2022-08-18
Il sociologo che smontò le bugie sulla Chiesa
Rodney Stark. Sullo sfondo, Luigi IX e la settima crociata
Scomparso a 88 anni Rodney Stark: pur non essendo cattolico, sfatò le leggende nere sull’Inquisizione e le Crociate, confutando le tesi di Weber sulle origini protestanti del capitalismo e polemizzando persino con Clinton: «Lo faccio per difendere la storia».«Ci sono delle basi oggettive per accettare l’esistenza di Dio come l’ipotesi più ragionevole». Un’affermazione simile sarebbe clamorosa detta da un accademico qualunque, figurarsi da un sociologo, cioè da uno studioso d’una disciplina i cui classici - da Karl Marx a Émile Durkheim, fino a Max Weber - sono tutti anticlericali, positivisti e scettici. Eppure Rodney Stark, professore della Baylor University, queste parole le aveva scritte in Discovering God (HarperOne, 2007), uno dei suoi volumi più significativi. Basta già questo per capire quanto fosse libero e controcorrente questo e, morto a 88 anni lo scorso 21 luglio, anche se la notizia in Italia è arrivata solamente ieri, diffusa da Massimo Introvigne, che ne era stato amico e collaboratore. In effetti, Stark, da parecchi considerato il massimo sociologo delle religioni, con le sue opere ha fatto proprie tutte le posizioni più impopolari che uno del suo ramo potesse prendere; ha fatto definitivamente a pezzi la celebre tesi di Weber - che tutt’ora trova spazio nelle università - secondo cui il capitalismo sarebbe nato nel mondo protestante, mostrandone al contrario la genesi cattolica; ha messo in evidenza come si debba altresì alla Chiesa e al cristianesimo non solo l’invenzione della scienza moderna e sperimentale, ma pure della nozione di persona umana, dotata di libertà e responsabilità. Ancora, questo studioso, che si era laureato in giornalismo nel 1959, per poi prendere un secondo titolo in sociologia nel 1965, a Berkley, aveva contribuito a smontare molte leggende nere - sulle Crociate e sulla Santa inquisizione - che spesso vengono fatte pesare ai cattolici; ma lo aveva fatto sempre con estremo rigore scientifico. Basti pensare a cosa aveva scritto nell’introduzione al volume Bearing false witness - portato in Italia, come molte altre sue opere, dell’editore Lindau con il titolo False testimonianze (2016): «Non sono cattolico e non ho scritto questo libro per difendere la Chiesa. L’ho scritto per difendere la storia».Attenzione, però, a non considerare Stark autore di soli testi di storiografia religiosa. Come sociologo - ruolo che ha onorato con 40 libri e 150 pubblicazioni scientifiche - ha infatti dato un contributo determinante nello sviluppo in particolare della teoria dell’economia religiosa. In breve, secondo tale approccio in ogni società c’è un «mercato» delle fedi in concorrenza tra loro, attraverso proposte morali e teologiche diverse, nella ricerca di seguaci; più una nazione vede prevalere una religione ufficiale, secondo tale prospettiva, e più la fede va a spegnersi, mentre nei contesti dove le «offerte» confessionali sono molte - come negli Stati Uniti, con molteplici e n congregazioni - il dinamismo religioso è più evidente. Naturalmente, l’approccio di Stark implica anche il fatto che la religione non sia destinata a scomparire inghiottita dalla secolarizzazione, tutt’altro. A tale aspetto aveva in effetti dedicato un libro significativo fin dal titolo: The triumph of faith (Isi Books, 2015). Non solo, pure nella sua ultima pubblicazione - un articolo uscito quest’anno sull’Interdisciplinary journal of research on religion - ha criticato un certo modo di cantar le lodi della secolarizzazione, bollando come «inappropriata, imprecisa e fuorviante» l’interpretazione secondo cui quanti non si riconoscono in una religione organizzata sarebbero ipso facto non credenti. Da questo punto di vista, il sociologo della Baylor University esortava a non fermarsi ai soli dati della scarsità di fedeli presenti a messa la domenica.Al contrario, invitava a captare e a considerare quella religiosità sommersa che pure esiste e resiste nel panorama occidentale contemporaneo; tutto ciò senza ignorare come, a fare vera differenza nella vita delle persone, sia però la fede praticata. A questo proposito in America’s blessings (Templeton press, 2013), un bel libro mai uscito in lingua italiana, Stark faceva presente come le persone devote siano quelle «più rispettose della legge, con una superiore salute mentale e fisica, più generose verso gli enti di beneficienza, con una vita familiare migliore e che hanno persino, nella loro esperienza di coppia, una vita sessuale più soddisfacente». Pur essendo un accademico e non un vescovo o un sacerdote, Stark sapeva dunque mettere in luce i benefici storici e presenti del credere con una enfasi e un rigore di cui spesso neppure il clero è capace. Al tempo stesso, come si diceva, esortava i cristiani a studiarsi bene la storia senza farsi più ingabbiare dai sensi di colpa rinverditi in questi anni dalla cancel culture.Emblematico, in tal senso, ciò che aveva dichiarato nel corso di una intervista in cui, senza troppi giri di parole, criticava un’uscita di Bill Clinton. «Diversi mesi dopo l’11 settembre, l’ex presidente Clinton tenne un discorso alla Georgetown University in cui si scusava per le crociate, asserendo», ricordava Stark, «che abbiamo molto di cui dispiacerci e di cui, almeno in parte, sentirci in colpa per aver fatto sostanzialmente precipitare quegli aeroplani sulle Torri gemelle». «Ora, Clinton non è un matto», chiosò, «è solo stato male istruito. Gli sono state raccontate un sacco di sciocchezze sulle Crociate». Ecco, la più grande eredità di Stark forse sta proprio qui: nell’invito ai credenti a non temere di girare a testa alta; anche perché se l’Occidente esiste ed è prospero, attenzione, non è nonostante bensì grazie alla religione. Quella cristiana, ovviamente.