2023-07-13
Il tabù cade se i morti in più sono «climatici»
Quando l’incremento dei decessi poteva essere collegato a iniezioni o lockdown, il nesso era considerato indimostrabile e a nessuno interessava vederci chiaro. Oggi, invece, il boom di vittime attribuite alla canicola è diventato subito un dogmatutti corrono dietro allo studio sui morti di caldo, stranamente finanziato dall’Ue e, al contempo, così funzionale a puntellare la legge sul ripristino della natura, voluta sempre dall’Ue? Come mai tv e giornali rilanciano in modo acritico la ricerca? Come mai dimenticano la sfilza di vecchi, storici titoloni sulle canicole estive e i conseguenti malesseri degli anziani? Come mai, con tanta sicumera, si dà per scontata un’ondata di decessi provocata dai cambiamenti climatici, ma quando si citano i dati sull’extramortalità post vaccini, scatta la gara a frenare, precisare, o negare?Dicono: bisogna seguire la scienza. E seguiamola. Ormai da tempo, in Europa - e non solo - si è consolidata un’evidenza statistica: negli anni, anzi, guarda caso, proprio in concomitanza con i mesi in cui più si è vaccinato per debellare il Covid, la mortalità totale, anziché diminuire, è aumentata. Adesso, pare che l’anomalia sia in fase di riassorbimento; curiosamente, quando la gente ha ormai smesso di correre negli hub. Vabbè. Seguiamo la scienza, però. Allo stato attuale, non abbiamo prove incontrovertibili del fatto che i decessi in sovrannumero vadano attribuiti agli effetti avversi delle punture antivirus. E certo, verrebbe da dire: chi non cerca, non trova. Ad ogni modo, del fenomeno sono state date diverse interpretazioni. Ad esempio, l’estate scorsa, in Gran Bretagna, nel dibattito pubblico era diventato quasi senso comune che l’extramortalità fosse connessa alle restrizioni. E, quindi, alle diagnosi ritardate di malattie gravi, come i tumori, o addirittura alle mancate cure. Di sicuro, al netto dei picchi nei periodi torridi, nel 2022, la sovrabbondanza di lutti è rimasta costante tutto l’anno.Dinanzi a queste evidenze, cosa farebbero un governo saggio e una stampa vigile? Il primo si prenderebbe la briga di indagare: da dove arrivano tante vittime? Le hanno stroncate le conseguenze dei lockdown? O gli immunizzanti, che dovevano salvarci, si sono rivelati meno sicuri di quanto credessimo? La seconda, intanto, pungolerebbe le istituzioni, per accertarsi che siano condotti esami scrupolosi. Invece, finora, non abbiamo notato un grande impegno al servizio della verità. Basti pensare alle considerazioni riservate alla commissione parlamentare d’inchiesta sulla pandemia: i principali «indiziati», Giuseppe Conte e Roberto Speranza, la considerano un «plotone d’esecuzione politico», un «insulto agli italiani». Urticante, ma comprensibile: mica ci si sottopone volentieri al giudizio di chi può inchiodarci alle nostre colpe. Ciò che sorprende, è che ormai si stiano moltiplicando gli appelli a espellere definitivamente il Covid dalle pagine dei quotidiani e dai talk show. L’ultimo intervento della serie l’ha firmato Pigi Battista su Huffington Post, l’altro ieri, mettendo il cappello su un’opera di grande rimozione che, ironia della sorte, comincia nel momento in cui ci sarebbero le condizioni per portare alla luce responsabilità ed errori nella gestione dell’emergenza. Insomma, dopo che, per quasi tre anni, il coronavirus ha incarnato l’ossessione di giornalisti e commentatori; dopo le prediche delle virostar a reti unificate; dopo un lungo periodo di acrimonia politica, di conflitti sociali alimentati e abilmente sfruttati dagli esecutivi Conte e Draghi, anche attraverso il controverso regime del green pass; d’improvviso, si fa largo l’imperativo del silenzio. Nessuno vuole sapere più nulla.D’altro canto, quando La Verità era una delle poche, se non la sola testata a occuparsi delle rilevazioni allarmanti sull’extramortalità, e chiedeva lumi, gli esperti e i cronisti, se non decidevano di ignorare l’argomento, si limitavano a scuotere le spalle: mancano le conferme sperimentali, non possiamo stabilire con sicurezza una causa, ci vuole cautela, ci vuole prudenza. E allora due sono le alternative. Nel caso della menata sulle temperature assassine, o sottoponiamo le fonti al medesimo rigido scrutinio, attendiamo verifiche, stimoliamo un confronto; oppure, adottando la stessa prosopopea con la quale Repubblica e compagni gridano all’apocalisse ambientale, aggrappati a un articolo scricchiolante, dovremmo sentirci autorizzati a celebrare il sommario processo di diktat anti Covid e vaccini. Altrimenti, sarà il caso che qualcuno ci spieghi per quale motivo sarebbe lecito spegnere il cervello dinanzi alla friabile «scienza» in salsa verde, senza lasciarsi neppure solleticare dai dubbi rispetto alle facili strumentalizzazioni, mentre, in presenza di una stringa di statistiche inequivocabili, ci si dovrebbe contenere, misurare, censurare. Aspettando invano che la scienza, quella solida, prenda in considerazione la questione. In fondo, che differenza c’è tra il «negazionismo» sul clima e quello sui decessi post Covid? Sempre di morti parliamo. E non esistono morti di serie A. Vero?