2025-02-14
In Europa gettano la maschera e snobbano la pace: «Affare sporco»
Kaja Kallas, ministro degli Esteri dell’Unione europea (Ansa)
L’Alto rappresentante: «Invieremo altri aiuti militari». Anche Berlino intima: niente accordi senza Kiev. Il Vecchio continente, nell’Est, si sta giocando soldi e reputazione. Per questo boicotta i negoziati di Donald Trump.Un «affare sporco»: ecco cosa sarebbe, secondo l’Unione europea - quella dei «settant’anni di pace» - «qualsiasi soluzione rapida sull’Ucraina». Come dopo gli accordi di Minsk, ha ammonito ieri l’Alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas, «la guerra continuerebbe». Tanto vale non provare nemmeno a interromperla, no?La verità è che l’apertura del negoziato Usa-Russia, in cui, per ovvie ragioni di dipendenza dagli aiuti americani, Kiev ha margini limitati di autonomia, per Bruxelles è un fallimento storico. L’Europa ha investito un enorme capitale ideologico nell’impresa a Est; ha speso una cifra mostruosa per sostenere il Paese invaso - oltre 145 miliardi di dollari; pur di compiacere Joe Biden, si è condannata alla deindustrializzazione; rischia di doversi sobbarcare anche gli oneri della fase postbellica, che Bloomberg stima in 3.000 miliardi; e adesso, si vede esclusa dalle trattative. Uno smacco che testimonia non tanto l’insensibilità di Donald Trump, quanto l’inconsistenza politica e militare dell’Unione stessa, nitidamente percepita da tutti gli attori coinvolti. Compreso Volodymyr Zelensky, il quale, agli alleati europei, ha ribadito un concetto ovvio: senza gli americani, non potete offrirci alcuna garanzia di sicurezza. Il comandante in capo gialloblù, con spiccato senso pratico, ha compreso che conviene assecondare Trump. Al contempo, egli deve schivare le fronde interne e perciò fa le spalle grosse: «Come Paese indipendente», dice, «non possiamo accettare alcun accordo fatto senza di noi». Ma puntare i piedi si può solo finché arrivano le armi a stelle e strisce. L’autentico tracollo morale è quello dell’Ue: per salvare la faccia (di tolla), si ritrova costretta a tifare guerra. In polemica con il tycoon statunitense, continua a sciorinare dettagli che provano la sua irrilevanza. Ieri, una portavoce della Commissione ha confermato che tra Trump e Ursula von der Leyen «non c’è stato alcun coordinamento» in merito alla telefonata del newyorkese con l’omologo russo. D’altronde, voi ce la vedreste la Casa Bianca, chiunque ne sia l’inquilino, che domanda a Palazzo Berlaymont il permesso di avviare un confronto diplomatico con Mosca? In quale epoca? In quale mondo?La posizione dell’Ue è un combinato disposto di retorica e pensiero magico. «Nulla sull’Ucraina senza l’Ucraina» è lo slogan, «ogni pace giusta e duratura deve includerla al tavolo». In Europa hanno bisogno che si vada avanti a combattere, al limite contro la volontà e contro l’intelligenza del leader in tuta mimetica.«Questa mattina», ha fatto sapere ieri la Kallas, estone e smaccatamente antirussa, «ho incontrato il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov. Mi ha assicurato che gli ucraini sono fermi e non rinunceranno alla loro libertà e al loro territorio. Anche l’Europa sarà ferma e continuerà a sostenere l’Ucraina nella sua lotta». In fuga dalla realtà alla velocità della luce: come potrebbe «sostenere» lo sforzo bellico un continente che neppure spende il minimo indispensabile per la Nato? Quanto territorio conquisterebbero le truppe di Mosca, prima che l’industria pesante europea diventi capace di produrre abbastanza pezzi d’artiglieria, abbastanza carri e abbastanza munizioni da foraggiare la resistenza? Visto il rifiuto di prendere atto delle circostanze, diventa lecito immaginare un ribaltone: se si accodasse a Trump, Zelensky decadrebbe dal ruolo di «nuovo Churchill» e Bruxelles fomenterebbe il pezzo di classe dirigente ucraina favorevole a proseguire le ostilità. Senza considerare che qualcuno dei falchi potrebbe avere interesse a mestare nel caos per motivi discutibili. Proprio Umerov, ieri, ribadiva: «Continuiamo la lotta, siamo forti, siamo capaci, ce la faremo»; a fine gennaio, l’Autorità nazionale anticorruzione lo aveva messo sotto inchiesta per un presunto abuso d’ufficio, legato alle nomine alla Difesa.L’isteria ha toccato vette parossistiche e tragicomiche nella numero due del Parlamento Ue, la dem Pina Picierno, che su X vagheggia una fantomatica «Europa pronta ad affrontare le crisi internazionali anche sul piano militare», attaccando i «commentatori che si definiscono comunisti, stalinisti o putiniani», «eccitati per le parole dell’estremista di destra Trump». Da lei non ci si aspettavano dotte analisi geopolitiche. Ma nemmeno che, dato il ruolo istituzionale, insultasse il presidente democraticamente eletto del Paese nostro principale alleato.La débâcle ucraina è l’affresco di una funesta carenza di visione strategica, che affligge i vertici di Bruxelles quanto le cancellerie del Vecchio continente. Paiono più sensate le rimostranze francesi: dal coinvolgimento sul terreno, Emmanuel Macron sperava di riguadagnare il prestigio perso in Africa. È invece un enigma il suicidio assistito tedesco. La Germania è quella che ha pagato il prezzo più alto per il disaccoppiamento dalla Russia; nondimeno ieri, a ridosso delle elezioni, il cancelliere Olaf Scholz ancora predicava contro una «pace imposta» a Kiev. Mentre Annalena Baerbock, il suo ministro degli Esteri, chiedeva di non prendere decisioni sulla testa dell’Ucraina e di organizzare una missione Onu di peacekeeping, legittimata da un complicatissimo consenso di russi, cinesi e americani in seno al Consiglio di sicurezza.Nell’eurocunicolo in cui si è infilata l’Ue, si è reso necessario versare altro sangue per non dover ammettere un insuccesso epocale. È il cruento vicolo cieco di un’élite che, sperando di scamparla, farebbe morire Sansone con tutti i filistei.