True
2021-08-03
Gli imbrogli per vaccinare i bambini
iStock
Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico sembra un croupier che mescola i numeri e li estrae dal bussolotto, ma nessuno ha voglia di giocare a tombola con la salute dei minori. Lo scorso maggio, appena tre mesi fa, Franco Locatelli compariva in audizione davanti alle commissioni congiunte Salute e Istruzione del Senato dichiarando che il rischio Covid per i giovanissimi era «contenuto, se non irrilevante». Spiegava, infatti, che in un anno e mezzo di pandemia «il prezzo pagato in termine di vite perse nella popolazione pediatrica è stato di 19 pazienti sotto i 18 anni e spesso c'era una patologia concomitante».
Nessuna preoccupazione, dichiarava, con un sensato riferimento ad altre questioni sulle quali vigilare perché i minorenni «possono però essere esposti a stress in seguito alle misure» conseguenti al lockdown. Passano novanta giorni e il professore cambia tono, sul Corriere della Sera annuncia minaccioso che «i deceduti sotto i 19 anni in Italia sono a oggi 28» e che la vaccinazione serve perché «gli adolescenti vengono protetti dal rischio di sviluppare malattia grave o addirittura fatale». Il numero estratto questa volta dal coordinatore del Cts e presidente del Consiglio superiore di sanità non è dieci, cento volte più grande di quello rilevato a maggio: stiamo parlando di nove decessi in più tra giovanissimi.
Siamo tutti d'accordo, sarebbe meglio che nessuno morisse per malattie, incidenti, suicidi o disgrazie varie, ma se il Covid si è portato via nove under 18 in più in tre mesi non vuol dire che è stata versata una delle sette coppe dell'ira di Dio ed è ormai prossima la fine del mondo. L'Apocalisse annunciata da Locatelli dovrebbe riguardare solo il Cts e il ministero della Salute, per come trattano gli italiani a dati in faccia. Basta leggere l'ultimo rapporto dell'Iss per sapere che «l'età media dei pazienti deceduti e positivi a Sars-CoV-2 è 80 anni» e che malgrado il terrorismo da variante delta l'età mediana dei pazienti deceduti positivi al Covid «è più alta di oltre 35 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l'infezione», con età media 46 anni.
Non riempiono gli ospedali, non vanno in terapia intensiva, i decessi tra gli under 19 non raggiungono nemmeno i dieci casi in tre mesi, sono 28 in un anno e mezzo, quindi perché suonare le sette trombe? L'operazione seria, corretta sarebbe stata rendere trasparenti le cause di quelle morti, finite nel calderone di chi viene registrato vittima del Covid anche se aveva altre patologie o era caduto dalla scala mentre era in quarantena per un tampone risultato positivo. L'Iss fa sapere che al 21 luglio erano 1.479 (l'1,2%) i decessi per coronavirus di età inferiore ai 50 anni ma che «di 105 pazienti di età inferiore a 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri, 206 presentavano gravi patologie preesistenti».
Perché non è stato possibile consultare le cartelle cliniche? E perché mai la tabella, sulle patologie e complicanze più comuni osservate in questi pazienti, mette insieme la fascia di età 19-59 anni? Nell'accozzaglia spariscono riferimenti utili a capire le ragioni del decesso degli adolescenti. I pezzi grossi della Sanità preferiscono associare un numero alla cartella del terrore, in tutte le sue varianti. I giovanissimi con l'etichetta «morti per Covid» sono 28, da inizio epidemia, questa sarebbe una ragione valida per vaccinare i ragazzi perché «la protezione degli adolescenti consente di proteggere indirettamente coetanei che frequentano la stessa classe o altri luoghi di socializzazione, ma che non hanno un sistema immunitario capace di rispondere efficacemente al vaccino. Lo stesso discorso si applica ai non vaccinati che entrano in contatto con i bambini», secondo Locatelli. Edificante esempio di come non si fa una corretta comunicazione ai cittadini. Tutti i morti positivi risultano morti per Covid e tutti i morti dopo il vaccino sembrano uccisi dal farmaco, senza studi sul nesso causale.
La disinformazione dilaga, stordendo con dati e dichiarazioni tra loro discordanti. Anche il patologo Sergio Abrignani ha utilizzato i numeri dell'Iss per diffondere sconcerto. Prima ricordava che «sono circa 3 milioni» in Italia i ragazzi tra i 12 e i 17 anni, li definiva «un bacino molto vasto per l'infezione» e che «i rischi legati a Covid nei bambini non sono pari a zero», per poi contraddire il dato allarmistico riportando i dati dell'Iss, ovvero che «in questo anno e mezzo i morti tra 0 e 19 anni sono stati 28», dovuti al coronavirus. Facciamo due conti solo sul tasso di mortalità standardizzato relativo al 2016, quando per i maschi era di 2,7 decessi su 10.000 giovani di età 0-18 anni e per le femmine di 2,6. Se lo moltiplicate per i 10,7 milioni di ragazzi di quella età in Italia, ottenete rispettivamente 2.901 e 2.703 morti l'anno tra i giovanissimi. Non per Covid.
Via libera all’iniezione per i bambini pure se i genitori sono contrari
Dopo averli lasciati a casa per quasi un anno e aver organizzato la risposta al Covid sulla base delle esigenze di docenti e ultrasessantenni in generale, lo Stato italiano si ricorda dei ragazzi. Ma solo di quelli che si vogliono vaccinare e trovano un ostacolo nei genitori, che troveranno medici pronti ad ascoltarli e ottenere la dose. E in ogni caso, «la volontà del minore deve prevalere». Se invece un adolescente non vuole vaccinarsi, gli va solo detto che sarebbe meglio farlo. Tanto a lui, legalmente, possono pensare i genitori, portandolo per le orecchie a immunizzarsi. È quanto si ricava da un parere espresso dal Comitato nazionale di bioetica (Cnb), dall'impostazione nettamente pro-vaccino. Parere che arriva dopo che a ottobre lo stesso Cnb aveva messo in guardia dalla sperimentazioni di farmaci e vaccini contro il virus cinese, specie su minori, soggetti deboli e non debitamente informati. Il Comitato è una struttura di consulenza della presidenza del Consiglio, presieduta dal giurista Lorenzo d'Avack e nel quale siedono scienziati come l'immunologo Silvio Garattini e l'ex ministro della Salute Mariapia Garavaglia. Di solito si occupa di temi come l'inizio o la fine della vita, a cavallo tra scienza, diritto e filosofia, ma questa volta il comitato ha voluto dire la sua su quello che capita in mezzo.
Ebbene, il parere reso noto ieri (sette pagine in tutto) e votato all'unanimità disegna una singolare asimmetria. Se il minore vuole vaccinarsi e i genitori invece non vogliono, il ragazzo dovrà essere ascoltato da personale medico con competenze pediatriche e «la sua volontà deve prevalere, in quanto coincide con il migliore interesse della sua salute psico-fisica e della salute pubblica». Se invece il minore non vuole vaccinarsi, nonostante i genitori siano favorevoli, il Comitato se la cava con una raccomandazione: «È auspicabile e importante che l'adolescente sia informato che la vaccinazione è nell'interesse della sua salute, della salute delle persone prossime e della salute pubblica». Lo strabismo nei confronti dei ragazzi tra i 12 e i 17 anni è evidente, perché se si vogliono vaccinare, lo Stato non li lascerà soli di fronte ai genitori oscurantisti. Se invece non si vogliono vaccinare, ma i genitori sono a favore dell'immunizzazione, lo stesso Stato non entrerà nelle dinamiche familiari.
Nel parere, il Comitato aggiunge anche un passaggio che sembra liberale: dal punto di vista bioetico si ritiene corretto non introdurre l'obbligo vaccinale per legge, ma «è opportuno che, nelle circostanze di contrasto tra le parti, la volontà sia certificata per esplicitare con la massima chiarezza le rispettive posizioni, anche al fine di individuare meglio i contrasti nel tentativo di ricomporli». Già, peccato che se il minore in contrasto con i genitori si vuole vaccinare, scendono in campo i pediatri e la macchina della Salute pubblica, a costo di entrare nella sfera della potestà genitoriale. Se invece il ragazzo non si vuole vaccinare, lo Stato si gira dall'altra parte e se la cava con un auspicio alla «corretta informazione» (quella favorevole al vaccino).
Nel caso poi si abbia a che fare con un adolescente che ha malattie per le quali il vaccino è raccomandato, come il diabete o l'obesità, e i genitori si oppongano, il Cnb ricorda l'obbligo dei genitori di garantire il migliore interesse del minore «con ricorsi al comitato di etica clinica o ad uno spazio etico e, come extrema ratio, al giudice tutelare». Insomma, occhio che finisce male. Scomparso ogni riferimento alla tutela dei minori in senso contrario, come invece lo stesso Comitato aveva auspicato in un parere del 22 ottobre, nel quale si metteva in guardia dalla sperimentazione di trattamenti anti-Covid sui minorenni. E il vaccino, per ammissione unanime, è sperimentale. In compenso, a questo giro il Comitato sostiene che, obbligo o non obbligo, «rimane il dovere morale e civile di vaccinazione, come autorevolmente sottolineato dal presidente Mattarella». Lucidati i candelabri quirinalizi, resta il mistero di questi minorenni che non possono guidare la macchina e votare alle elezioni, ma per il Cnb, se vogliono vaccinarsi contro il volere di mamma e papà, vanno aiutati. Se invece sono contrari, restano minorenni. Insomma, anche con la «f» minuscola, sui vaccini c'è figliolo e figliolo.
Continua a leggereRiduci
Il capo del Cts: «28 le morti tra gli under 19, la puntura va fatta». Ma tre mesi fa parlava di nove vittime in meno e la sconsigliava.Il comitato di bioetica smentisce i suoi allarmi sulle sperimentazioni di farmaci su minori.Lo speciale contiene due articoli.Il coordinatore del Comitato tecnico scientifico sembra un croupier che mescola i numeri e li estrae dal bussolotto, ma nessuno ha voglia di giocare a tombola con la salute dei minori. Lo scorso maggio, appena tre mesi fa, Franco Locatelli compariva in audizione davanti alle commissioni congiunte Salute e Istruzione del Senato dichiarando che il rischio Covid per i giovanissimi era «contenuto, se non irrilevante». Spiegava, infatti, che in un anno e mezzo di pandemia «il prezzo pagato in termine di vite perse nella popolazione pediatrica è stato di 19 pazienti sotto i 18 anni e spesso c'era una patologia concomitante». Nessuna preoccupazione, dichiarava, con un sensato riferimento ad altre questioni sulle quali vigilare perché i minorenni «possono però essere esposti a stress in seguito alle misure» conseguenti al lockdown. Passano novanta giorni e il professore cambia tono, sul Corriere della Sera annuncia minaccioso che «i deceduti sotto i 19 anni in Italia sono a oggi 28» e che la vaccinazione serve perché «gli adolescenti vengono protetti dal rischio di sviluppare malattia grave o addirittura fatale». Il numero estratto questa volta dal coordinatore del Cts e presidente del Consiglio superiore di sanità non è dieci, cento volte più grande di quello rilevato a maggio: stiamo parlando di nove decessi in più tra giovanissimi. Siamo tutti d'accordo, sarebbe meglio che nessuno morisse per malattie, incidenti, suicidi o disgrazie varie, ma se il Covid si è portato via nove under 18 in più in tre mesi non vuol dire che è stata versata una delle sette coppe dell'ira di Dio ed è ormai prossima la fine del mondo. L'Apocalisse annunciata da Locatelli dovrebbe riguardare solo il Cts e il ministero della Salute, per come trattano gli italiani a dati in faccia. Basta leggere l'ultimo rapporto dell'Iss per sapere che «l'età media dei pazienti deceduti e positivi a Sars-CoV-2 è 80 anni» e che malgrado il terrorismo da variante delta l'età mediana dei pazienti deceduti positivi al Covid «è più alta di oltre 35 anni rispetto a quella dei pazienti che hanno contratto l'infezione», con età media 46 anni. Non riempiono gli ospedali, non vanno in terapia intensiva, i decessi tra gli under 19 non raggiungono nemmeno i dieci casi in tre mesi, sono 28 in un anno e mezzo, quindi perché suonare le sette trombe? L'operazione seria, corretta sarebbe stata rendere trasparenti le cause di quelle morti, finite nel calderone di chi viene registrato vittima del Covid anche se aveva altre patologie o era caduto dalla scala mentre era in quarantena per un tampone risultato positivo. L'Iss fa sapere che al 21 luglio erano 1.479 (l'1,2%) i decessi per coronavirus di età inferiore ai 50 anni ma che «di 105 pazienti di età inferiore a 40 anni non sono disponibili informazioni cliniche; degli altri, 206 presentavano gravi patologie preesistenti». Perché non è stato possibile consultare le cartelle cliniche? E perché mai la tabella, sulle patologie e complicanze più comuni osservate in questi pazienti, mette insieme la fascia di età 19-59 anni? Nell'accozzaglia spariscono riferimenti utili a capire le ragioni del decesso degli adolescenti. I pezzi grossi della Sanità preferiscono associare un numero alla cartella del terrore, in tutte le sue varianti. I giovanissimi con l'etichetta «morti per Covid» sono 28, da inizio epidemia, questa sarebbe una ragione valida per vaccinare i ragazzi perché «la protezione degli adolescenti consente di proteggere indirettamente coetanei che frequentano la stessa classe o altri luoghi di socializzazione, ma che non hanno un sistema immunitario capace di rispondere efficacemente al vaccino. Lo stesso discorso si applica ai non vaccinati che entrano in contatto con i bambini», secondo Locatelli. Edificante esempio di come non si fa una corretta comunicazione ai cittadini. Tutti i morti positivi risultano morti per Covid e tutti i morti dopo il vaccino sembrano uccisi dal farmaco, senza studi sul nesso causale. La disinformazione dilaga, stordendo con dati e dichiarazioni tra loro discordanti. Anche il patologo Sergio Abrignani ha utilizzato i numeri dell'Iss per diffondere sconcerto. Prima ricordava che «sono circa 3 milioni» in Italia i ragazzi tra i 12 e i 17 anni, li definiva «un bacino molto vasto per l'infezione» e che «i rischi legati a Covid nei bambini non sono pari a zero», per poi contraddire il dato allarmistico riportando i dati dell'Iss, ovvero che «in questo anno e mezzo i morti tra 0 e 19 anni sono stati 28», dovuti al coronavirus. Facciamo due conti solo sul tasso di mortalità standardizzato relativo al 2016, quando per i maschi era di 2,7 decessi su 10.000 giovani di età 0-18 anni e per le femmine di 2,6. Se lo moltiplicate per i 10,7 milioni di ragazzi di quella età in Italia, ottenete rispettivamente 2.901 e 2.703 morti l'anno tra i giovanissimi. Non per Covid.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/imbrogli-vaccinare-bambini-2654392141.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="via-libera-alliniezione-per-i-bambini-pure-se-i-genitori-sono-contrari" data-post-id="2654392141" data-published-at="1627964385" data-use-pagination="False"> Via libera all’iniezione per i bambini pure se i genitori sono contrari Dopo averli lasciati a casa per quasi un anno e aver organizzato la risposta al Covid sulla base delle esigenze di docenti e ultrasessantenni in generale, lo Stato italiano si ricorda dei ragazzi. Ma solo di quelli che si vogliono vaccinare e trovano un ostacolo nei genitori, che troveranno medici pronti ad ascoltarli e ottenere la dose. E in ogni caso, «la volontà del minore deve prevalere». Se invece un adolescente non vuole vaccinarsi, gli va solo detto che sarebbe meglio farlo. Tanto a lui, legalmente, possono pensare i genitori, portandolo per le orecchie a immunizzarsi. È quanto si ricava da un parere espresso dal Comitato nazionale di bioetica (Cnb), dall'impostazione nettamente pro-vaccino. Parere che arriva dopo che a ottobre lo stesso Cnb aveva messo in guardia dalla sperimentazioni di farmaci e vaccini contro il virus cinese, specie su minori, soggetti deboli e non debitamente informati. Il Comitato è una struttura di consulenza della presidenza del Consiglio, presieduta dal giurista Lorenzo d'Avack e nel quale siedono scienziati come l'immunologo Silvio Garattini e l'ex ministro della Salute Mariapia Garavaglia. Di solito si occupa di temi come l'inizio o la fine della vita, a cavallo tra scienza, diritto e filosofia, ma questa volta il comitato ha voluto dire la sua su quello che capita in mezzo. Ebbene, il parere reso noto ieri (sette pagine in tutto) e votato all'unanimità disegna una singolare asimmetria. Se il minore vuole vaccinarsi e i genitori invece non vogliono, il ragazzo dovrà essere ascoltato da personale medico con competenze pediatriche e «la sua volontà deve prevalere, in quanto coincide con il migliore interesse della sua salute psico-fisica e della salute pubblica». Se invece il minore non vuole vaccinarsi, nonostante i genitori siano favorevoli, il Comitato se la cava con una raccomandazione: «È auspicabile e importante che l'adolescente sia informato che la vaccinazione è nell'interesse della sua salute, della salute delle persone prossime e della salute pubblica». Lo strabismo nei confronti dei ragazzi tra i 12 e i 17 anni è evidente, perché se si vogliono vaccinare, lo Stato non li lascerà soli di fronte ai genitori oscurantisti. Se invece non si vogliono vaccinare, ma i genitori sono a favore dell'immunizzazione, lo stesso Stato non entrerà nelle dinamiche familiari. Nel parere, il Comitato aggiunge anche un passaggio che sembra liberale: dal punto di vista bioetico si ritiene corretto non introdurre l'obbligo vaccinale per legge, ma «è opportuno che, nelle circostanze di contrasto tra le parti, la volontà sia certificata per esplicitare con la massima chiarezza le rispettive posizioni, anche al fine di individuare meglio i contrasti nel tentativo di ricomporli». Già, peccato che se il minore in contrasto con i genitori si vuole vaccinare, scendono in campo i pediatri e la macchina della Salute pubblica, a costo di entrare nella sfera della potestà genitoriale. Se invece il ragazzo non si vuole vaccinare, lo Stato si gira dall'altra parte e se la cava con un auspicio alla «corretta informazione» (quella favorevole al vaccino). Nel caso poi si abbia a che fare con un adolescente che ha malattie per le quali il vaccino è raccomandato, come il diabete o l'obesità, e i genitori si oppongano, il Cnb ricorda l'obbligo dei genitori di garantire il migliore interesse del minore «con ricorsi al comitato di etica clinica o ad uno spazio etico e, come extrema ratio, al giudice tutelare». Insomma, occhio che finisce male. Scomparso ogni riferimento alla tutela dei minori in senso contrario, come invece lo stesso Comitato aveva auspicato in un parere del 22 ottobre, nel quale si metteva in guardia dalla sperimentazione di trattamenti anti-Covid sui minorenni. E il vaccino, per ammissione unanime, è sperimentale. In compenso, a questo giro il Comitato sostiene che, obbligo o non obbligo, «rimane il dovere morale e civile di vaccinazione, come autorevolmente sottolineato dal presidente Mattarella». Lucidati i candelabri quirinalizi, resta il mistero di questi minorenni che non possono guidare la macchina e votare alle elezioni, ma per il Cnb, se vogliono vaccinarsi contro il volere di mamma e papà, vanno aiutati. Se invece sono contrari, restano minorenni. Insomma, anche con la «f» minuscola, sui vaccini c'è figliolo e figliolo.
(IStock)
Tecnologia e innovazione, poi, vanno in scena nel centro di intrattenimento multidisciplinare Area15, che ha di recente ampliato la sua offerta con nuove installazioni di realtà virtuale e aumentata, rendendo ogni visita un’esperienza immersiva e coinvolgente. Qui si può vivere il brivido di un viaggio nello spazio, partecipare a giochi interattivi o assistere a performance artistiche che uniscono arte, musica e tecnologia.
Per chi cerca un’esperienza più avventurosa, sono state inaugurate nuove attrazioni come il Flyover Las Vegas, un’attività di volo simulato che permette di sorvolare paesaggi spettacolari di tutto il mondo, e la Zero Gravity Experience, un volo parabolico che permette di provare la sensazione di assenza di gravità. L’High Roller presso il Linq Hotel è uno straordinario esempio di architettura e ingegneria moderna. Con un’altezza di 167 metri, questa meraviglia di vetro e acciaio è la ruota panoramica più alta degli Stati Uniti e la seconda più alta del mondo. Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Las Vegas, la città che non dorme mai, rappresenta da decenni uno dei poli turistici più iconici al mondo. Famosa per i suoi casinò sfavillanti, i suoi spettacoli di livello mondiale e la vita notturna sfrenata, questa città del Nevada ha saputo reinventarsi nel tempo, offrendo ai visitatori esperienze sempre nuove e coinvolgenti.
Uno degli aspetti più evidenti delle novità della città riguarda il settore alberghiero. Accanto ai famosissimi e spettacolari Caesars Palace; Circus Circus, Bellagio, Paris, The Venetian, la destinazione ha visto l’apertura di hotel di lusso e resort innovativi, capaci di attirare un pubblico sempre più eterogeneo. Tra i progetti più importanti va segnalato il Resorts World Las Vegas, un complesso di oltre 6.000 camere che combina tecnologia all’avanguardia, design sostenibile e un’offerta di intrattenimento di livello superiore. Questo resort si distingue per le sue strutture eco-compatibili, tra cui sistemi di risparmio energetico e gestione sostenibile delle risorse idriche.
D’altronde Las Vegas è nata negli anni Cinquanta dal nulla in mezzo al deserto al termine dalla «Valle della Morte» e, grazie alla monumentale diga di Hoover, è completamente autonoma dal punto di vista di acqua ed energia per tutte le luci, i neon, le insegne e la potente aria condizionata che consente di resistere anche a temperature esterne che raggiungono i cinquanta gradi.
L’attrazione più popolare della città è il Las Vegas Boulevard, comunemente noto come The Strip. Tutti i nuovi e lussuosi casinò sono costruiti su questa strada.
Nel centro della città «vecchia» degli anni Cinquanta ci sono, invece, alcuni hotel e casinò più retrò. Qui una delle attrazioni più distintive dell’area urbana è Fremont Street. Questa strada ha un enorme schermo sul soffitto dove vengono proiettate immagini di ogni tipo, e offre anche una divertente zipline, che permette di restare sospesi in aria da un’estremità all’altra della strada.
La parte di ristorazione è davvero molto variegata e va dai ristoranti gourmet a quelli etnici. Molti i piatti interessanti, nessuno a buon mercato. Ovviamente, come in tutti gli Stati Uniti, si trovano fast food a ogni angolo per chi non vole spendere troppo. Tra questi, l’ottimo e moderno Washin Patato at Fontainebleau o al Stubborn Seed at Resorts World.
Per raggiungere Las Vegas una delle combinazioni più interessanti è quella con la compagnia aerea Condor (www.condor.com/it) via Francoforte con ottimi orari di volo, coincidenze e comodità a bordo. Per maggiori informazioni sulla destinazione: www.lvcva.com.
Continua a leggereRiduci
Bill Clinton e Jeffrey Epstein (Ansa)
Neanche a dirlo, è scoppiato uno scontro tra il Dipartimento di Giustizia e alcuni parlamentari. «La legge approvata dal Congresso e firmata dal presidente Trump era chiarissima: l’amministrazione Trump aveva 30 giorni di tempo per pubblicare tutti i file di Epstein, non solo alcuni. Non farlo equivale a violare la legge. Questo dimostra che il Dipartimento di Giustizia, Donald Trump e Pam Bondi sono determinati a nascondere la verità», ha tuonato il capogruppo dell’Asinello al Senato, Chuck Schumer, mentre il deputato dem Ro Khanna ha ventilato l’ipotesi di un impeachment contro la Bondi. Strali all’amministrazione Trump sono arrivati anche dai deputati Thomas Massie e Marjorie Taylor Greene: due dei principali critici repubblicani dell’attuale presidente americano.
«Il Dipartimento di Giustizia sta pubblicando una massiccia tranche di nuovi documenti che le amministrazioni Biden e Obama si sono rifiutate di divulgare. Il punto è questo: l’amministrazione Trump sta garantendo livelli di trasparenza che le amministrazioni precedenti non avevano mai nemmeno preso in considerazione», ha replicato il dicastero guidato dalla Bondi, per poi aggiungere: «La scadenza iniziale è stata rispettata mentre lavoriamo con diligenza per proteggere le vittime». Insomma, se per i critici di Trump la deadline di venerdì era assoluta e perentoria, il Dipartimento di Giustizia l’ha interpretata come una «scadenza iniziale». Ma non è finita qui. Ulteriori polemiche sono infatti sorte a causa del fatto che numerosi documenti pubblicati venerdì fossero pesantemente segretati: un’accusa a cui il Dipartimento di Giustizia ha replicato, sostenendo di aver voluto tutelare le vittime di Epstein.
Ma che cosa c’è di interessante nei file divulgati venerdì? Innanzitutto, tra i documenti pubblicati l’altro ieri, compare la denuncia presentata all’Fbi nel 1996 contro Epstein da una sua vittima, Maria Farmer. In secondo luogo, sono rispuntate le figure di Trump e Bill Clinton, anche se in misura differente. «Trump è appena visibile nei documenti, con le poche foto che lo ritraggono che sembrano essere di pubblico dominio da decenni. Tra queste, due in cui Trump ed Epstein posano con l’attuale first lady Melania Trump nel febbraio 2000 durante un evento nel suo resort di Mar-a-Lago», ha riferito The Hill. Svariate foto riguardano invece Bill Clinton. In particolare, una ritrae l’ex presidente dem in una piscina insieme alla socia di Epstein, Ghislaine Maxwell, e a un’altra donna dal volto oscurato. In un’altra, Clinton è in una vasca idromassaggio sempre in compagnia di una donna dall’identità celata: una donna che, secondo quanto affermato su X dal portavoce del Dipartimento di Giustizia Gates McGavick, risulterebbe una «vittima». In un’altra foto ancora, l’ex presidente dem è sul sedile di un aereo, con una ragazza che gli cinge il collo con un braccio. Clinton compare infine in foto anche con i cantanti Mick Jagger e Michael Jackson.
«La Casa Bianca non ha nascosto questi file per mesi, per poi pubblicarli a tarda notte di venerdì per proteggere Bill Clinton», ha dichiarato il portavoce di Clinton, Angel Ureña, che ha aggiunto: «Si tratta di proteggersi da ciò che verrà dopo, o da ciò che cercheranno di nascondere per sempre. Così possono pubblicare tutte le foto sgranate di oltre 20 anni che vogliono, ma non si tratta di Bill Clinton». «Persino Susie Wiles ha detto che Donald Trump si sbagliava su Bill Clinton», ha concluso. «Questa è la sua resa dei conti», ha invece dichiarato al New York Post un ex assistente di Clinton, riferendosi proprio all’ex presidente dem. «Voglio dire, se accendete la Cnn, è di questo che stanno parlando. Ho ricevuto un milione di messaggi a riguardo», ha proseguito. «La gente pensa: non posso credere che fosse in una vasca idromassaggio. Chi è quella donna lì dentro?», ha continuato, per poi aggiungere: «Voglio dire, è incredibile. È semplicemente scioccante», ha continuato. Vale la pena di sottolineare che né Trump né Clinton sono accusati di reati in riferimento al caso Epstein. Caso su cui i coniugi Clinton si sono tuttavia recentemente rifiutati di testimoniare alla Camera. Per questo, il presidente della commissione Sorveglianza della Camera stessa, il repubblicano James Comer, ha offerto loro di deporre a gennaio: in caso contrario, ha minacciato di avviare un procedimento per oltraggio al Congresso contro la coppia.
Continua a leggereRiduci
Il Tribunale dei minori de l'Aquila. Nel riquadro, la famiglia Trevallion Birmingham (Ansa)
Un bambino è un teste fragile estremamente suggestionabile, perché è abituato al fatto che non deve contraddire un adulto, e, soprattutto se il bambino è spaventato, tende a compiacere l’adulto e a dire quello che l’adulto vuole. Ricordiamo che esiste la Carta di Noto, un protocollo di linee guida per l’ascolto del minore in caso di presunti abusi sessuali o maltrattamenti, elaborato da esperti di diverse discipline (magistrati, avvocati, psicologi, ecc.), che sono state sistematicamente disattese per esempio a Bibbiano. Un bambino deportato dalla sua famiglia è per definizione terrorizzato. Il termine corretto per i bambini tolti dalle famiglie dalle assistenti sociali è deportazione. La deportazione avviene all’improvviso, da un istante all’altro, con l’interruzione totale di tutti gli affetti, genitori, nonni, amici, eventuali animali domestici. Il deportato è privato dei suoi oggetti e del suo ambiente e con la proibizione di contatti con la sua vita precedente. Il deportato non ha nessuna padronanza della sua vita. Questo è lo schema della deportazione. Assistenti sociali possono mentire e psicologi possono avvallare queste menzogne con interrogatori suggestivi che portano i bambini a mentire. I motivi sono tre: compiacenza verso superiori o colleghi (è già successo), interesse economico (è già successo), fanatismo nell’applicare le proprie teorie: l’abuso sessuale dei padri sui bambini è diffusissimo, una famiglia non ha il diritto di vivere in un bosco, una madre povera non ha diritto ad allevare suo figlio, i bambini appartengono allo Stato, a meno che non siano rom allora appartengono al clan, un non vaccinato è un nemico del popolo oltre che della scienza e va deportato e vaccinato (è già successo).
Un’assistente sociale può mentire. E dato che la menzogna è teoricamente possibile deve essere necessario, per legge, che a qualsiasi interazione tra lo psicologo e l’assistente sociale e il bambino sia presente un avvocato di parte o un perito di parte, psicologo o altra figura scelta dalla famiglia. È necessario quindi che venga fatta immediatamente una legge che chiarisca che sia vietato una qualsiasi interazione tra il bambino e un adulto, assistente sociale, psicologo, ovviamente magistrato, dove non sia presente un perito di parte o un avvocato. Facciamo un esempio a caso. Supponiamo (siamo nell’ambito delle supposizioni, il posto fantastico dei congiuntivi e dei condizionali) che l’assistente sociale che ha dichiarato che i bambini della famiglia del Bosco sono analfabeti, oltre ad aver compiuto il crimine deontologico gravissimo della violazione di segreto professionale, abbia mentito. Certo è estremamente probabile che i figli di una famiglia con un livello culturale alto, poliglotta, la cui madre lavora in smart working siano analfabeti. È la cosa più logica che ci sia, però supponiamo per ipotesi fantastica che l’assistente sociale abbia mentito. In questo caso è evidente che i bambini non possono tornare a casa per Natale. Se i bambini tornassero a casa in tempi brevi, non sarebbe difficile fare un video dove si dimostra che scrivono benissimo, che leggono benissimo, molto meglio dei coetanei in scuole dove il 90% degli utenti sono stranieri che non sanno nemmeno l’italiano e meno che mai l’inglese, si potrebbe dimostrare che sono perfettamente in grado di farsi una doccia da soli e anche di cucinare un minestrone.
La deportazione di un bambino, coi rapporti troncati da un colpo di ascia, produce danni incalcolabili. I bambini sono stati sottratti ai loro affetti per darli in mano a una tizia talmente interessata al loro interesse che sputtana loro e la loro famiglia davanti a tutta l’Italia e per sempre (il Web non dimentica) con affermazioni (vere?) sul loro analfabetismo e sulla loro incapacità a fare una doccia. Questi bambini rischiano di essere aggrediti e sfottuti dai coetanei per questo, si è spianata la strada a renderli vittime di bullismo per decenni. Con impressionante sprezzo di qualsiasi straccio di deontologia gli operatori, tutti felici di squittire a cani e porci informazioni che dovrebbero essere assolutamente riservate (anche questi il segreto professionale e la deontologia non sanno che cosa siano), ci informano che i bambini annusano con perplessità i vestiti che profumano di pulito. I vestiti non profumano di pulito. Hanno l’odore dei pessimi detersivi industriali reclamizzati alla televisione che deve essere la fonte principale se non l’unica da cui nasce la cultura degli operatori. I loro componenti sono pessimi, non solo inquinanti, ma anche pericolosi per la salute umana a lungo termine: stesso discorso per lo sciampo e il bagno schiuma, soprattutto negli orfanatrofi di Stato, le cosiddette case famiglie, dove si comprano i prodotti meno cari, quindi quelli con i componenti peggiori.
Nessuno dei libricini su cui hanno studiato gli operatori ha spiegato che ci sono ben altri sistemi per garantire una pulizia impeccabile. In tutte le foto che li ritraggono con i genitori, ai tempi distrutti per sempre in cui erano felici, i bambini sono pulitissimi. Tra l’altro tutte queste incredibili esperte di comportamento infantile, non hanno mai sentito parlare di comportamento oppositivo? Un bambino normale, una volta deportato con arbitrio dalla sua vita e dalla sua famiglia, può spezzarsi ed essere malleabile o può resistere ed essere oppositivo. Fai la doccia. Non la voglio fare. Scrivi. Non sono capace. Il bambino oppositivo deve essere frantumato. Non ti mando a casa nemmeno per Natale.
Sia fatta una legge immediatamente. Subito. I bambini del bosco devono avere di fianco un avvocato. Noi popolo italiano, che con le nostre tasse paghiamo i servizi sociali e la deportazione dei bambini, abbiamo il diritto a pretendere che non siano soli. I bambini nel bosco passeranno un Natale da deportati. Qualcuno si sentirà in dovere di informarci che in vita loro non avevano mai mangiato un qualche dolce industriale a base di zucchero, grassi idrogenati e coloranti e che grazie alla deportazione questa lacuna è stata colmata.
Continua a leggereRiduci
La famiglia Trevallion-Birmingham (Ansa)
È infatti una prepotenza senza significato confrontare una bomba affettiva e esistenziale come tre fratellini che giocano e si vogliono evidentemente bene, accompagnata da genitori altrettanto uniti, e naturalmente affettivi con norme e abitudini di un Paese dove il nucleo abitativo più frequente nelle città più prestigiose consiste in un cittadino singolo. Pretendere che i pochi figli superstiti in qualche «terra di nessuno», con i suoi boschi e le affettuosità (che ancora esistono fuori dalle famiglie-tipo), si uniformino ai secchi diritti e cupe abitudini del sociologico e disperato «gruppo dei pari» è un’operazione di una freddezza stalinista, per fortuna destinata allo scacco. È coltivata da burocrazie che scambiano relazioni profonde e vere, comunque indispensabili alla vita e alla sua felicità, con strumenti tecnici, adoperabili solo quando la famiglia purtroppo non c’è più, molto spesso per l’ottusità e la corruzione dello Stato stesso che le subentra (come racconta Hanna Arendt) quando è riuscito a distruggerla. Se non si vuole creare danni inguaribili, tutti, anche i funzionari dello Stato, dovrebbero fare attenzione a non sostituire gli aspetti già legati all’umano fin dalla creazione del mondo, con pratiche esterne magari infiocchettate dalle burocrazie ma che non c’entrano nulla con la sostanza dell’uomo e la sua capacità di sopravvivere.
Certo, la bimba Utopia Rose, citata nel bel pezzo di Francesco Borgonovo del 18 dicembre, è una testimone insostituibile di un’altra visione del mondo rispetto alle varie ideologie che prevalgono in questo momento, unendo ferocia e ricchezza, cinismo e follia. Impossibile di fronte ai fratellini che tanto scandalizzano le burocrazie perbene non ricordare (oltretutto a pochi giorni dal Natale) l’ordine di Gesù: «Lasciate che questi piccoli vengano a me». Nessuno dubita che entreranno nel Regno prima degli assistenti sociali. Utopia Rose, la più grande, è affettuosa e impegnata, lavoratrice e giocattolona, organizzatrice e sognatrice. Però non è sola (Come si fa a non amarla, e anche un po’ invidiarla?). Non soltanto perché ha i suoi due fratellini, e i tre quarti del pubblico fa il tifo per loro. Ma perché questa visione loro e dei genitori di cercare una vita buona e naturale, semplicemente felice e affettuosa verso sé e verso gli altri e tutto il mondo vivente, cresce con la stessa velocità con la quale si sviluppa l’idolatria verso tutto ciò che è artificiale, fabbricato, mentale, non affettivo. È già qualche anno che chi viene in analisi scopre soprattutto questo: l’urgenza di mettersi al riparo dagli egoismi e pretese grandiose, vuote e fredde, e invece amare. Ormai il fenomeno trasborda nelle cronache. Trasgressione conclusiva, dialettale e popolaresca (milanese): «Spérèm»!
Continua a leggereRiduci