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2021-06-17
Londra frena sulla profilassi per i bambini
Boris Johnson (Ansa)
Il Regno Unito frena sulla somministrazione del vaccino anti Covid a bambini e adolescenti. Il Comitato congiunto su vaccinazione e immunizzazione (Jcvi) rilascerà un documento ufficiale in proposito solo la prossima settimana, ma in queste ore ha già fatto sapere di essere contrario all'idea di una vaccinazione di massa per i ragazzini, che era stata richiesta da presidi e insegnanti nell'intento di assicurare il ritorno alla normalità a partire dal prossimo anno scolastico.
Il Jcvi si è sbilanciato e ha rivelato di non appoggiare l'idea, spiegando anzitutto che ci sono troppi rischi ancora non analizzati e che non conviene mettere in pericolo ragazzi e bambini, anche considerando che il Covid è una malattia che solo in rari casi ha creato problemi seri ai giovani. Secondo alcune statistiche, citate dal professor Calum Semple, pediatra che fa parte del comitato Sage, il Gruppo di epidemiologi che consiglia il governo, il rischio di morte da Covid per i bambini è pari ad uno per milione, come emerge dai dati del passato. Durante la prima e la seconda ondata di Coronavirus, infatti, in tutto il Regno Unito sono morti 12 bambini, un numero veramente ridotto, se si considera che i minorenni sono tra i 13 e i 14 milioni.
L'altra perplessità del Comitato consiste nel fatto che si parla di vaccinare i minorenni per proteggere la salute pubblica e ridurre la trasmissione del virus, ma se è vero che gli adolescenti sono biologicamente simili agli adulti e quindi a rischio di diffondere la malattia, le cose cambiano per i piccoli, che hanno caratteristiche diverse e hanno la metà, se non addirittura un terzo delle probabilità di diventare degli «untori». Il dubbio è se abbia senso vaccinare i bambini per il benessere degli altri, senza essere certi che sulla distanza le sostanze che si inoculano non comportino problemi per loro. Una serie di perplessità non da poco, che sono condivise anche da altri specialisti nel Paese. Nel corso dei prossimi sette giorni, il Comitato valuterà come articolare meglio la sua posizione, considerando anche se abbia senso lasciare ai genitori l'ultima parola, offrendo un margine di possibilità per la somministrazione del vaccino in casi specifici, quando ci siano malattie pregresse o genitori e parenti particolarmente fragili.
L'indicazione arrivata dagli esperti del Regno Unito non è di poco conto, dal momento che la campagna di vaccinazione promossa tra i britannici è diventata un modello, per come è stata portata avanti in modo impeccabile ed efficace. Di recente i casi di contagio sono aumentati, per via della variante Delta, ma la colpa non è tanto dei vaccini che non funzionano, quanto del fatto che probabilmente le frontiere con l'India sono state chiuse in ritardo. Al momento la campagna di immunizzazione sta procedendo senza intervalli o cambi di rotta: da ieri i cittadini che hanno tra i 21 e i 22 anni hanno iniziato a ricevere la prima dose e nelle prossime settimane cominceranno a prenotare l'appuntamento coloro che hanno tra i 18 e i 20 anni. Proprio tenendo conto di questo cronoprogramma e delle pressioni arrivate dal mondo della scuola, qualche settimana fa il governo aveva chiesto un parere al Comitato Jcvi per capire come muoversi sulla fascia dei minorenni. E la risposta fornita non è stata probabilmente quella che si attendeva. Il gruppo di esperti non ritiene appropriata la campagna vaccinale sui minorenni in questa fase, anche perché tiene conto della posizione simile assunta la scorsa settimana dalla Germania, dove il vaccino viene proposto a chi ha meno di 18 anni soltanto nel caso in cui ci siano delle patologie pregresse, mentre gli altri possono riceverlo, ma devono farne richiesta, con i genitori che si assumono ogni responsabilità in proposito. Anche Israele, che è ancora più avanti dell'Inghilterra nella campagna di immunizzazione, ha sottolineato che vaccinare gli adulti potrebbe bastare per evitare il contagio dei piccoli. In Francia è stata aperta ieri la vaccinazione per i giovani tra i 12 e i 18 anni, ma subito si è levata la voce contraria del dottor Gérald Kierzek, che ritiene questa pratica «non essenziale».
Atteggiamenti diametralmente opposti rispetto a quelli che si riscontrano in Italia, dove ormai è tutta una corsa a vaccinare anche adolescenti e preadolescenti. Come dimostra il caso del Lazio. La Regione ha stipulato nei giorni scorsi un accordo con tutte le associazioni dei pediatri per la somministrazione dei vaccini alla fascia d'età compresa tra i 12 e i 16 anni e il piano d'attacco targato Pd ha preso le mosse due giorni fa. Prevede l'utilizzo di 30.000 dosi, cominciando con i ragazzini più fragili e passando poi agli altri, che verranno invitati a tre Junior Open Day promossi nel fine settimana. Per prenotare un vaccino i genitori dovranno andare sul sito della regione e iscrivere il proprio figlio in uno dei circa 40 siti di vaccinazione messi a disposizione. Una campagna che prevede l'utilizzo del vaccino Pfizer, che è considerata al momento l'unica accettabile anche nel Regno Unito. A Londra si sta valutando se anche il Moderna possa essere offerto ai piccoli, mentre il vaccino di casa, l'Oxford-AstraZeneca, è considerato adatto solo agli over 18, anche se ormai viene somministrato esclusivamente agli adulti sopra i quarant'anni, per via dei problemi con i trombi.
Esperti contrari anche in Italia: «Effetti avversi ancora sconosciuti»
Gli scienziati britannici si sono espressi contro il vaccino ai giovanissimi. Il Comitato scientifico francese sconsiglia la vaccinazione dei minori come già accaduto in Germania. Ieri nel convegno presso la Sala «Caduti di Nassirya» del Senato, organizzato dalla Lega su iniziativa del senatore Armando Siri dal titolo: «Bambini e vaccini anti-Covid. Pro e contro», anche molti esperti italiani, tutti vaccinati e senza ombre no-vax, hanno frenato sulla campagna che invece si vorrebbe avviare con l'inizio delle scuole. Il primo motivo per evitare di vaccinare i più piccoli arriva dai numeri, come ha spiegato Maurizio Rainisio, matematico, esperto in statistica medica: «La mortalità da Covid fino ai 60 anni è irrilevante mentre è alta fino a 90 anni. Tra i giovani da 0 a 19 anni, maschi e femmine, ci sono stati 26 decessi su 10, 5 milioni di soggetti, ovvero 1 su 500.000. Inoltre i giovanissimi non hanno avuto la malattia in modo grave.
Insomma i giovanissimi non rischiano niente mentre i rischi del vaccino non si conoscono. Inoltre non vaccinare i bambini potrebbe avere beneficio per loro stessi, infatti la malattia che nei giovani è molto debole indurrebbe immunità di lunga durata e permetterebbe di restare immuni per tutta la vita o ammalarsi in modo lieve». Secondo il prof. Silvio Garattini, presidente e dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, «vanno vaccinati gli anziani e i fragili. Invece ci sono ancora oltre 3 milioni di ultra sessantenni non vaccinati. Sui minori di 12 anni non abbiamo dati, potrebbe esserci un vantaggio perché non trasmetterebbero il contagio, ma non sappiamo nulla su effetti collaterali e tossicità. Quando avremo più dati avremo tempo per decidere ed evitare eventuali danni che oggi non conosciamo e che invece dobbiamo temere se lanciassimo una vaccinazione generalizzata». Anche Edoardo Missoni, medico, specialista in Medicina tropicale, docente di salute globale, sviluppo e management delle organizzazioni internazionali Università Bocconi di Milano, ritiene necessario un confronto basato su evidenze scientifiche e ricerche realizzate senza conflitto d'interesse: «I rischi da mancata vaccinazione sui bambini sono nulli, la contagiosità molto bassa, suscettibilità all'infezione molto bassa. Con la vaccinazione dei bambini si parla di raggiungimento di immunità di gregge, ma non è vero: il vaccino contiene solo in parte la diffusione, e il nostro Paese non è un'isola. I bambini possono avere potenziali conseguenze negative, essere esposti a rischi maggiori e in età successiva possono essere più suscettibili ai farmaci».
Non vaccinerà sua figlia il prof. Giovanni Vanni Fajese, endocrinologo, docente presso Università di Roma, «Foro Italico», che ha sottolineato come il «vaccino mRNA è un profarmaco e non si sa quanta proteina spike produrrà un individuo. Potenziali effetti a insorgenza tardiva possono richiedere mesi o anni per diventare evidenti. I limitati studi sui bambini intrapresi fino ad oggi sono del tutto sottodimensionati e non possono escludere effetti collaterali gravi, anche se non comuni».
A sostegno della vaccinazione dei bambini senza dubbio è la Società italiana di pediatria che attraverso Rocco Russo sostiene che: «I bambini non sono coinvolti in modo rilevante con complicanze, ma questa è un'opportunità per mettere in atto strategie vaccinali utili a contenere complicanze nella stessa fascia pediatrica. Non c'è vaccino inutile né rischio zero, è un farmaco che ha rischi, quindi rischi e benefici, ma nessuno vuole fare del male ai bambini».
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Dopo le perplessità degli esperti israeliani, il comitato britannico per l'immunizzazione sconsiglia di ampliare la campagna vaccinale agli under 18: uno schiaffo agli ultrà nostrani della siringa. Voci critiche verso la puntura ai giovanissimi pure in Francia.Tante le criticità espresse nel convegno organizzato dalla Lega sui vaccini ai più piccoli.Lo speciale contiene due articoli.Il Regno Unito frena sulla somministrazione del vaccino anti Covid a bambini e adolescenti. Il Comitato congiunto su vaccinazione e immunizzazione (Jcvi) rilascerà un documento ufficiale in proposito solo la prossima settimana, ma in queste ore ha già fatto sapere di essere contrario all'idea di una vaccinazione di massa per i ragazzini, che era stata richiesta da presidi e insegnanti nell'intento di assicurare il ritorno alla normalità a partire dal prossimo anno scolastico. Il Jcvi si è sbilanciato e ha rivelato di non appoggiare l'idea, spiegando anzitutto che ci sono troppi rischi ancora non analizzati e che non conviene mettere in pericolo ragazzi e bambini, anche considerando che il Covid è una malattia che solo in rari casi ha creato problemi seri ai giovani. Secondo alcune statistiche, citate dal professor Calum Semple, pediatra che fa parte del comitato Sage, il Gruppo di epidemiologi che consiglia il governo, il rischio di morte da Covid per i bambini è pari ad uno per milione, come emerge dai dati del passato. Durante la prima e la seconda ondata di Coronavirus, infatti, in tutto il Regno Unito sono morti 12 bambini, un numero veramente ridotto, se si considera che i minorenni sono tra i 13 e i 14 milioni. L'altra perplessità del Comitato consiste nel fatto che si parla di vaccinare i minorenni per proteggere la salute pubblica e ridurre la trasmissione del virus, ma se è vero che gli adolescenti sono biologicamente simili agli adulti e quindi a rischio di diffondere la malattia, le cose cambiano per i piccoli, che hanno caratteristiche diverse e hanno la metà, se non addirittura un terzo delle probabilità di diventare degli «untori». Il dubbio è se abbia senso vaccinare i bambini per il benessere degli altri, senza essere certi che sulla distanza le sostanze che si inoculano non comportino problemi per loro. Una serie di perplessità non da poco, che sono condivise anche da altri specialisti nel Paese. Nel corso dei prossimi sette giorni, il Comitato valuterà come articolare meglio la sua posizione, considerando anche se abbia senso lasciare ai genitori l'ultima parola, offrendo un margine di possibilità per la somministrazione del vaccino in casi specifici, quando ci siano malattie pregresse o genitori e parenti particolarmente fragili. L'indicazione arrivata dagli esperti del Regno Unito non è di poco conto, dal momento che la campagna di vaccinazione promossa tra i britannici è diventata un modello, per come è stata portata avanti in modo impeccabile ed efficace. Di recente i casi di contagio sono aumentati, per via della variante Delta, ma la colpa non è tanto dei vaccini che non funzionano, quanto del fatto che probabilmente le frontiere con l'India sono state chiuse in ritardo. Al momento la campagna di immunizzazione sta procedendo senza intervalli o cambi di rotta: da ieri i cittadini che hanno tra i 21 e i 22 anni hanno iniziato a ricevere la prima dose e nelle prossime settimane cominceranno a prenotare l'appuntamento coloro che hanno tra i 18 e i 20 anni. Proprio tenendo conto di questo cronoprogramma e delle pressioni arrivate dal mondo della scuola, qualche settimana fa il governo aveva chiesto un parere al Comitato Jcvi per capire come muoversi sulla fascia dei minorenni. E la risposta fornita non è stata probabilmente quella che si attendeva. Il gruppo di esperti non ritiene appropriata la campagna vaccinale sui minorenni in questa fase, anche perché tiene conto della posizione simile assunta la scorsa settimana dalla Germania, dove il vaccino viene proposto a chi ha meno di 18 anni soltanto nel caso in cui ci siano delle patologie pregresse, mentre gli altri possono riceverlo, ma devono farne richiesta, con i genitori che si assumono ogni responsabilità in proposito. Anche Israele, che è ancora più avanti dell'Inghilterra nella campagna di immunizzazione, ha sottolineato che vaccinare gli adulti potrebbe bastare per evitare il contagio dei piccoli. In Francia è stata aperta ieri la vaccinazione per i giovani tra i 12 e i 18 anni, ma subito si è levata la voce contraria del dottor Gérald Kierzek, che ritiene questa pratica «non essenziale».Atteggiamenti diametralmente opposti rispetto a quelli che si riscontrano in Italia, dove ormai è tutta una corsa a vaccinare anche adolescenti e preadolescenti. Come dimostra il caso del Lazio. La Regione ha stipulato nei giorni scorsi un accordo con tutte le associazioni dei pediatri per la somministrazione dei vaccini alla fascia d'età compresa tra i 12 e i 16 anni e il piano d'attacco targato Pd ha preso le mosse due giorni fa. Prevede l'utilizzo di 30.000 dosi, cominciando con i ragazzini più fragili e passando poi agli altri, che verranno invitati a tre Junior Open Day promossi nel fine settimana. Per prenotare un vaccino i genitori dovranno andare sul sito della regione e iscrivere il proprio figlio in uno dei circa 40 siti di vaccinazione messi a disposizione. Una campagna che prevede l'utilizzo del vaccino Pfizer, che è considerata al momento l'unica accettabile anche nel Regno Unito. A Londra si sta valutando se anche il Moderna possa essere offerto ai piccoli, mentre il vaccino di casa, l'Oxford-AstraZeneca, è considerato adatto solo agli over 18, anche se ormai viene somministrato esclusivamente agli adulti sopra i quarant'anni, per via dei problemi con i trombi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/londra-frena-profilassi-bambini-2653412464.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="esperti-contrari-anche-in-italia-effetti-avversi-ancora-sconosciuti" data-post-id="2653412464" data-published-at="1623920650" data-use-pagination="False"> Esperti contrari anche in Italia: «Effetti avversi ancora sconosciuti» Gli scienziati britannici si sono espressi contro il vaccino ai giovanissimi. Il Comitato scientifico francese sconsiglia la vaccinazione dei minori come già accaduto in Germania. Ieri nel convegno presso la Sala «Caduti di Nassirya» del Senato, organizzato dalla Lega su iniziativa del senatore Armando Siri dal titolo: «Bambini e vaccini anti-Covid. Pro e contro», anche molti esperti italiani, tutti vaccinati e senza ombre no-vax, hanno frenato sulla campagna che invece si vorrebbe avviare con l'inizio delle scuole. Il primo motivo per evitare di vaccinare i più piccoli arriva dai numeri, come ha spiegato Maurizio Rainisio, matematico, esperto in statistica medica: «La mortalità da Covid fino ai 60 anni è irrilevante mentre è alta fino a 90 anni. Tra i giovani da 0 a 19 anni, maschi e femmine, ci sono stati 26 decessi su 10, 5 milioni di soggetti, ovvero 1 su 500.000. Inoltre i giovanissimi non hanno avuto la malattia in modo grave. Insomma i giovanissimi non rischiano niente mentre i rischi del vaccino non si conoscono. Inoltre non vaccinare i bambini potrebbe avere beneficio per loro stessi, infatti la malattia che nei giovani è molto debole indurrebbe immunità di lunga durata e permetterebbe di restare immuni per tutta la vita o ammalarsi in modo lieve». Secondo il prof. Silvio Garattini, presidente e dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, «vanno vaccinati gli anziani e i fragili. Invece ci sono ancora oltre 3 milioni di ultra sessantenni non vaccinati. Sui minori di 12 anni non abbiamo dati, potrebbe esserci un vantaggio perché non trasmetterebbero il contagio, ma non sappiamo nulla su effetti collaterali e tossicità. Quando avremo più dati avremo tempo per decidere ed evitare eventuali danni che oggi non conosciamo e che invece dobbiamo temere se lanciassimo una vaccinazione generalizzata». Anche Edoardo Missoni, medico, specialista in Medicina tropicale, docente di salute globale, sviluppo e management delle organizzazioni internazionali Università Bocconi di Milano, ritiene necessario un confronto basato su evidenze scientifiche e ricerche realizzate senza conflitto d'interesse: «I rischi da mancata vaccinazione sui bambini sono nulli, la contagiosità molto bassa, suscettibilità all'infezione molto bassa. Con la vaccinazione dei bambini si parla di raggiungimento di immunità di gregge, ma non è vero: il vaccino contiene solo in parte la diffusione, e il nostro Paese non è un'isola. I bambini possono avere potenziali conseguenze negative, essere esposti a rischi maggiori e in età successiva possono essere più suscettibili ai farmaci». Non vaccinerà sua figlia il prof. Giovanni Vanni Fajese, endocrinologo, docente presso Università di Roma, «Foro Italico», che ha sottolineato come il «vaccino mRNA è un profarmaco e non si sa quanta proteina spike produrrà un individuo. Potenziali effetti a insorgenza tardiva possono richiedere mesi o anni per diventare evidenti. I limitati studi sui bambini intrapresi fino ad oggi sono del tutto sottodimensionati e non possono escludere effetti collaterali gravi, anche se non comuni». A sostegno della vaccinazione dei bambini senza dubbio è la Società italiana di pediatria che attraverso Rocco Russo sostiene che: «I bambini non sono coinvolti in modo rilevante con complicanze, ma questa è un'opportunità per mettere in atto strategie vaccinali utili a contenere complicanze nella stessa fascia pediatrica. Non c'è vaccino inutile né rischio zero, è un farmaco che ha rischi, quindi rischi e benefici, ma nessuno vuole fare del male ai bambini».
La risposta alla scoppiettante Atreju è stata una grigia assemblea piddina
Il tema di quest’anno, Angeli e Demoni, ha guidato il percorso visivo e narrativo dell’evento. Il manifesto ufficiale, firmato dal torinese Antonio Lapone, omaggia la Torino magica ed esoterica e il fumetto franco-belga. Nel visual, una cosplayer attraversa il confine tra luce e oscurità, tra bene e male, tra simboli antichi e cultura pop moderna, sfogliando un fumetto da cui si sprigiona luce bianca: un ponte tra tradizione e innovazione, tra arte e narrazione.
Fumettisti e illustratori sono stati il cuore pulsante dell’Oval: oltre 40 autori, tra cui il cinese Liang Azha e Lorenzo Pastrovicchio della scuderia Disney, hanno accolto il pubblico tra sketch e disegni personalizzati, conferenze e presentazioni. Primo Nero, fenomeno virale del web con oltre 400.000 follower, ha presentato il suo debutto editoriale con L’Inkredibile Primo Nero Show, mentre Sbam! e altre case editrici hanno ospitato esposizioni, reading e performance di autori come Giorgio Sommacal, Claudio Taurisano e Vince Ricotta, che ha anche suonato dal vivo.
Il cosplay ha confermato la sua centralità: più di 120 partecipanti si sono sfidati nella tappa italiana del Nordic Cosplay Championship, con Carlo Visintini vincitore e qualificato per la finale in Svezia. Parallelamente, il propmaking ha permesso di scoprire il lavoro artigianale dietro armi, elmi e oggetti scenici, rivelando la complessità della costruzione dei personaggi.
La musica ha attraversato generazioni e stili. La Battle of the Bands ha offerto uno spazio alle band emergenti, mentre le icone delle sigle tv, Giorgio Vanni e Cristina D’Avena, hanno trasformato l’Oval in un grande palco popolare, richiamando migliaia di fan. Non è mancato il K-pop, con workshop, esibizioni e karaoke coreano, che ha coinvolto i più giovani in una dimensione interattiva e partecipativa. La manifestazione ha integrato anche dimensioni educative e culturali. Il Dipartimento di Matematica dell’Università di Torino ha esplorato il ruolo della matematica nei fumetti, mostrando come concetti scientifici possano dialogare con la narrazione visiva. Lo chef Carlo Mele, alias Ojisan, ha illustrato la relazione tra cibo e animazione giapponese, trasformando piatti iconici degli anime in esperienze reali. Il pubblico ha potuto immergersi nella magia del Villaggio di Natale, quest’anno allestito nella Casa del Grinch, tra laboratori creativi, truccabimbi e la Christmas Elf Dance, mentre l’area games e l’area videogames hanno offerto tornei, postazioni libere e spazi dedicati a giochi indipendenti, modellismo e miniature, garantendo una partecipazione attiva e immersiva a tutte le età.
Con 28.000 visitatori in due giorni, Xmas Comics & Games conferma la propria crescita come festival della cultura pop, capace di unire creatività, spettacolo e narrazione, senza dimenticare la componente sociale e educativa. Tra fumetti, cosplay, musica e gioco, Torino è diventata il punto d’incontro per chi vuole vivere in prima persona il racconto pop contemporaneo, dove ogni linguaggio si intreccia e dialoga con gli altri, trasformando la fiera in una grande esperienza culturale condivisa.
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i,Hamza Abdi Barre (Getty Images)
La Somalia è intrappolata in una spirale di instabilità sempre più profonda: un’insurrezione jihadista in crescita, un apparato di sicurezza inefficiente, una leadership politica divisa e la competizione tra potenze vicine che alimenta rivalità interne. Il controllo effettivo del governo federale si riduce ormai alla capitale e a poche località satelliti, una sorta di isola amministrativa circondata da gruppi armati e clan in competizione. L’esercito nazionale, logorato, frammentato e privo di una catena di comando solida, non è in grado di garantire la sicurezza nemmeno sulle principali rotte commerciali che costeggiano il Paese. In queste condizioni, il collasso dell’autorità centrale e la caduta di Mogadiscio nelle mani di gruppi ostili rappresentano scenari sempre meno remoti, con ripercussioni dirette sulla navigazione internazionale e sulla sicurezza regionale.
La pirateria somala, un tempo contenuta da pattugliamenti congiunti e operazioni navali multilaterali, è oggi alimentata anche dal radicamento di milizie jihadiste che controllano vaste aree dell’entroterra. Questi gruppi, dopo anni di scontri contro il governo federale e di brevi avanzate respinte con l’aiuto delle forze speciali straniere, hanno recuperato terreno e consolidato le proprie basi logistiche proprio lungo i corridoi costieri. Da qui hanno intensificato sequestri, assalti e sabotaggi, colpendo infrastrutture critiche e perfino centri governativi di intelligence. L’attacco del 2025 contro una sede dei servizi somali, che portò alla liberazione di decine di detenuti, diede il segnale dell’audacia crescente di questi movimenti.
Le debolezze dell’apparato statale restano uno dei fattori decisivi. Nonostante due decenni di aiuti, investimenti e programmi di addestramento militare, le forze somale non riescono a condurre operazioni continuative contro reti criminali e gruppi jihadisti. Il consumo interno di risorse, la corruzione diffusa, i legami di fedeltà clanici e la dipendenza dall’Agenzia dell’Unione africana per il supporto alla sicurezza hanno sgretolato ogni tentativo di riforma. Nel frattempo, l’interferenza politica nella gestione della missione internazionale ha sfiancato i donatori, ridotto il coordinamento e lasciato presagire un imminente disimpegno. A questo si aggiungono le tensioni istituzionali: modifiche costituzionali controverse, una mappa federale contestata e tentativi percepiti come manovre per prolungare la permanenza al potere della leadership attuale hanno spaccato la classe politica e paralizzato qualsiasi risposta comune alla minaccia emergente. Mentre i vertici si dividono, le bande armate osservano, consolidano il controllo del territorio e preparano nuovi colpi contro la navigazione e le città costiere. Sul piano internazionale cresce il numero di governi che, temendo un collasso definitivo del sistema federale, sondano discretamente la possibilità di una trattativa con i gruppi armati. Ma l’ipotesi di una Mogadiscio conquistata da milizie che già controllano ampie aree della costa solleva timori concreti: un ritorno alla pirateria sistemica, attacchi oltre confine e una spirale di conflitti locali che coinvolgerebbe l’intero Corno d’Africa.
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Il presidente eletto del Cile José Antonio Kast e sua moglie Maria Pia Adriasola (Ansa)
Un elemento significativo di queste elezioni presidenziali è stata l’elevata affluenza alle urne, che si è rivelata in aumento del 38% rispetto al 2021. Quelle di ieri sono infatti state le prime elezioni tenute dopo che, nel 2022, è stato introdotto il voto obbligatorio. La vittoria di Kast ha fatto da contraltare alla crisi della sinistra cilena. Il presidente uscente, Gabriel Boric, aveva vinto quattro anni fa, facendo leva soprattutto sull’impopolarità dell’amministrazione di centrodestra, guidata da Sebastián Piñera. Tuttavia, a partire dal 2023, gli indici di gradimento di Boric sono iniziati a crollare. E questo ha danneggiato senza dubbio la Jara, che è stata ministro del Lavoro fino allo scorso aprile. Certo, Kast si accinge a governare a fronte di un Congresso diviso: il che potrebbe rappresentare un problema per alcune delle sue proposte più incisive. Resta tuttavia il fatto che la sua vittoria ha avuto dei numeri assai significativi.
«La vittoria di Kast in Cile segue una serie di elezioni in America Latina che negli ultimi anni hanno spostato la regione verso destra, tra cui quelle in Argentina, Ecuador, Costa Rica ed El Salvador», ha riferito la Bbc. Lo spostamento a destra dell’America Latina è una buona notizia per la Casa Bianca. Ricordiamo che, alcuni giorni fa, Washington a pubblicato la sua nuova strategia di sicurezza nazionale: un documento alla cui base si registra il rilancio della Dottrina Monroe. Per Trump, l’obiettivo, da questo punto di vista, è duplice. Innanzitutto, punta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione irregolare. In secondo luogo, mira ad arginare l’influenza geopolitica della Cina sull’Emisfero occidentale. Vale a tal proposito la pena di ricordare che Boric, negli ultimi anni, ha notevolmente avvicinato Santiago a Pechino. Una linea che, di certo, a Washington non è stata apprezzata.
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