2020-03-22
«In agenzia funebre siamo rimasti quasi senza bare»
Circa 70 feretri sono stati portati via da Bergamo su mezzi militari in altre Regioni (Ansa)
Enrico Lamera, il titolare di una ditta a Bergamo: «Non ci fermiamo neanche di notte e temiamo di ammalarci, ho molti colleghi contagiati».Signor Lamera, buongiorno.«Mi scusi, sto sistemando un cuscino su un feretro...». Vuole che richiami quando ha finito? «No, sarebbe inutile: non faccio nessuna pausa, durante il giorno, siamo in trincea».Posso chiederle come è cambiato il vostro lavoro nelle pompe funebri a Bergamo?«È semplice. Prima gestivamo, forse, due o tre morti alla settimana». E oggi? «Gestiamo una media di quattro morti al giorno, tutti i giorni, e solo perché fare di più è umanamente impossibile». Come si fa a reggere questa pressione? «Non lo so nemmeno io. Dormo solo un'ora la notte. Il mio telefono squilla sempre». Non lo spegne mai?«No, non posso più staccarlo». Chi è che chiama? «I familiari. Madri, sorelle, figli, fratelli... È un dramma sociale che nessuno racconta».Me lo descriva.«I parenti in queste ore vedono sparire i loro cari senza potersi capacitare di quello che accade».In che senso? «Molti portano il padre, il fratello, la madre in ospedale, senza più poterli accudire. Molti sono già positivi e dopo questo viaggio finiscono anche loro in quarantena». E poi? «Ricevono, o riceviamo noi, una laconica comunicazione di decesso per telefono. Punto».E poi? «Non possono rivedere né il corpo, né la bara, nulla. Facciamo tutto noi».Qualcuno muore anche a casa, senza passare per l'ospedale? (Sospiro di sconforto). «Qualcuno dice? Io faccio il conto che quattro su dieci di quelli che chiudo nelle bare muoiono a domicilio».Come mai? «Non fanno in tempo a essere assistiti. I medici non escono più dagli ospedali, le certificazioni Istat le facciamo noi».Ma lei come si protegge? «Per fortuna ho ancora guanti, mascherine e camici speciali, ad alta protezione, che ordinai quando l'epidemia scoppiò in Cina. Ma quando finiranno... addio».Cos'altro ha fatto a dicembre, quando ha letto dell'epidemia? «Ho ordinato tutte le bare che potevo. È stato un gesto d'impulso».E ora?«Finiscono, e non so fino a quando riusciremo a procurarci tutto: sia le protezioni che i feretri, intendo».Rischiano di finire anche le bare, intende?«Io mercoledì ho finito di allestire uno stock di venti casse da morto. Ieri ne ho scaricate altre venti. Ma...».Cosa?«Si è creato un problema con la Romania, uno dei principali Paesi produttori, che ha bloccato i confini».E quindi?«Finché avremo a disposizione le bare nazionali potremo lavorare. Dopo non so». È incredibile.«Lo so. Però le assicuro che faccio questo mestiere da un quarto di secolo, la metà della mia vita, e non mi è mai successo di...». Di cosa? «Di avere più morti che casse».Parla Enrico Lamera, titolare della ditta Onoranze funebri San Raffaele. È uno dei circa cinquanta addetti del settore del bergamasco, alcuni degli uomini più esposti in questa emergenza. Ma se glielo dici si arrabbia: «Non scherzi. I primi in trincea sono medici e infermieri».Mi spiega la procedura di adesso?«Mi chiamano i parenti, vado in camera mortuaria. Lì le bare vengono sigilliate con la saldatura.E poi? «L'80% dei parenti sono in quarantena. Vado nelle case con la mia mascherina, perché la burocrazia della morte non si può fermare. Altrimenti sarebbe il caos».Non ci sono funerali, esequie, preghiere, sepolture. «Non c'è più nulla. Non si può entrare nei cimiteri. Molti ricevono direttamente le urne quando riesco a recuperarle dagli inceneritori fuori da Bergamo».E quanto ci vuole per riavere le ceneri?«Quando va bene 15 giorni. Si metta nei panni di un parente che porta un suo caro in ospedale, non lo vede più, riceve una telefonata il giorno X, e poi, dopo due settimane, un'urna piena di cenere».Terribile.«Io devo improvvisarmi anche psicologo, ma la gente dà di matto. E la capisco».È preoccupato per sé stesso? «Ho paura, certo, ma che cosa devo fare? Non possiamo fermarci neanche quando accade il peggio».Cioè? «Qua a Bergamo molti dei miei colleghi si stanno ammalando. Cinque in terapia intensiva e quattro in quarantena. Il 20% di noi».Quanto tempo passa sulle salme? «Comincio alle 7.30 e finisco dopo le 21.30. Ma siamo obbligati a tenere accesso il telefono giorno e notte. Vuole un esempio?».Certo. «L'altra notte mi chiama una infermiera che conosco. Era morto suo suocero. Lei era distrutta, in lacrime. Io ero già pieno di vittime».E lei? «Mi ha chiesto con la voce rotta dal pianto: “Ti prego! Ti prego!". Ho preso anche lui. Non potevo dirle no».Quanti siete in ditta?«Sei, e nessuno si è tirato indietro. C'è molto senso di responsabilità. Solo una volta...».Cosa? «Uno dei più giovani, è crollato, di fronte allo spettacolo che abbiamo di fronte».Di che parla? «Entrare in ospedale e vedere i corpi ammassati. Ci sono i cadaveri accatastati sui lettini. Sei, sette, otto, dieci. Tutti morti, in pila».Mai visto nulla di simile?«Mai. E le assicuro che in questo mestiere se ne vedono di cose».Mi diceva del suo dipendente. «Il più giovane. Si era bloccato, era in palla. Ho dovuto piantarlo ad un muro e gridargli: “Denis! Respira! Smetti di pensare a quello che vedi, ascolta la mia voce!"». E lui? «Ha ripreso a lavorare. Ma poteva capitare a me. I nostri vecchi mi dicono: “Neanche durante la guerra era così. Peggio delle bombe"».Più morti che nel 1945? «Lei deve scrivere così: io è 25 anni che faccio questo mestiere. Adesso vai in ospedale, ci stai tre giorni, muori. Ogni mezz'ora c'è una sirena. Anche di notte. E quando non c'è io la sento lo stesso».Terribile.«Stamattina ho tumulato il suocero di una signora che era in ospedale. Mi hanno detto che volevano avvisare l'altra persona con lui in stanza».E cosa è accaduto? «Sono andati a girarlo ed era già morto. Non se n'erano ancora accorti».Cosa pensa?«Ha presente le formiche? Siamo così. Alla fine di tutto ci conteremo, e resteranno solo i superstiti».Da quanto è così? «A Bergamo? Dalla seconda settimana di febbraio: da allora non conto più nulla».E i costi? Le bare? Gli allestimenti?«Tutto finito. Faccio un prezzo tutto compreso. Se la bara costa di più non posso far pagare di più. Non ci sono più prodotti da scegliere».Dice sul serio? «Ho fissato il prezzo politico. E non potrei mai contrattare o discutere di un solo euro, in queste ore».E le cremazioni? «Io porto le bare a Mantova dove per fortuna ho rapporti. Adesso ci mettono tre settimane».Ma i morti a casa sono monitorati come Covid? «Scherza? E chi te lo fa il tampone? L'unico che rischia a toccare il cadavere, magari per rivestirlo, sono io».Riveste ancora i corpi? Anche dei morti di coronavirus? «Se me lo chiedono, certo. Non posso dire no a una richiesta così».Ovviamente pensa al rischio di contaminazione. «Certi medici mi dicono che due ore dopo la morte la salma non ti può più contagiare. Altri invece dicono di sì. Così ho risolto alla bergamasca».Cioè?«Non chiedo più nulla».Lei sta svolgendo una funzione sociale. «Lo so. Ma io non voglio essere un eroe. Voglio solo che questa guerra finisca».Il picco c'è stato? «Un dottore che usciva dalla terapia intensiva in camera mortuaria ieri mi ha detto: “Enrico, di che ti lamenti? Tra una settimana vedrai"».Non abbiamo visto il peggio? «La fortuna è che non faccia ancora caldo».Perché? «Perché non abbiamo più camere obitoriali e celle frigorifere e...».E?«Presto cominceranno a girare i nostri peggiori nemici». Chi? (Pausa). «Quando si fa il mio mestiere? Le mosche».
Ecco #DimmiLaVerità del 16 ottobre 2025. Ospite il deputato della Lega Davide Bergamini. L'argomento del giorno è: "La follia europea dei tagli all'agricoltura e le azioni messe in campo per scongiurarli".