2019-07-28
Il Vaticano «epura» i seguaci di Wojtyla
Lo smantellamento dell'Istituto Giovanni Paolo II prosegue: messo alla porta anche Stanislaw Grygiel, consigliere del santo Papa polacco. L'ex arcivescovo di Milano si indigna.L'ennesimo tentativo di aggregare politicamente i fedeli dispersi ha due facce: quella del vecchio generale democristiano e quella del figlio del direttore dell'«Osservatore». L'unico collante? L'odio per Matteo Salvini.Lo speciale contiene due articoliLo smantellamento dell'istituto che Giovanni Paolo II aveva fondato nel 1981 per gli studi su matrimonio e famiglia, affidandolo alle cure dell'allora don Carlo Caffarra, prosegue di slancio. Il Gran cancelliere monsignor Vincenzo Paglia, dopo aver licenziato in tronco i due professori ordinari simbolo di quell'istituto, don Livio Melina e padre Josè Noriega, invia altre lettere, anzi mail, di allontanamento. Questa volta tocca a un altro simbolo, il professore emerito Stanislaw Grygiel, filosofo polacco amico intimo di Wojtyla e tra i fondatori dell'istituto stesso. Con lui non sono stati confermati altri collaboratori come la professoressa Maria Luisa Di Pietro, insegnante di bioetica, il giovane e brillante professore Przemyslaw Kwiatkowski, suor Vittorina Marini e la figlia di Grygiel, la dottoressa Monika, psichiatra che da 11 anni teneva corsi di psicologia della famiglia sia nel corso ordinario che nei vari Master. I loro contratti di collaborazione non possono essere rinnovati perché nel progetto di ristrutturazione non c'è più spazio per i loro corsi e poi vi sarebbero anche motivazioni economiche. Grazie e arrivederci. Non si sa ancora che fine farà la cattedra Wojtyla, il cui direttore è proprio il professor Grygiel, e qui bisognerà capire cosa succederà perché dietro vi è anche una fondazione privata con i suoi importanti proventi.Il progetto di «ristrutturazione» dell'istituto è un attentato alla eredità magisteriale di Giovanni Paolo II, il santo Papa polacco canonizzato per precisa volontà di papa Francesco in tandem con Giovanni XXIII. Che le cose stiano in questi termini trapela da diversi elementi. Uno dei quali è anche il «mi piace» che il cardinale Angelo Scola, preside dell'istituto dal 1995, succedendo proprio a Caffarra, ha messo al tweet del vaticanista del Foglio Matteo Matzuzzi: «Silurato dall'Istituto Giovanni Paolo II il professor Stanislaw Grygiel, allievo di Karol Wojtyla divenuto poi suo consigliere. Epurazioni in corso». E Scola mette il suo significativo «mi piace» accendendo il cuoricino social, mentre il cuore di Paglia avrà accelerato un po' i suoi battiti.L'oscuramento della cattedra di teologia morale di don Livio Melina, già assistente di Caffarra e poi preside dell'istituto, è l'esempio più chiaro del senso di questa «ristrutturazione» di cui ha parlato il preside Pierangelo Sequeri in un'intervista concessa ad Avvenire per dettare la linea. Questa svolta, ha detto il preside, è «per l'elaborazione di strumenti di intelligenza teologicamente condivisibili e pastoralmente adeguati alla contemporaneità», una formuletta di parole molto musicale, ma che solleva qualche domanda. Il tutto, infatti, ha una genesi lontana ed è stato perfezionato durante il controverso doppio sinodo sulla famiglia che portò lo stesso Caffarra a firmare poi i famosi dubia al Papa. Dubia a cui Francesco non ha mai risposto, né mai ha accolto i cardinali in udienza per ascoltarli, come si dice, in camera caritatis. La «ristrutturazione», culminata con i nuovi statuti, invece, pare sia avvenuta proprio senza fare la dovuta chiarezza. Dopo la pubblicazione del Motu proprio di Francesco che dava il là alla ricreazione dell'istituto, nel 2018 Paglia ha proposto al Consiglio d'istituto e al Consiglio internazionale d'istituto (che quindi comprendeva anche le sedi sparse in vari continenti) una bozza del nuovo statuto che però ha trovato resistenze. Gli emendamenti proposti da una sottocommissione interna sono stati poi consegnati allo stesso Paglia, che però li ha trattenuti per due mesi senza mandarli in visione ai vicepresidi delle sedi internazionali. Quindi lo sprint finale: nel giugno scorso Paglia dichiara di aver già mandato tutto alla congregazione vaticana per l'educazione, il tutto con approvazione di papa Francesco. L'11 luglio la congregazione ha messo un bel timbro e approvato definitivamente. Con buona pace dei vari vicepresidi in giro per il mondo che si sono visti recapitare la bozza consegnata in congregazione tra il 27 e il 28 giugno, chiedendo loro di esprimersi entro il 2 luglio.Agli studenti che mercoledì scorso hanno scritto una lettera al preside Sequeri per avere rassicurazioni su come si intende preservare l'identità dell'istituto, ha risposto venerdì pomeriggio il Gran cancelliere Paglia. Ha indicato due link di interventi di Sequeri: l'intervista ad Avvenire e un pezzo sull'Osservatore Romano, rispondendo che è qui che possono comprendere «l'attuazione concreta dell'approvazione degli statuti». Risposte nel merito non pervenute, però ha augurato agli studenti «un meritato riposo estivo». A Giovanni Paolo II e al suo magistero, pare che, invece, resti solo il meritato riposo eterno.Lorenzo Bertocchi<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-vaticano-fa-piazza-pulita-dei-fedelissimi-di-wojtyla-e-scola-sbotta-epurazione-2639400222.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="a-rifare-la-balena-bianca-bergogliana-ci-pensano-de-mita-e-monda-junior" data-post-id="2639400222" data-published-at="1758063716" data-use-pagination="False"> A rifare la Balena bianca bergogliana ci pensano De Mita e Monda junior La pulzella di Orléans ha 91 anni. Se è vero che «l'età non è un tempo della vita, ma un modo di essere della mente», Ciriaco De Mita ha pure le sue buone ragioni a imbracciare lo spadone per provare a portare a termine una missione che non riesce dai tempi del compromesso storico: aggregare i cattolici e renderli maggioranza nel Paese «per contrastare sovranisti e populisti». Individuato il nemico, il resto è egualmente difficile perché lo sfaccettato mondo che fa riferimento ai valori della Chiesa è disperso ai quattro angoli della politica. E neppure sa esattamente quali siano quelli che il Vaticano considera ancora valori. In attesa di chiarimenti -e con l'unica certezza di ritrovarsi tutti idealmente sulla banchina di Lampedusa dove attraccano i migranti -, De Mita e i suoi fratelli hanno varato la Rete bianca, un movimento pronto a diventare partito e di conseguenza gamba da sacrestia della coalizione di centrosinistra. È ciò che emerge da due eventi in rapida successione. Il primo a Nusco, nel feudo demitiano, con l'aggregazione locale dei postdemocristiani irpini che già hanno annunciato di essere disponibili a scendere in campo alle prossime elezioni regionali (al fianco di Vincenzo De Luca). Il secondo a Roma, nello storico Palazzo delle cooperative, con il chiaro intento di trasformare al più presto il movimento in partito e con un'idea di costruzione piramidale del direttivo. Oltre a colui che Gianni Agnelli definì «un intellettuale della Magna Grecia», ecco fidati e sperimentati colonnelli come l'ex leader del Centro cristiano democratico Marco Follini, l'ex ministro Francesco D'Onofrio, Lorenzo Dellai (Democrazia solidale) e Giorgio Merlo (Mdp di Pier Luigi Bersani), tutti a vario titolo professionisti del trekking costituente attorno ad ogni Cosa Bianca spuntata negli ultimi anni all'ombra di San Pietro. Era da mesi che le tessitrici preparavano la bandiera prendendo spunto dai 60 anni dalla morte di don Luigi Sturzo e dal suo appello ai «Liberi e forti» adattato ai giorni nostri. Un'operazione impervia perché oggi quei liberi sono di fatto incistati nell'ala sociale del Pd (senza diritto di parola su temi come l'utero in affitto e l'eutanasia) e quei forti sono debolissimi, non avendo alle spalle un elettorato strutturato. Per provare a raccogliere il consenso delle parrocchie e dei movimenti giovanili vagamente apartitici, il primo obiettivo dell'ultima Cosa bianca è accreditarsi come partito di papa Francesco. E per riuscirci, ecco la sorpresa: l'inserimento in organigramma di Dante Monda, il figlio del direttore dell'Osservatore Romano, garanzia di una solida sponda con il cerchio magico vaticano. Una sorta di benedizione, vista con grande favore dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che il giorno dopo le ultime elezioni ha cominciato a costruire con discrezione e passo felpato un'alternativa cattolico-moderata alla maggioranza M5s-Lega. Il rassemblement non può prescindere dal consenso della Chiesa, che si trova politicamente spaesata dopo il fallimento del riformismo renziano a sinistra e il declino anagrafico (e progettuale) della sponda berlusconiana di Forza Italia nel centrodestra. Isole nella corrente, tenute insieme da un unico collante sottolineato nell'incontro romano un po' da tutti: «La costruzione di un partito per dialogare con i tanti centristi delusi che oggi si trovano nel Pd e in Forza Italia, ma che non vogliono essere risucchiati da Lega e 5 stelle». Il movimento guarda a sinistra, ma non troppo, quindi all'esperienza europeista di Emma Bonino. Un nome che piace a Mattarella, al suo vecchio compagno di viaggio De Mita e anche a padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, il gesuita che sussurra a Francesco. Siamo solo all'inizio, ma la scelta dell'icona radicale sembra già dettata dalla forza della disperazione. La Bonino perde trionfalmente ogni elezione da un decennio e rappresenta una forte contraddizione rispetto ai valori della base potenziale, che non ha mai metabolizzato il suo passato da paladina di ogni battaglia anticlericale. Su quel nome, democristiani dal sangue blu come Gianfranco Rotondi e Rocco Buttiglione scapperebbero a gambe levate. La contraddizione della Chiesa di Francesco («aperta ai migranti ma disinteressata alle sorti degli italiani», parola dei numerosi preti dissidenti sul territorio) rischia di diventare una precondizione negativa per la Rete bianca, che non si sa quali pesci possa evangelicamente trarre a bordo dal mare elettorale. A guardare con rispetto ma anche con disillusione l'ennesimo tentativo di mettere insieme i cattolici sono quelle associazioni potenti e radicate come la Comunità di Sant'Egidio, le Acli e la Cisl, che soprattutto al Nord non è solo un sindacato, ma un aggregatore di consensi laici nel mondo del lavoro. A inizio anno, quando l'idea muoveva i primi passi, all'interno della Cei era stato fatto informalmente il nome di Marco Bentivogli come potenziale leader. Giovane, social, con ottime sponde romane, sembrava poter essere un profilo su cui puntare. Poi il silenzio di mesi ed ecco spuntare all'improvviso la pulzella di 91 anni a brandire il vessillo dello scudo crociato. Le vie del Signore sono davvero infinite. Giorgio Gandola