
La tassa sui profitti delle società energetiche
Il principio è populista, e si può essere certi che sia condiviso soprattutto dal M5s, anche se ha voluto astenersi sul nuovo decreto energia di Mario Draghi per un banale inceneritore da costruire a Roma. Ma sta diventando un gran pasticcio l'idea di tassare i ricchi per dare ai poveri, che non è neppure nuovissimo.
Stiamo parlando della tassa sugli extraprofitti sull'energia che secondo lo stesso Draghi sarebbero talmente clamorosi da imporre una loro distribuzione. Secondo quanto risulta a Verità & Affari si tratterebbe di una stangata di circa 6 miliardi di euro (questa la cifra ipotizzata dalla relazione tecnica del decreto) che poi verrebbe redistribuita con quei 200 euro distribuiti una tantum in busta paga o nella pensione a chi non supera i 35 mila euro lordi di reddito annuo. È il principio di Robin Hood che ha già sullo stesso settore un antenato: la Robin Tax che ideò Giulio Tremonti e che si infranse poi contro il muro della Corte Costituzionale che la dichiarò contraria ai principi della carta fondamentale per l'Italia nel 2015. Non esiste ancora una versione ufficiale del decreto che la impone, ma le bozze circolate in entrata al Consiglio dei ministri riportano una versione assai confusa del meccanismo, tanto che nessuno ne ha compreso davvero la portata.
Secondo molti analisti dovrebbe colpire le società energetiche per qualche decina di milioni di euro e quindi essere per lo più irrilevante sui conti dei principali gruppi del settore. Ieri uno di questi - Enel - durante la presentazione dei risultati finanziari trimestrali ha fornito la prima stima ufficiale: avrebbe un impatto di 100 milioni. Non clamoroso, visti fatturato e utili del gruppo. Eni tace ed Edison comincia a sentire i primi contraccolpi in borsa: è evidente che per fare quei 6 miliardi non si possono sommare poche decine di milioni a testa. L'impatto immaginato quindi dovrebbe essere assai superiore. Il Tesoro avrebbe potuto anche in questa occasione scegliere un'altra strada che avrebbe avuto risultato analogo: chiedere la distribuzione alle società controllate (Eni ed Enel) di un dividendo straordinario come aiuto ai problemi di finanza pubblica che il caro energia sta provocando.
Quella scelta sarebbe andata a beneficio di tutti gli azionisti dei due colossi e le quotazioni di sicuro non ne avrebbero risentito. Ma ovviamente sarebbero restati fuori tutti i gruppi privati che sicuramente hanno prosperato sui rincari di gas e petrolio. Quella del governo dunque è una scelta etica, non di efficacia: si vuole punire profitti che evidentemente nella sua testa non avrebbero dovuto essere realizzati. È giusto? Brandendo slogan apparirà così, ma nella realtà mica tanto. Primo perché la filosofia utilizzata per l'operazione è fra le più contrarie al libero mercato: viene considerato immorale fare utili con il proprio business, quando invece questo è uno scopo ovvio delle società per azioni.
Secondo perché allora lo Stato che oggi prende dovrebbe dare agli stessi soggetti quando i prezzi delle materie prime dovessero crollare, e ci si infilerebbe in una spirale pericolosa. Terzo motivo perché le leggi morali sono sempre scritte con i piedi e questa non sembra sfuggire alla tradizione. Diventano poi inapplicabili perché è difficile stabilire il loro perimetro e distinguere fra crescita di fatturato e utili dovuta a ragioni di mercato (ad esempio conquistando altri Paesi e clienti) e quella dovuta alla presunta speculazione su gas e petrolio. Pioveranno ricorsi di sicuro e se li si perde anche il contributo da 200 euro potrebbe diventare un bel problema di finanza pubblica.
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Massimo Doris (Imagoeconomica)
Secondo la sinistra, Tajani sarebbe contrario alla tassa sulle banche perché Fininvest detiene il 30% del capitale della società. Ma Doris attacca: «Le critiche? Ridicole». Intanto l’utile netto cresce dell’8% nei primi nove mesi, si va verso un 2025 da record.
Nessun cortocircuito tra Forza Italia e Banca Mediolanum a proposito della tassa sugli extraprofitti. Massimo Doris, amministratore delegato del gruppo, coglie l’occasione dei conti al 30 settembre per fare chiarezza. «Le critiche sono ridicole», dice, parlando più ai mercati che alla politica. Seguendo l’esempio del padre Ennio si tiene lontano dal teatrino romano. Spiega: «L’anno scorso abbiamo pagato circa 740 milioni di dividendi complessivi, e Fininvest ha portato a casa quasi 240 milioni. Forza Italia terrebbe in piedi la polemica solo per evitare che la famiglia Berlusconi incassi qualche milione in meno? Ho qualche dubbio».
Giovanni Pitruzzella (Ansa)
Il giudice della Consulta Giovanni Pitruzzella: «Non c’è un popolo europeo: la politica democratica resta ancorata alla dimensione nazionale. L’Unione deve prendere sul serio i problemi urgenti, anche quando urtano il pensiero dominante».
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Ansa
Maurizio Marrone, assessore alla casa della Regione Piemonte in quota Fdi, ricorda che esiste una legge a tutela degli italiani nei bandi. Ma Avs la vuole disapplicare.
In Italia non è possibile dare più case agli italiani. Non appena qualcuno prova a farlo, subito si scatena una opposizione feroce, politici, avvocati, attivisti e media si mobilitano gridando alla discriminazione. Decisamente emblematico quello che sta avvenendo in Piemonte in queste ore. Una donna algerina sposata con un italiano si è vista negare una casa popolare perché non ha un lavoro regolare. Supportata dall’Asgi, associazione di avvocati di area sorosiana sempre in prima fila nelle battaglie pro immigrazione, la donna si è rivolta al tribunale di Torino che la ha dato ragione disapplicando la legge e ridandole la casa. Ora la palla passa alla Corte costituzionale, che dovrà decidere sulla legittimità delle norme abitative piemontesi.













