2019-09-09
In 13 anni appena 64 provvedimenti contro le barriere architettoniche
Una legge del 2006 impone l'obbligo di risarcimenti in caso di strutture pubbliche inadeguate. Ma i giudici intervengono pochissime volte nonostante le migliaia di segnalazioni che giungono al Centro anti disparità. «Siamo un esercito di dimenticati». Carmelo Comisi, fondatore del movimento Vita indipendente Sicilia e presidente dell'associazione Disability pride onlus: «Mancano le tutele anche perché la Convenzione Onu è totalmente disapplicata». Lo speciale comprende due articoli. L'estate di Marco (nome di fantasia) non è stata divertente. A 15 anni ha trascorso le vacanze chiuso in casa, perché nel suo quartiere non esistono parchi adatti a bambini come lui. Marco vive a Napoli, in zona Ponticelli, e dalla nascita è affetto da cerebropatia perinatale. Per farlo stare all'aria aperta i suoi genitori devono affrontare imprese impossibili tra marciapiedi inesistenti, locali inaccessibili e aree verdi che, per chiunque non abbia perfette abilità motorie, risultano pericolosi. Eppure, come ha riportato nei giorni scorsi il Mattino di Napoli, «la municipalità non ha partecipato all'avviso pubblico regionale per l'acquisto di giochi destinati a minori con disabilità rivolto a tutti i Comuni della Campania». Sempre nella inclusiva città di Luigi De Magistris, due mesi fa, uno studente ha scattato una foto simbolo delle discriminazioni contro cui nessuno combatte: una ragazza in carrozzina imprigionata tra le auto parcheggiate, in pieno centro, lungo strade impervie e sconnesse. Ancora. La settimana scorsa, sempre in quel di Napoli, un turista arrivato con la carrozzina elettrica, esclusivamente per ammirare la meravigliosa Villa Poppea, ha dovuto rinunciare alla visita perché il sito, famoso in tutto il mondo, è sprovvisto di un accesso per persone con disabilità motoria. Alla denuncia del turista il Parco archeologico di Pompei ha risposto da copione: «I lavori per la realizzazione di un percorso dedicato sono in fase di avvio». Nel resto d'Italia le cose non vanno meglio. Aida è una bimba di 7 anni con una grave disabilità che le impedisce di muovere quasi tutti i muscoli. La piccola «si sente più libera e leggera solamente in acqua», ha spiegato in una lettera aperta il papà Tiziano, «perché lì il peso del corpo agisce meno e lei riesce a muoversi divertendosi tantissimo». La bimba vive a Latina, vicinissima al mare, eppure, per lei come per tante altre persone disabili la spiaggia è praticamente irraggiungibile. Sul litorale laziale, infatti, nonostante le promesse delle amministrazioni, la maggior parte delle spiagge pubbliche non sono dotate delle passerelle di cemento che permettano alle carrozzelle di arrivare sul bagnasciuga. Un muro invisibile che impedisce l'accesso al mare a chi non può camminare. Passando alla evoluta Toscana, per smuovere (forse) le coscienze della giunta fiorentina di Dario Nardella sul tema delle barriere architettoniche c'è voluta tutta la perseveranza e la tenacia di Andrea Mucci, blogger fiorentino di 19 anni, dal 2016 in lotta «Contro ogni barriera» con lo slogan #Mollaloscivolo. Dopo segnalazioni, denunce e reportage, lo scorso marzo, il ragazzo ha convinto alcuni assessori a salire in carrozzina e a seguirlo in un tour per le vie della città, per vedere, in diretta, che cosa si prova. Risultato? «Cercheremo sicuramente di migliorare», hanno garantito i referenti di Palazzo Vecchio. «Non c'è giorno in cui un disabile non sia discriminato. Nell'accedere al trasporto pubblico, andare al bar per prendere un caffè, parcheggiare nei posti riservati, andare in vacanza, visitare un museo, sentirsi negare l'insegnante di sostegno. Eppure, esiste una legge che serve per tutelare le persone con disabilità, ma questa viene spesso ignorata». A spiegare la situazione delle persone disabili nel nostro Paese è, tra gli altri, un articolo pubblicato dalla Fondazione Cesare Serono. La legge è la numero 67 del 2006, che porta il seguente titolo magniloquente: «Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni». La normativa espressamente prevede che davanti a discriminazioni comprovate il giudice possa stabilire il «risarcimento del danno, anche non patrimoniale, ordinare la cessazione del comportamento e adottare ogni altro provvedimento idoneo». Secondo gli ultimi dati, però, in questi 13 anni, sono stati appena 64 i provvedimenti giudiziari emessi, quasi tutti relativi all'accessibilità dei luoghi pubblici. Di contro, invece, tra 2015 e il 2018, il Centro antidiscriminazione Franco Bomprezzi ha ricevuto oltre 3.000 segnalazioni, il 33% delle quali riguarda la scuola. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/in-13-anni-appena-64-provvedimenti-contro-le-barriere-architettoniche-2640262710.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="siamo-un-esercito-di-dimenticati" data-post-id="2640262710" data-published-at="1757666645" data-use-pagination="False"> «Siamo un esercito di dimenticati» «Fare in modo che il sostantivo disabile diventi soltanto un aggettivo da aggiungere alla parola persona». Carmelo Comisi, 37 anni, laureato in filosofia, vive a Roma, già fondatore del movimento Vita indipendente Sicilia è presidente dell'associazione Disability pride onlus e organizzatore della omonima manifestazione che, quest'anno, si è svolta nella capitale il 14 luglio, in concomitanza con i Disability pride di New York, Brighton e Dakar. All'evento hanno partecipato quasi 5.000 persone, mentre appena un mese prima, all'ennesimo Gay pride della capitale, manifestanti erano oltre 700.000. Numeri decisamente diversi… «Le manifestazioni che davvero partono dal basso solo con fatica riescono a imporsi: da cinque anni organizzo questa manifestazione ma solo da due riceviamo un po' d'attenzione dai media». Perché è più facile manifestare per i diritti degli Lgbt che per i vostri? «Gli Lgbt, per quanto culturalmente siano una categoria marginalizzata, sono molto presenti in società. Al contrario le persone disabili sono di fatto escluse, non si vedono frequentemente e non fanno massa critica». Eppure sono tante… «Circa 4 milioni. A cui vanno aggiunte le famiglie di ognuno». Perché in Italia le persone disabili sono invisibili? «Perché la politica non si è mai interessata veramente alla questione e i media ci dipingono o come casi umani o come supereroi. Escludendoci così dall'immaginario collettivo che si basa invece sulla quotidianità di vita». Anche il trattamento riservato alla categoria Lgbt è diverso da quello che tocca alle persone disabili? «È sostanzialmente diverso: quando la categoria Lgbt ottiene un diritto riesce a farlo applicare immediatamente. Le persone disabili, al contrario, sulla carta hanno molti diritti, garantiti per legge, ma nessuno che si realizzi in modo efficace». Per esempio? «Nel 2007 l'Italia ha sottoscritto la Convenzione Onu per i diritti delle persone disabili che nel 2009 è diventata legge: 50 articoli, dei quali nessuno viene correttamente applicato». Le tutele mancano anche a livello economico? «È cosa nota. E non solo perché le pensioni di invalidità sono insufficienti, ma anche in quanto si prediligono le strutture e non gli individui». I soldi finiscono nelle tasche sbagliate? «Si preferisce accudire qualcuno in istituti anziché permettergli di essere assistito a casa, anche se sarebbe il sistema più economico, nonché l'unico che garantirebbe qualche possibilità di inclusione». Nell'ultima edizione del Disability pride avete consegnato al premier, Giuseppe Conte, una serie di richieste: quali sono le più importanti? «Qualche giorno prima della manifestazione, Conte ha fatto sapere che non poteva riceverci, ma gli abbiamo comunque fatto avere le nostre richieste, la prima delle quali riguarda il lavoro». La legge 68 del 1999 non basta? «No, perché le aziende che la applicano lo fanno per adempiere a un obbligo ed evitare le sanzioni». Invece che cosa dovrebbero fare? «Valorizzare le competenze che molte persone disabili hanno, anche grazie a impegnativi percorsi di studio». Significherebbe valorizzare chi ha una disabilità per ciò che sa fare e non per quello che non può fare… «Esatto. Facendo in modo che un handicap fisico non impedisca l'esercizio delle capacità personali, anche per ruoli di alta professionalità o di dirigenza, che possono essere una risorsa vera per l'azienda stessa». È una lotta impari quella per l'indipendenza? «È un traguardo difficile da raggiungere. Bisognerebbe garantire un'assistenza personale al di fuori delle fasce d'età nelle quali agisce la famiglia». E poi le barriere architettoniche… «Finché esistono, non si può realizzare nessuna indipendenza di vita». C'è qualche realtà più evoluta, in Europa? «Esistono molte città nel Nord e nel Centro Europa dove le possibilità sono maggiori. Ma non le conosco direttamente. Non sono mai riuscito ad andare all'estero: i mezzi di trasporto non sono attrezzati per ospitare il mio tipo di disabilità».
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