
La Germania non solo usa l'euro per farsi finanziare da altri Stati, ma sfrutta anche giochi contabili non previsti dai trattati Ue per migliorare i conti. Senza artifici, il rapporto con il Pil salirebbe al 127% (adesso è formalmente al 65%), contro il nostro 131%.Sarebbe interessante chiedere ai nostri governanti quanti conoscono il libro VI del De Bello Gallico. Se vogliamo vincere la battaglia in Europa forse comportarsi come fece Labieno sulle rive del Reno, che finse la ritirata e fece fuori i treveri, sarebbe utile e del pari bisognerebbe considerare di chi sono eredi gli attuali inquilini della Deutsche republick e consoci. Sono i pronipoti di quelli che Giulio Cesare così descriveva: «Non vogliono che la gente, vinta da una costante abitudine, sostituisca la guerra con l'agricoltura. Il vanto maggiore per le loro genti è, devastate le zone di confine, di avere intorno a sé dei deserti, nel raggio più ampio». Questi erano i germani e ci siamo affidati a loro per costruire l'Europa unita. Ma i germani quella volontà di distruzione non l'hanno mai dismessa. Oggi combattono le guerra anche con i sotterfugi. Con buona pace di personaggi come Udo Gümpel che viene ospitato con licenza d'offesa all'Italia dalla televisione pubblica finanziata con i denari degli italiani, la Germania è fuori da tutte le regole dei tratti europei ed è il Paese europeo con il maggiore e peggiore debito pubblico. Solo che non si può dire. La Germania è l'unico Paese ad avere guadagnato dall'entrata in vigore dell'euro. Lo sanno in molti che evidenziano solo due aspetti: avere una moneta che consente di vendere in Europa e fuori a cambio fisso senza subire gli effetti di rivalutazione, e avere la possibilità di controllare le economie concorrenti e segnatamente quella italiana che è la seconda manifattura d'Europa. Ma la Germania ha avuto altri vantaggi che non sono noti e ruotano tutti attorno al debito. Il primo è stato quello di esportare debito pubblico, il secondo quello di ripulire la contabilità federale, il terzo quello di occultare il debito periferico. Ebbene se si depurano i conti tedeschi da questi effetti si scopre che la Germania ha un debito pubblico effettivo pari al 127% del Pil. Ci sono infinite circostanze che indicano che la Germania ha fregato i partner europei, e l'Italia in particolare. E tutto questo senza chiamare in causa il famoso debito implicito. Ce ne occuperemo prossimamente e si capirà perché la Germania insiste perché tutti facciano riforme della previdenza. Lo scopo è uno solo: pagare le pensioni ai tedeschi perché se salta l'euro i germanici non avranno i soldi per pagarsele. Sembra un paradosso che certo Tito Boeri non ha voglia di spiegare, ma è così. Stiamo ora nell'ambito dei vantaggi economici diretti che la Germania ha avuto. Li ha ben raccontati in un libro Michel Braun, economista tedesco che nel suo Mutti, la Merkel spiegata agli italiani, uscito per Laterza un paio d'anni fa, raccontava candidamente come «dal 99 l'euro abbia fatto da droga all'economia tedesca e nulla c'entrano le riforme di Gerhard Schröder quanto piuttosto che con l'euro la Germania ha avuto a disposizione una moneta fortemente svalutata. Ciò ha incrementato il surplus commerciale che la Germania ha investito in titoli di Stato dei Paesi deboli dell'Eurozona. Utilizzando lo spread come leva per incrementare i guadagni. L'Halle economici institute for economic research di Francoforte ha calcolato che grazie alla crisi greca che ha fatto risparmiare 300 punti di spread sui Bund nell'arco di cinque anni (2010-15) la Germania ha guadagnato 100 miliardi». Ovvio che ci riprovi con l'Italia. Del resto tutti sanno che dal 2010 in avanti la Germania ha esportato interamente il suo debito pubblico. Quando si parla di fuga di capitali bisogna dire che è innescata dalle regole dell'euro non dai pesi effettivi delle economie. La prova? Negli anni più acuti della crisi, tra il 2010 e il 2014, il debito pubblico tedesco è quasi raddoppiato (da 1.250 a 2.200 miliardi) ma è passato dal 60% all'85% in mano straniera. Più o meno nello stesso periodo (l'Italia è un contribuente netto del bilancio europeo: abbiamo un saldo passivo di circa 5 miliardi l'anno che dal 2010 a oggi fanno 40 miliardi) l'Italia è stata costretta a emettere 60 miliardi di titoli che vengono computati nel rapporto debito Pil, per finanziare il fondo salva Stati, cioè per salvare l'euro, salvataggio al quale la Germania ha contribuito sì per 80 miliardi senza però emettere nuovi titoli ma anzi lucrando sul fatto che la Bce con il quantitative easing ha comprato Bund più di ogni altro titolo di debito. Insomma la Germania si fa finanziare dagli altri Paesi i suoi vantaggi monetari in forza dei quali vende più prodotti schiacciando le altre economie e accumulando un surplus commerciale per oltre 400 miliardi contro tutte le regole dei trattati europei. Ma nessuno la sanziona. Ed eccoci al secondo ordine di vantaggi: quelli contabili. I tedeschi che fanno la morale a tutti sono i primi «truffatori» delle regole. Vediamo perché e poi facciamo un po' di conti.1 Cassa depositi e prestiti. Ce l'hanno anche i tedeschi e si chiama Kfw (Kreditanstalt fur Fedearaufbau) posseduta all'80% dal governo federale e al 20% dai lander. Ebbene mentre la Cdp italiana che ha circa 300 miliardi di debiti li copre con emissioni garantite dalla Stato che entrano nel computo del debito pubblico, la Kfw ha 500 miliardi di debito che però anche se garantiti dallo Stato non vengono computati nel debito pubblico perché secondo la contabilità tedesca se una società pubblica ha ricavi propri non va computata nel debito. La Kfw investe come la Cdp in società private e ne riceve un utile come la Cdp, solo che noi abbiamo 300 miliardi di debito in più e loro 500 in meno. 2 Banche pubbliche. I tedeschi che hanno sistemato i conti delle loro banche prima che scattasse il bail in (quello che ha rovinato i clienti di Banca Etruria tanto per citarne una) continuano a detenere banche pubbliche, mentre da noi sono tutte private (al netto del Mps). In particolare in Germania ci sono le sei ladersbanken che sono detenute dai lander (in maggioranza) e dallo Stato federale. Ebbene queste banche, il cui uso è politico, che sono inspiegabilmente sottratte al controllo della Bce e che sostengono le imprese tedesche in diretta concorrenza con quelle italiane, se fallissero sarebbero a carico dello Stato. Hanno in pancia crediti deteriorati per oltre 680 miliardi di euro. Che ovviamente la Germania non computa nel debito pubblico. 3 I bilanci a geometria variabile. In Italia com'è noto a tutti c'è l'obbligo del pareggio di bilancio e lo sanno bene i sindaci stretti nel patto di stabilità. In Germania no: l'unico bilancio che deve stare in pareggio è quello federale. I lander (sarebbero le regioni) hanno 600 miliardi di debiti, ma si sono presi tempo fino al 2020 per dire se pagheranno o no. E se non pagheranno dovrebbe intervenire la Bundesrepublike. Ma non basta, perché c'è una terza velocità di bilancio che è quella dei Comuni tedeschi che sono indebitati per altri 140 miliardi, ma che nessuno ha richiamato al rispetto del pareggio di bilancio.4 Il gioco delle tre carte della Bundesbank. C'è un trucco che viola tutti i trattati europei che la Germania mette allegramente in campo e da cui trae un vantaggio cospicuo. È di attualità in queste ore quando tutti si stracciano le vesti perché l'asta dei Btp è andata maluccio. In Germania non sarebbe successo, ma non perché tutti vogliono i Bund (anche se è vero), ma perché se li sarebbe comprati la Bundesbank (la Banca centrale) anche se esplicitamente i trattati europei dichiarano: «È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, così come l'acquisto diretto di titoli di debito da parte della Bce o delle Banche centrali nazionali». Il giochino è semplice. Se per caso a un'asta destinata agli investitori istituzionali i Bund non vengono tutti opzionati, allora li compra la Bundesbank che poi li ricolloca presso i risparmiatori. In questo modo la Bundesbank calmiera i tassi.Se ora sommiamo i debiti nascosti ci accorgiamo che la Germania ha circa 1.920 miliardi di debito non dichiarato. Attualmente la Germania dichiara un debito di 2.108 miliardi, pari al 65,2%. Ma se la cifra fosse quella vera, cioè 4.030, miliardi o poco meno il rapporto debito Pil schizzerebbe al 127%, non distante da quello dell'Italia, al 131,8%. E siamo ancora al netto del debito implicito che rovescerebbe le posizioni. Quando gente come Udo Gümpel va in televisione a offendere gli italiani, bisognerebbe che qualcuno lo invitasse a far di conto. Ricordandosi di Giulio Cesare.
Quest’anno in Brasile doppio carnevale: oltre a quello di Rio, a Belém si terrà la Conferenza Onu sul clima Un evento che va avanti da 30 anni, malgrado le emissioni crescano e gli studi seri dicano che la crisi non esiste.
Due carnevali, quest’anno in Brasile: quello già festeggiato a Rio dei dieci giorni a cavallo tra febbraio e marzo, come sempre allietato dagli sfrenati balli di samba, e quello - anch’esso di dieci giorni - di questo novembre, allietato dagli sfrenati balli dei bamba che si recheranno a Belém, attraversata dall’equatore, per partecipare alla Cop30, la conferenza planetaria che si propone di salvarci dal riscaldamento del clima.
La deposizione in mare della corona nell'esatto luogo della tragedia del 9 novembre 1971 (Esercito Italiano)
Il 9 novembre 1971 si consumò il più grave incidente aereo per le forze armate italiane. Morirono 46 giovani parà della «Folgore». Oggi sono stati ricordati con una cerimonia indetta dall'Esercito.
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Quarantasei giovani parà della «Folgore» inghiottiti dalle acque del mar Tirreno. E con loro sei aviatori della Royal Air Force, altrettanto giovani. La sciagura aerea del 9 novembre 1971 fece così impressione che il Corriere della Sera uscì il giorno successivo con un corsivo di Dino Buzzati. Il grande giornalista e scrittore vergò alcune frasi di estrema efficacia, sconvolto da quello che fino ad oggi risulta essere il più grave incidente aereo per le Forze Armate italiane. Alle sue parole incisive e commosse lasciamo l’introduzione alla storia di una catastrofe di oltre mezzo secolo fa.
(…) Forse perché la Patria è passata di moda, anzi dà quasi fastidio a sentirla nominare e si scrive con la iniziale minuscola? E così dà fastidio la difesa della medesima Patria e tutto ciò che vi appartiene, compresi i ragazzi che indossano l’uniforme militare? (…). Buzzati lamentava la scarsa commozione degli Italiani nei confronti della morte di giovani paracadutisti, paragonandola all’eco che ebbe una tragedia del 1947 avvenuta ad Albenga in cui 43 bambini di una colonia erano morti annegati. Forti le sue parole a chiusura del pezzo: (…) Ora se ne vanno, con i sei compagni stranieri. Guardateli, se ci riuscite. Personalmente mi fanno ancora più pietà dei leggendari piccoli di Albenga. Non si disperano, non singhiozzano, non maledicono. Spalla a spalla si allontanano. Diritti, pallidi sì ma senza un tremito, a testa alta, con quel passo lieve e fermissimo che nei tempi antichi si diceva appartenesse agli eroi e che oggi sembra completamente dimenticato (…)
Non li hanno dimenticati, a oltre mezzo secolo di distanza, gli uomini della Folgore di oggi, che hanno commemorato i caduti di quella che è nota come la «tragedia della Meloria» con una cerimonia che ha coinvolto, oltre alle autorità, anche i parenti delle vittime.
La commemorazione si è conclusa con la deposizione di una corona in mare, nel punto esatto del tragico impatto, effettuata a bordo di un battello in segno di eterno ricordo e di continuità tra passato e presente.
Nelle prime ore del 9 novembre 1971, i parà del 187° Reggimento Folgore si imbarcarono sui Lockheed C-130 della Raf per partecipare ad una missione di addestramento Nato, dove avrebbero dovuto effettuare un «lancio tattico» sulla Sardegna. La tragedia si consumò poco dopo il decollo dall’aeroporto militare di Pisa-San Giusto, da dove in sequenza si stavano alzando 10 velivoli denominati convenzionalmente «Gesso». Fu uno di essi, «Gesso 5» a lanciare l’allarme dopo avere visto una fiammata sulla superficie del mare. L’aereo che lo precedeva, «Gesso 4» non rispose alla chiamata radio poiché istanti prima aveva impattato sulle acque a poca distanza dalle Secche della Meloria, circa 6 km a Nordovest di Livorno. Le operazioni di recupero dei corpi furono difficili e lunghissime, durante le quali vi fu un’altra vittima, un esperto sabotatore subacqueo del «Col Moschin», deceduto durante le operazioni. Le cause della sciagura non furono mai esattamente definite, anche se le indagini furono molto approfondite e una nave pontone di recupero rimase sul posto fino al febbraio del 1972. Si ipotizzò che l’aereo avesse colpito con la coda la superficie del mare per un errore di quota che, per le caratteristiche dell’esercitazione, doveva rimanere inizialmente molto bassa.
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Teresa Ribera (Ansa)
Il capo del Mef: «All’Ecofin faremo la guerra sulla tassazione del gas naturale». Appello congiunto di Confindustria con le omologhe di Francia e Germania.
Chiusa l’intesa al Consiglio europeo dell’Ambiente, resta il tempo per i bilanci. Il dato oggettivo è che la lentezza della macchina burocratica europea non riesce in alcun modo a stare al passo con i competitor mondiali.
Chiarissimo il concetto espresso dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti: «Vorrei chiarire il criterio ispiratore di questo tipo di politica, partendo dal presupposto che noi non siamo una grande potenza, e non abbiamo nemmeno la bacchetta magica per dire alla Ue cosa fare in termini di politica industriale. Ritengo, ad esempio, che sulla politica commerciale, se stiamo ad aspettare cosa accade nel globo, l’industria in Europa nel giro di cinque anni rischia di scomparire». L’intervento avviene in Aula, il contesto è la manovra di bilancio, ma il senso è chiaro. Le piccole conquiste ottenute nell’accordo sul clima non sono sufficienti e nei due anni che bisogna aspettare per la nuova revisione può succedere di tutto.









