2020-08-12
Il tunnel di Messina è solo una toppa per il Recovery fund
Paola De Micheli (Pool/Getty Images)
Rispolverato un progetto del 2017, ispirato a un piano del 1870. Il governo cerca disperatamente idee per non perdere i soldi.Il tema dell'attraversamento dello stretto di Messina è come il peperone. Si ripropone sempre. Ed è quantomai utile e tempestivo che lo faccia proprio ora, con il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Paola De Micheli, che vede sgretolarsi sotto i suoi occhi la soluzione concordata con Atlantia della famiglia Benetton per il futuro assetto di Autostrade per l'Italia. Per mettere in ombra l'imbarazzante vicenda, nulla di meglio, per la De Micheli, che cogliere al balzo le parole pronunciate domenica dal presidente Giuseppe Conte («Sullo Stretto dobbiamo pensare a un miracolo di ingegneria. Una struttura ecosostenibile, leggera, che tuteli l'ambiente, anche sottomarina») e rimettere sotto la luce dei riflettori un tema che si ripropone da quasi 30 anni e i cui studi di fattibilità sono costati finora 320 milioni.ingegneriE così lunedì il ministro non ha esitato a dichiarare all'Ansa che «presenteremo la nostra proposta in sede di Recovery fund per completare il collegamento tra Messina e Reggio Calabria». Abbiamo avuto una proposta - ha spiegato De Micheli - da parte di un gruppo di ingegneri «che ci ha sottoposto questa ipotesi del tunnel sottomarino al posto del ponte sullo Stretto di Messina». E proprio ieri fonti del Mit hanno confermato all'Agi che «è in corso l'analisi tecnica di una proposta progettuale ricevuta dal Mit sul tunnel fra la Calabria e la Sicilia». Ma non c'è alcuna novità. Con mossa quantomai opportuna, è stato semplicemente ripescato da qualche polveroso cassetto, come documenta la stessa agenzia, un progetto presentato a giugno 2017, quando il ministero era affidato a Graziano Delrio, dall'ingegnere Giovanni Saccà, che a sua volta riprende ciò che scrisse nel 1870 l'ingegnere Carlo Alberto Navone. Una storia vecchia di 150 anni. Risparmiamo al lettore tutte le oziose disquisizioni tecniche sulle diverse configurazioni di ponte o tunnel disponibili, buone solo per animare le discussioni sotto l'ombrellone, e concentriamoci invece sul vero tema che traspare da questo annuncio del ministro.Il Next generation Eu da 750 miliardi - di cui 672,5 sono relativi al Dispositivo per la ripresa e la resilienza - prevede che siano sottoposti alla valutazione della Commissione, da eseguirsi entro due mesi dalla presentazione, i relativi piani. L'accordo tra i leader il 21 luglio stabilisce che «nella valutazione il punteggio più alto deve essere ottenuto per quanto riguarda i criteri della coerenza con le raccomandazioni specifiche per Paese, nonché del rafforzamento del potenziale di crescita, della creazione di posti di lavoro e della resilienza sociale ed economica dello Stato membro. Anche l'effettivo contributo alla transizione verde e digitale rappresenta una condizione preliminare ai fini di una valutazione positiva». Sempre secondo tale accordo, «la valutazione dei piani per la ripresa e la resilienza deve essere approvata dal Consiglio, a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, mediante un atto di esecuzione che il Consiglio si adopera per adottare entro quattro settimane dalla proposta». Infine, «un obiettivo climatico generale del 30 % si applicherà all'importo totale della spesa a titolo del Qfp e di Next generation Eu e si tradurrà in obiettivi adeguati nella legislazione settoriale».Se si considera che siamo già a metà agosto e che Commissione e Consiglio avranno bisogno di tre mesi per rendere esecutivi i piani, ne deriva che, per cominciare a impegnare le risorse a partire da gennaio 2021 - e impegnarne almeno il 70% entro il 2022 - i piani devono giungere a Bruxelles entro fine settembre, cioè sei settimane da oggi. «Vaste programme», avrebbe commentato il generale Charles de Gaulle. Inoltre, i criteri e le condizioni di ammissione prima elencati rendono ancora più rigorosa la selezione dei progetti ammissibili. Quanti riusciranno a soddisfare la condizione preliminare del contributo alla transizione verde e digitale? Ecco l'urgenza di aprire e rovistare in gran fretta in tutti i cassetti dei ministeri per trovare qualcosa che riesca a superare la valutazione della Commissione. E cosa c'è di meglio del sempiterno attraversamento dello Stretto, un abito buono per tutte le stagioni? La difficoltà di tale operazione è testimoniata dal discreto tasso di bocciatura che ha distinto le prime schede progettuali inviate dai ministeri a Palazzo Chigi. impresa titanicaSta lentamente emergendo un tema che caratterizza, non da oggi, il nostro rapporto con i fondi della Ue, soprattutto quelli del bilancio ordinario: le finalità e le destinazioni d'uso dei fondi provenienti da Bruxelles non coincidono perfettamente con quelle desiderabili per il nostro Paese. L'atavica incapacità di spesa di quei fondi dipende anche dal collo di bottiglia delle finalità: difficile spendere soldi per il rifacimento degli infissi, peraltro con nostro cofinanziamento, quando manca il denaro per fare la spesa. Da qui la difficoltà di spendere i circa 10 miliardi l'anno che incassiamo (sempre meno dei 17 versati nel 2018) e la titanica impresa di riuscire a impegnare in tre anni gli oltre 200 del Next generation Eu per fare cose che coincidono più con gli interessi del blocco industriale francotedesco che con quelli italiani. E allora, che parta la corsa a rovistare nei cassetti.