2018-12-13
Il terrorista solitario fa strage e umilia la Francia
L'islamico Chérif Chekatt che ha colpito a Strasburgo in nome di Allah era noto alla polizia e doveva essere arrestato martedì mattina. Ma gli agenti se la sono presa comoda e se lo sono lasciati sfuggire per ben tre volte (una in taxi). E adesso dicono che forse ha varcato i confini. Il terrorismo islamico fa paura. Ma anche la polizia francese non scherza. Il giorno dopo l'attacco a Strasburgo, morti e feriti nel cuore dell'Europa, fa venire i brividi pensare che, anche se nel frattempo c'eravamo un po' distratti, la minaccia non è per nulla finita. Anzi, cresce sempre di più l'odio di chi ci vuole distruggere nel nome di Allah. Ma ancor più fa venire i brividi pensare che a difenderci in giro per il mondo non ci sono i nostri bravi poliziotti e carabinieri (che Iddio ce li conservi), ma forze dell'ordine come quelle messe in campo da monsieur Macron. Roba che al confronto, l'ispettore Clouseau è Rambo. Se ho capito bene, infatti, (e temo di aver capito bene), è andata così. Il terrorista responsabile dell'attentato si chiama Chérif Chekatt, 29 anni, passaporto francese e origine maghrebina. Un soggetto noto e stranoto alle forze dell'ordine: ha collezionato infatti 25 condanne, è stato più volte incarcerato, è stato espulso dalla Germania ed è schedato in Francia con la famigerata «S», quella che si riserva agli islamici radicalizzati, potenziali terroristi. Un tipetto poco raccomandabile, insomma. Che, infatti, veniva tenuto costantemente sotto controllo. Il giorno della strage, per dire, gli infallibili gendarmi francesi piombano a casa sua in rue d'Epinal, zona sud della città, sospettando che stia architettando qualcosa. Vogliono arrestarlo. Ma purtroppo anziché sorprenderlo alle prime luci dell'alba, come si usa in questi casi, aspettano le 10 (giusto il tempo di un croissant, monsieur le comandant) e così il terrorista è già volato via. Che disdetta, c'est vrai? Ligi comunque al dovere e indefessi (mi raccomando: inde) come pochi, i poliziotti francesi non sono comunque rimasti con le mani in mano. Infatti hanno perquisito la maison palmo a palmo, et voilà hanno trovato bombe, fucili, coltelli, munizioni. Un piccolo arsenale, insomma. A questo punto hanno intuito (geniali come sono) che in effetti Chérif Chekatt non teneva quelle armi per giocare al piccolo soldatino e neppure per candidarsi a una rubrica fissa sul periodico Armi&Tiro, edizione francese. No, le teneva per fare un attentato. «Guarda un po', forse è pericoloso davvero», si saranno detti l'un l'altro dandosi di gomito, compiaciuti della loro arguzia. Senza considerare però che, nel frattempo, il pericoloso terrorista, poco sensibile all'arguzia altrui, se n'era andato. E si stava aggirando indisturbato per la città. Immaginiamo, però, che la caccia all'uomo sia partita subito, ancor prima di avere digerito il primo croissant e la prima brutta figura. C'è un pericoloso terrorista sfuggito alla cattura che si aggira per la città: che fai? Lo catturi subito, no? Sembra necessario. E non dovrebbe essere nemmeno difficile, dal momento che Strasburgo non è certo Los Angeles e neppure Città del Messico, ma una piccola città e per di più super controllata nei giorni in cui si tiene la seduta plenaria del Parlamento europeo. Invece niente. I poliziotti francesi non gliela fanno. Non lo catturano. Chérif Chekatt, infatti, ricompare, solingo e indisturbato, alle 19.50, dopo aver passato un intero giorno da uccel di bosco, prendendosi beffe di chi lo sta cercando senza sosta. E dove compare? Nel cuore del mercatino di Natale di Strasburgo. Cioè nel luogo più super controllato della città più super controllata. Ma a lui i controlli fanno un baffo. Infatti apre il fuoco in assoluta tranquillità. Spara, uccide e ferisce senza che nessuno tenti nemmeno di bloccarlo. A questo punto, però, uno immagina che la cattura sia immediata. Non vi pare? Il terrorista è sfuggito al mattino, l'hanno inseguito inutilmente tutto il giorno, ricompare nel centro della città, nel luogo più frequentato da forze dell'ordine che si possa immaginare: zac, è un attimo, uno pensa, gli saranno addosso e lo bloccheranno. Invece no: Chérif riesce ancora a scappare. Con oltre 400 gendarmi che gli danno la caccia, nel pieno centro super controllato della città super controllata, lui scappa. Viene intercettato, però, dopo circa mezz'ora poco distante. Nuovo inseguimento, nuova sparatoria. E una persona normale, che è sempre pronta a tifare per le guardie anziché per i terroristi, penserà: adesso lo prendono davvero, dai. Sono in 400 contro uno. Non può scappare. Invece no. Il terrorista scappa di nuovo. E come scappa? Tenetevi forte: in taxi. Giuro: scappa in taxi. «Pronto, scusi, è il 6969? Il 3570? Può venirmi a prendere? Sa ho appena fatto una strage… Sì, troverà un po' di polizia ma non si preoccupi, loro ci fanno passare». Se non fosse una tragedia ci sarebbe perfino da ridere. È tutto tremendamente tragicomico. Sul taxi infatti il terrorista si vanta delle sue imprese mentre i 400 poliziotti alle sue calcagna (alle sue calcagna: si fa per dire) s'interrogano misteriosamente per capire dove sia finito. E perché sia così ingrato da non farsi trovare: ma non lo sa, che è tutto il giorno che gli agenti lo stanno pedinando inutilmente? Niente. Il terrorista scappa ancora. E anzi, somma beffa, sapete dove si fa lasciare? Vicino a casa sua (che evidentemente nessuno aveva pensato di presidiare come si deve). Ma non proprio davanti. No, 300 metri più in là. Davanti alla stazione di polizia. Il terrorista che fugge in taxi e si fa lasciare davanti alla stazione di polizia è, io credo, una vetta dell'assurdo che non potrà essere facilmente eguagliata. Ma anche una prova inconfutabile della assoluta incapacità dei gendarmi francesi. I quali, in 400, dopo un giorno passato a peregrinare per la città, senza mai riuscire ad acciuffare il terrorista né prima né dopo la strage, arrivano nel luogo dove è stato segnalato il fuggiasco e circondano l'edificio, determinati come solo loro sanno essere. Salvo accorgersi che, nel frattempo, il medesimo fuggiasco è fuggito un'altra volta. Sparito. Dissolto. In che modo, stavolta, non si sa. Avrà forse chiamato Uber. O magari il servizio limousine.
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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