
Clima caldo in attesa dell’incontro di martedì, dopo il niet del primo cittadino.Si scalda la partita per l’ex Ilva. Mancano pochi giorni al tavolo, convocato martedì 12 agosto al Mimit , per la definizione dell’accordo di programma per la decarbonizzazione di Taranto. Il «giorno della verità» per il ministro Adolfo Urso, che però deve fare i conti con il veto arrivato dal Comune di Taranto, con il sindaco di centro sinistra Piero Bitetti che, senza mezzi termini, ha detto: «Non firmerò nessun accordo», sconvocando il consiglio comunale previsto per lunedì. Un gesto «irresponsabile» mormorano fonti interne al dicastero di Via Veneto, «condanna 7.000 lavoratori» tuonano i sindacati. Intanto, il Mimit ha aggiornato il bando di vendita degli impianti, con scadenza al 15 settembre, mettendo nero su bianco l’obbligatorietà della decarbonizzazione del sito tarantino e la possibilità di costruire un forno elettrico a Genova. Viene data anche la possibilità di acquisire sia l’intero complesso aziendale sia singoli rami d’azienda, con la specifica, però, che saranno privilegiate «le soluzioni che meglio garantiscono la continuità produttiva e la tutela occupazionale».Il ministro Urso chiama in causa direttamente Bitetti: al tavolo «il sindaco di Taranto dovrebbe manifestare qual è l’intendimento della città in merito alle proposte formulate da mesi con chiarezza e trasparenza». Poi l’affondo: «Il sindaco ci ha chiesto più volte di rinviare la riunione per convocare il consiglio comunale e discutere del piano. Poi invece, ci ha detto che non è necessario, che hanno preso la decisione i capigruppo della maggioranza. Insomma, ciò che prima sembrava una condizione assolutamente necessaria non è più così necessaria». L’ennesimo colpo di scena è arrivato con una nota diffusa da palazzo di città. Il sindaco, recependo le indicazioni dei capigruppo di maggioranza, ha annunciato la propria contrarietà alla firma dell’accordo proposto dall’esecutivo. I capigruppo di maggioranza hanno quindi ritenuto «superfluo convocare nei prossimi giorni il consiglio comunale in quanto» si legge «l’accordo così formulato è lacunoso e privo di garanzie per la città». Al sindaco è stato dunque chiesto non firmare l’intesa ed è stato proposto un nuovo accordo di programma con la previsione della totale decarbonizzazione entro cinque anni. Bitetti ha avanzato inoltre la proposta di adottare un decreto legge speciale per Taranto, così da mettere in campo risorse dedicate alla riconversione industriale insieme a strumenti straordinari per la rigenerazione urbana e ambientale. Urso va avanti. Ha convocato per martedì, dopo la riunione sull’accordo di programma, anche i sindacati e le associazioni d’impresa e dell’indotto ex Ilva. Confindustria, Confapie Aigi paventano «una bomba sociale senza eguali, con 15.000 addetti esclusi dal ciclo produttivo». Allerta massima anche tra i sindacati. «Chi vuole chiudere l’Ilva lo dica chiaramente e se ne assuma le responsabilità. Oggi è il momento del coraggio, della determinazione e della verità», dichiara il segretario generale Uilm, Rocco Palombella. La Fiom, con il segretario generale Michele De Palma e il coordinatore siderurgia Loris Scarpa, sottolinea la «mancanza di qualsiasi senso delle istituzioni», annunciando «iniziative di tutela sindacale per tutte le lavoratrici e i lavoratori interessati». Il segretario generale Fim, Ferdinando Uliano, afferma che «la decisione del sindaco Bitetti, e della sua maggioranza, di non sostenere il piano di decarbonizzazione condanna lo stabilimento di Taranto alla perdita di oltre 7.000 posti di lavoro, tra dipendenti diretti e dell’indotto. Ferma opposizione della Fim-Cisl e delle altre forze sindacali a questa scelta», conclude.
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