2024-01-23
Giallo sulla giovane morta a Latina. «Non l’ha uccisa il coronavirus»
Ilenia Salaro in un immagine da Facebook
Ilenia Salaro aveva una paralisi, ha subito tre ricoveri e un intervento. In corso esami sul cuore.Morta a 35 anni, dopo tre ricoveri in ospedali diversi. Ilenia Salaro di Latina, mamma di Beatrice (5 anni) e del piccolo Leonardo di appena 4 mesi, se ne è andata in poche settimane e ora i familiari vogliono capire se soffriva di patologie non evidenziate o se ci sono stati degli errori nel curarla. Giornali e tv hanno insistito nel raccontare che aveva preso il virus di Wuhan, a metà dicembre. «Si muore ancora di Covid», è uno dei titoli preferiti, ma a Natale sia Ilenia, sia i familiari erano «tutti negativi» e festeggiavano «felici» racconta al Messaggero la suocera, Vittoria Bruscagin. Pochi giorni dopo la signora si sente male, il marito Roberto Fighera agente di polizia municipale, preoccupato chiama l’ambulanza. «Sembrava un fastidio banale, forse acufeni» e Ilenia non viene ricoverata. Quarantotto ore dopo, però, «ho visto che era ancora a letto, non era da lei» spiega la suocera, e la nuora viene portata d’urgenza all’ospedale Santa Maria Goretti di Latina con gambe e braccia paralizzate, il cuore affaticato. I medici sospettano una leucemia, viene effettuato un prelievo del midollo che non confermerebbe l’ipotesi iniziale, ma le condizioni della giovane mamma peggiorano e i sanitari decidono il trasferimento al Policlinico di Tor Vergata. Intanto, nella fattoria didattica Praces Salaro che Ilenia gestiva a Cisterna di Latina, i bambini restano in attesa di poter tornare a visitare l’allevamento di alpaca. «Ci scusiamo per il disagio», era il messaggio inserito lo sorso 9 gennaio sulla pagina Facebook dell’azienda. «Purtroppo attualmente la nostra famiglia non sta passando un bel momento e abbiamo bisogno di un po’ di tempo per rimetterci in moto. La persona che di solito gestisce chiamate, messaggi e appuntamenti non è in condizioni di poterlo fare». Ilenia non è più potuta tornare a occuparsi degli amati alpaca che mostrava con orgoglio. I problemi cardiaci si aggravano, viene operata e poi spostata al San Camillo di Roma dove morirà poco dopo il suo arrivo. «Hanno tentato di rianimarla, ma non ce l’ha fatta. Non sappiamo perché l’abbiamo trasferita subito dopo l’intervento, vogliamo sapere cosa è successo», è disperata Vittoria Bruscagin. Né lei né il figlio Roberto hanno ancora sporto denuncia, attendono di sapere l’esito dell’autopsia disposta come di prassi dal San Camillo, dove la povera signora era arrivata praticamente agonizzante. Di certo, è stato espiantato il cuore e inviato all’Università La Sapienza dove c’è un istituto di medicina legale in grado di compiere analisi approfondite. «Conosco da molti anni la suocera di Ilenia, la famiglia si è rivolta a me per avere qualche consiglio», spiega l’onorevole Luisa Regimenti, medico legale, neo coordinatrice romana di Forza Italia. «Nessun incarico mi è stato affidato», precisa l’esperta, «so venerdì che è stato eseguito il riscontro diagnostico non ai fini giudiziari, ma ancora non sono emerse evidenze. E al momento non si può correlare la morte di Ilaria al Covid».
Container in arrivo al Port Jersey Container Terminal di New York (Getty Images)
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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