
Rimesse da record: i soldi che gli stranieri rimandano in patria superano gli 8 miliardi. Altro che manna per le nostre pensioni. I primi beneficiari sono Bangladesh e Pakistan.«Gli immigrati fanno i lavori che gli italiani non vogliono più fare e, per di più, ci pagano pure le pensioni». Quante volte abbiamo sentito questi luoghi comuni? Molte, forse troppe. I numeri reali, però, ci raccontano tutta un’altra storia. Infatti, se anche volessimo mettere da parte gli elevati costi politici, culturali e sociali dell’immigrazione di massa, pure dal punto vista economico il bilancio è scoraggiante. E non parliamo solo della spesa annuale che l’Italia si sobbarca per alimentare il sistema dell’accoglienza: dai 2,2 miliardi del 2014, gli stanziamenti sono cresciuti di anno in anno per arrivare ai circa 3,5 miliardi del 2023. Un’enormità. Ma, appunto, non c’è solo questo. Quando non incassano sussidi e mancette dallo Stato, dove vanno a finire i soldi guadagnati dagli stranieri? Una parte, ovviamente, va nelle casse dell’Inps. «Evviva», dirà qualcuno. Non proprio: essendo il nostro sistema pensionistico di tipo contributivo, prima o poi quei soldi dovranno essere restituiti. Quindi c’è ben poco da esultare. Ma non è finita qui. Già adesso, infatti, una grossa fetta della ricchezza prodotta dai lavoratori stranieri non rimane in Italia. Ci riferiamo al noto problema delle «rimesse», ossia i denari che gli immigrati spediscono ai familiari che abitano nei loro Paesi di origine. Togliendoli, pertanto, dal nostro circuito economico, che viene di fatto depauperato. Di che cifre parliamo? Stando ai dati forniti da Banca d’Italia, nel 2023 le rimesse hanno toccato la considerevole quota di 8,2 miliardi di euro. Eppure, fa notare la Fondazione Leone Moressa, «considerando le rimesse “invisibili” (ad esempio contanti consegnati a mano, invio di regali, ricariche telefoniche), il volume complessivo delle rimesse potrebbe oscillare tra 9,4 e 11,9 miliardi». Restiamo però alla cifra ufficiale del 2023, ossia i citati 8,2 miliardi. Come specifica sempre Banca d’Italia, questa somma è leggermente in calo rispetto al 2022 (-2,4%). Una ben magra consolazione, dato che la tendenza è comunque negativa. Ripercorrendo lo storico dei dati forniti da Palazzo Koch, notiamo che dai 3,9 miliardi del 2005 le rimesse sono raddoppiate fino ai 7,5 miliardi del 2011, per poi calare ai 5 miliardi del 2016. In seguito, però, i soldi trasmigrati all’estero hanno ripreso ad aumentare, per attestarsi negli ultimi anni intorno agli 8 miliardi di euro. Non proprio noccioline.Quali sono le nazioni che più di tutte traggono benefici da questa emorragia dell’economia italiana? La Fondazione Leone Moressa chiarisce che «il Bangladesh si conferma la prima destinazione con 1,2 miliardi di euro, pari al 14,3% del totale. Seguono Pakistan e Filippine». Analizzando lo storico dei dati, poi, «emerge un profondo cambiamento. Nel 2013, quasi un quinto delle rimesse si concentrava verso un solo Paese (la Cina). Nel 2023, invece, si ha una maggiore distribuzione e nessun Paese raggiunge il 15%. La Cina è sostanzialmente scomparsa dai flussi principali (appena 9 milioni nel 2023) e anche la Romania ha subìto un calo significativo, essendo oggi solo il sesto Paese». Disaggregando il dato nazionale, prosegue la fondazione, scopriamo che «oltre un quinto delle rimesse parte dalla Lombardia (1,8 miliardi). La seconda Regione è il Lazio, con 1,2 miliardi». A livello di singole province, invece, «Roma supera il miliardo di euro inviato nel 2023; segue Milano, con 928 milioni».Insomma, per le nazioni di destinazione si tratta di manna dal cielo: le rimesse, spiega sempre la fondazione, «rappresentano lo strumento principale attraverso cui i migranti internazionali contribuiscono allo sviluppo dei Paesi d’origine. Basti pensare che, nei Paesi a basso e medio reddito, i fondi inviati dai migranti ai loro cari superano il valore combinato dell’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) e degli investimenti diretti esteri». Tutto bellissimo. Peccato solo che a rimetterci siano, ancora una volta, i cittadini italiani.
content.jwplatform.com
Il papà di Kimi, che ieri ha rinnovato con la Mercedes, forza un posto di blocco nel circuito di Imola e rompe il ginocchio a un agente. Ora è indagato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni gravissime. Il silenzio del sindaco dem Panieri amareggia la polizia locale.
Boris Johnson (Ansa)
La conferma che dall’Africa si importa miseria arriva da Johnson, che ammette di aver usato gli stranieri per limitare stipendi e quindi inflazione. Risultato: danni ai più poveri. La stessa agenda della sinistra...
(IStock)
C’è preoccupazione per la presenza di alimenti ultraprocessati nelle mense. Il presidente Prandini: «Il comparto vale 707 miliardi, quanto 20 manovre». Federico Vecchioni (BF): «Una massa di risorse private ha identificato il mondo agricolo come opportunità».