
Oggi si apre l'incontro con i capi episcopali per affrontare il tema della protezione dei minori nella Chiesa. Assenti i due cardinali che chiedono di far luce sul nodo omosessualità. Nessuna risposta alla loro lettera, né qualche cenno negli interventi dei relatori.Oggi si apre in Vaticano l'incontro tra i capi dei vescovi del mondo per affrontare il tema della protezione dei minori nella Chiesa. 190 partecipanti, tra cui 114 capi di conferenze episcopali, poi i membri del comitato organizzativo, i capi delle Chiese orientali cattoliche, alcuni vescovi che non sono inseriti in conferenze episcopali specifiche, religiosi e religiose, alcuni capi di dicasteri vaticani attinenti al problema. Ma di certo non sono presenti i due cardinali, Raymond Burke e Walter Brandmüller, che alla vigilia dell'incontro hanno diffuso una lettera, come ha riportato ieri La Verità, in cui chiedono che non si bypassi il problema dell'omosessualità nel clero, problema diffuso e che a loro giudizio non si può passare sotto silenzio in un incontro come questo.La lettera delle due porpore non ha trovato alcuna diffusione nei media ufficiali vaticani (l'ha riportata soltanto il blog ufficioso Il Sismografo), come era da attendersi, anche perché sia Burke che Brandmüller erano già usciti allo scoperto nel 2016, insieme ai defunti Carlo Caffarra e Joachim Meisner, con i famosi cinque dubia posti al Papa su alcuni passaggi ritenuti problematici dell'esortazione Amoris laetitia. Nessuna risposta ricevettero allora, nemmeno furono ricevuti in udienza privata da Francesco; è perfino ovvio che in questa occasione la loro lettera non verrà degnata di alcuna attenzione. I due sono da tempo incasellati dentro la categoria degli oppositori a Francesco, probabilmente come rigidi dottrinari incapaci di vivere la rivoluzione pastorale impressa dal papa argentino e magari ritenuti piegati da letture politiche della chiesa. La scelta operata per l'incontro che inizia oggi è chiara, si parlerà solo di abusi su minori, esclusi anche quelli a danno dei cosiddetti adulti vulnerabili, categoria che peraltro è anche prevista dalle norme vaticane sui delitti gravissimi, ma qui volutamente lasciata di lato. Altrettanto chiara è la causa individuata nell'abuso di potere, il «clericalismo» più volte richiamato da Francesco e dal cardinale di Chicago Blase Cupich, quest'ultimo vero dominus della tre giorni in Vaticano. Per i due cardinali usciti allo scoperto, concentrarsi sul «clericalismo» è fallire il bersaglio. La «radice del male che corrompe certi ambienti della Chiesa», scrivono, sarebbe da individuare nella «negazione, anche pubblica, nelle parole e nei fatti, della legge divina e naturale». Nessun cenno diretto alla questione dei preti omosessuali attivi come possibile causa del fenomeno abusi, ma affermano che «la piaga dell'agenda omosessuale è diffusa all'interno della Chiesa, promossa da reti organizzate e protetta da un clima di complicità e omertà». Il riferimento a una possibile lobby che agisce cooptandosi e autopromuovendosi appare evidente.Ma non c'è un solo relatore, tra quelli che si alterneranno da oggi nell'Aula nuova del sinodo, che affronterà questo tema. Non lo farà il cardinale filippino Luis Antonio Tagle che si concentrerà sul ruolo del pastore che si china sulle pecore ferite, non lo farà il vescovo Charles Scicluna, che parlerà di assunzione di responsabilità in una Chiesa-ospedale da campo, non lo farà il cardinale Rubén Salazar che parlerà della necessità di agire con decisione, né lo faranno i cardinali Oswald Gracias e Cupich, impegnati sulla dimensione della collegialità e responsabilità condivisa. Qualcosa, ma sarà ben difficile, potrebbe emergere dai lavori degli 11 gruppi in cui saranno divisi i partecipanti, gruppi di lingua composti da 17-18 persone, in cui potrebbero esservi (e vi sono) vescovi che la pensano come Burke e Brandmüller.Qualcuno ritiene che l'iniziativa dei cardinali Burke e Brandmüller sia ingenua e, forse, se ci si ferma ad osservare solo con uno sguardo pragmatico, è così. D'altra parte, anche tra le sacre stanze sparse tra i vari continenti, c'è chi li ringrazia per la testimonianza che offrono con queste coraggiose uscite pubbliche, convinti che prima o poi le cose dovranno venire a galla.
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