasperi. Un pugno di anni e tutto è cambiato: lo sprovveduto ragazzotto di provincia, Matteo Salvini, che lo «statista» Renzi guardava con sussiego beffardo, sta guidando il governo del nostro Belpaese. Diceva André Gide che quando si sale troppo in alto e troppo in fretta, può accadere di trovarsi seduti solo sul proprio posteriore. In questi giorni tanti illustri politologi, italiani e non, hanno dato - non senza arguzia e competenza - le loro ragioni per giustificare l'incredibile ascesa della Lega e del suo leader. Ma nessuno, proprio nessuno, ha ricordato un passaggio che considero non proprio marginale e che ha caratterizzato la campagna elettorale leghista: il sostegno alla famiglia, alla natalità, alla cura del morente senza derive eutanasiche, al contrasto tanto a ideologie educative dannose quanto alla legalizzazione di droghe che bruciano i cervelli dei nostri giovani. Il popolo del Family day - dimenticato dall'establishment mediatico - sostenendo una campagna politica-elettorale sui valori che hanno costruito la civiltà dell'Italia - ha giocato un ruolo non indifferente nel portare alla vittoria le forze che in essi si riconoscono. Nel silenzio dei grandi commentatori politici, con l'ostracismo totale dei mass media, gli uomini del comitato dei due ultimi Family day hanno lavorato, già a partire da quel 4 dicembre del referendum, portando - secondo i sondaggisti - qualche milione di voti al No, e proseguendo lungo le varie elezioni amministrative sul territorio, che hanno portato al cambio di governo in numerose città italiane (Genova, Verona, Piacenza, Udine, Sesto San Giovanni, solo per citarne alcune) e nelle tre regioni andate al voto. Sarà un caso, ma in tutte queste occasioni chi è stato eletto ha sottoscritto la «carta dei valori» che il Family day sostiene e gli aveva sottoposto. Nessun trionfalismo, ma con i piedi ben a terra, perché siamo perfettamente consapevoli che un bel pezzo dell'attuale governo è collocato su un'altra sponda, ma senza fare sconti a nessuno e proseguendo nel lavoro culturale, prepolitico che ha portato tanti italiani a votare guardando anche - non solo! - ai principi non negoziabili, dando consenso ai partiti che li hanno sostenuti. Un lavoro culturale enorme, silenzioso e invisibile, che ha costruito un popolo con un'identità che non può accettare che leggi eticamente sensibili passino con voti di fiducia. E che è stanco di non sentirsi usato e preso in giro: come è possibile che un partito di grande tradizione popolare, come il Pd, sia il capofila di leggi che tradiscono i grandi valori della famiglia, dei bambini, della tutela della vita, della cura dei disabili, della difesa dei giovani dai veleni chimici, sposando istanze elitarie, proprie del modo capitalista, come la compravendita dei bambini (dall'utero in affitto alla fecondazione artificiale) a suon di migliaia di dollari? Qui, in questo mondo dei cosiddetti «diritti», di popolare non c'è proprio nulla! E così il popolo semplice, la gente comune, orfana anche di visibilità mediatica, cerca altre rappresentanze. Ma, attenzione, guai e tradire la fiducia. Renzi docet!
Sébastien Lecornu (Ansa)
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Getty images
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