2020-07-21
Il Vaticano a corto di preti si affida ai laici e ferma le messe a gettone
La Santa Sede s'arrende: anche chi non ha preso i voti celebrerà esequie, battesimi e matrimoni ma solamente «a prudente giudizio» del vescovo. Le offerte per i sacramenti dovranno essere libere: «Non sono una tassa».La vita delle parrocchie viene reimpostata con una «istruzione» pubblicata ieri dal Vaticano con il titolo «La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa». In sostanza però nulla di veramente nuovo, a parte la «conversione pastorale» per una «chiesa in uscita» che ormai da sette anni abbondanti rappresenta lo slogan più ripetuto al di là del Tevere. Non sono novità, infatti, quelle su cui hanno insistito ieri alcuni giornali, non è una rivoluzione che un laico, in via «eccezionale» e solo nel rispetto di diverse condizioni già previste dal diritto canonico, possa somministrare il battesimo o celebrare il rito del funerale o assistere a un matrimonio (sono, infatti, gli sposi i ministri di questo sacramento e non il prete). Peraltro, l'istruzione firmata dal cardinale Beniamino Stella, prefetto della congregazione per il clero, ribadisce in modo netto che i laici non potranno «in alcun caso» tenere l'omelia durante la messa.Ma l'istruzione, che pur ha l'intento di provare a cambiare rotta, è l'ennesima certificazione di una crisi epocale, una crisi che le parrocchie vivono in maniera evidente. La vera novità, se così si può dire, è che il Vaticano ratifica la diminuzione drammatica del clero e in qualche modo la crisi finanziaria che svuota sempre di più le cassette delle offerte delle diocesi. Per questo l'istruzione spiega come il vescovo possa procedere a erigere un gruppo di parrocchie, oppure crei le cosiddette «unità pastorali», aree omogenee in cui spesso alcuni sacerdoti condividono la cura d'anime trotterellando di chiesa in chiesa. In Italia cominciamo ad avvertire la gravità della situazione, ma nel centro nord Europa la necessità di raggruppare e avvalersi di laici in determinate condizioni è da tempo una trista realtà. Nulla a che vedere con le vastità geografiche amazzoniche e le conseguenti carenze di sacerdoti, l'ultimo sinodo pan-amazzonico si è spaccato proprio sul ruolo dei cosiddetti «viri probati» e la possibilità di farli sacerdoti seppur sposati, ma in Europa trattasi più semplicemente di crisi del sacro e della fede. Recentemente è uscita la notizia che l'arcidiocesi di Friburgo, Germania, è alle prese con una «riforma strutturale» che dalle 1.000 parrocchie esistenti passerebbe a 40, raggruppandole. Stessa cosa nella diocesi di Treviri che dalle quasi 900 parrocchie passerebbe a un frugalissimo numero di 35. Per tacere delle chiese che nelle diocesi d'Olanda e Belgio sono frequentemente vendute al miglior offerente che fiuta l'affare di location cool per farne un ristorante, una palestra o una discoteca.Si può anche chiamarla «novità», ma è semplice urgenza dovuta alla carenza di preti e di fedeli. In Francia, tanto per fare un altro esempio, solo il 5% della popolazione va a messa la domenica, come attestava una ricerca già nel 2014. Per questo l'istruzione pubblicata ieri ha certamente ragione: occorre una «conversione pastorale in senso missionario», ma non saranno concetti vaghi a risolvere il problema, anche perché alla fine persino il documento stesso riconosce che restano centrali l'Eucaristia e la figura del sacerdote. Cioè due elementi forti e controculturali che richiedono sì rinnovamento, ma soprattutto fede. È questo l'ingrediente importante senza il quale la «parrocchia inclusiva, evangelizzatrice e attenta ai poveri» potrebbe rischiare di confondersi con qualche ong.La parrocchia baluardo della cristianità, strumento basilare di una società più statica e legata alla terra, si trova oggi a nuotare in acque difficili in cui, dice l'istruzione, «l'accresciuta mobilità e la cultura digitale hanno dilatato i confini dell'esistenza» e le persone vivono e lavorano secondo una dimensione di liquidità fisica e morale. Forse, come diceva un grande mistico come don Divo Barsotti, bisogna avere anche il coraggio di «cominciare a pensare non più esclusivamente in termini di parrocchia». Ma d'altro canto si potrebbe rilevare che anche la stagione dei cosiddetti movimenti conosce un periodo di difficoltà, dopo l'ubriacatura degli anni Ottanta e Novanta in cui sembrava che il futuro della chiesa fosse tutto lì. In fondo anche l'istruzione pubblicata ieri va ai fondamenti, e pur nel fiume di parole, rimanda alla urgenza di una riscoperta dell'iniziazione cristiana e al senso di appartenenza alla comunità. Non saranno i consigli pastorali, né quelli per gli affari economici a fare la differenza, sebbene gli esempi «virtuosi» nella gestione del denaro siano importanti.Proprio parlando delle offerte si conclude l'istruzione, per ricordare ai sacerdoti di «non dare l'impressione che la celebrazione dei sacramenti e le altre azioni ministeriali possano essere soggette a tariffari». Senza nascondersi però che va promossa una certa «sensibilizzazione» dei fedeli per «contribuire volentieri alle necessità della parrocchia», altrimenti più che una chiesa povera per i poveri resterebbe solo una chiesa poveraccia.