2024-11-27
        Diffida per le emissioni inquinanti. Sull’Ilva lo Stato contesta sé stesso
    
 
Ministero dell’Ambiente contro Acciaierie d’Italia. Potenziali investitori perplessi.L’industria siderurgica sempre nell’occhio del ciclone. In Germania ThyssenKrupp taglierà 11.000 posti entro il 2030, il 40% della forza lavoro attuale, e chiuderà uno stabilimento nella Ruhr. La capacità produttiva scenderà dagli attuali 11,5 milioni di tonnellate a un livello futuro di 8,7-9 milioni di tonnellate, in linea con le condizioni di mercato. Il capitolo della Thyssen si aggiunge a quello caldo dell’automotive.Mentre il settore dell’acciaio, compresso dagli alti costi energetici e dall’aumento delle importazioni a basso costo, in particolare dall’Asia, in Germania boccheggia, in Italia si assiste al paradosso dello Stato che va contro sé stesso e dei due ministeri di riferimento che procedono in ordine sparso, senza una linea comune. È quanto accade per Accaierie d’Italia, l’ex Ilva. Mentre il ministro del Made in Italy, Adolfo Urso, tesse la tela per dare un futuro all’impianto, ieri è arrivata la doccia gelata dal ministero dell’Ambiente che ha diffidato il più grande gruppo siderurgico italiano (partecipato dal pubblico, va ricordato) sulle emissioni di ossido di azoto da un altoforno. La diffida ministeriale recepisce quanto ha segnalato l’Ispra, deputato al controllo in fabbrica sul rispetto delle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale, e chiede ad Acciaierie di prendere provvedimenti per rientrare nei limiti, entro 30 giorni. In caso di inadempienza c’è il rischio di sanzioni e ulteriori provvedimenti.Facendo riferimento ad una ispezione Ispra dei mesi scorsi, il ministero contesta il superamento del valore limite giornaliero di 100 milligrammi autorizzato di esposizione per le emissioni di ossido di azoto. La diffida è stata inviata per conoscenza anche alla Procura di Taranto. Il ministero evidenzia che è previsto che l’autorità competente proceda «alla diffida e contestuale sospensione dell’attività per un tempo determinato nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate più di due volte l’anno». Il caso si riferisce al secondo trimestre di quest’anno. Acciaierie d'Italia in amministrazione straordinaria ha risposto che ritiene di poter rientrare nei limiti e che comunque i parametri vanno calcolati come media e non nei picchi.Va sottolineato, come detto, che il gruppo è partecipato dal pubblico e con la diffida da parte del ministero dell’Ambiente, è tutto un botta e risposta tra Stato e Stato. Di sicuro non un bello spettacolo da fornire agli investitori che stanno alla finestra. Il ministro Urso in più occasioni ha ribadito che per la società ucraina Metinvest c’è sempre la possibilità di presentare una manifestazione di interesse per l’ex Ilva. Al momento però questa non ha fatto alcun passo in avanti in questo senso, dopo aver deciso di investire 2,5 miliardi di euro nello stabilimento siderurgico di Piombino. Nell’incontro bilaterale tra il governo ucraino e quello italiano, l’azienda ha firmato una dichiarazione congiunta per promuovere la realizzazione di un grande impianto di produzione di acciaio green nella città toscana. L’Agenzia Nova ha riportato che a una decina di giorni dal termine della presentazione delle offerte vincolanti per il siderurgico, gli investimenti della Metinvest sono stati dirottati sullo stabilimento di Piombino. Nei mesi scorsi alcuni gruppi industriali tra cui Vulcan Green Steel, Steel Mont e Baku Steel, hanno visitato gli impianti accompagnati dai commissari straordinari di Acciaierie d’Italia. L’auspicio di Urso è la vendita «in blocco» ed evitare lo «spezzatino», che metterebbe a repentaglio posti di lavoro e rami d’azienda. «Ma c’è un problema di risorse per il rilancio del gruppo, come incentivi agli investitori. Al momento non ci sono fondi sul tavolo della trattativa, prima del 2027, come aiuti alla riconversione dell’altoforno a fondo elettrico, e questo potrebbe allontanare eventuali investitori. Se questi dovessero mollare, lo Stato si ritroverebbe sulle spalle una società che perde decine di milioni al mese» commenta Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity e analista materie prime.
        La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
    
        Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
    
        Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
    
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico. 
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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        Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)