
Luigi Dagostino, che si avvaleva del padre dell'ex premier per facilitare i rapporti con il potere, è al centro di una delicatissima inchiesta sui suoi legami con avvocati e toghe, anche a Palazzo dei Marescialli. Nell'agenda annotava nomi e somme di denaro.È in corso una delicata inchiesta che riguarda l'immobiliarista Luigi Dagostino, ex socio e coindagato dei genitori di Matteo Renzi. Gli atti sono stati recentemente trasmessi dalla Procura di Firenze a quella di Lecce, competente per i reati di una o più delle toghe coinvolte nel fascicolo. L'accusa per tutti è quella di aver intralciato la giustizia nel tentativo di aggiustare un processo riguardante l'imprenditore. Era il 2015 e Dagostino si aggirava per l'Italia in compagnia di Tiziano Renzi, il quale veniva utilizzato come lobbista per il cognome che portava. All'epoca l'imprenditore, originario di Barletta, era sotto inchiesta a Trani per false fatturazioni e nel maggio di quell'anno due suoi presunti complici avevano iniziato a collaborare con il pm Antonio Savasta, oggi sostituto procuratore generale a Roma. Anzi confessarono entrambi di aver emesso fatture false, a causa della crisi economica, e che per tale opera avevano incassato un compenso. Ma affermarono pure di non ricordare quali fossero le imprese (tutte riconducibili a Dagostino) beneficiarie della documentazione taroccata, anche se le ditte risultavano dalla contabilità e dai bonifici. «Io per principio non difendo i pentiti, quelli che coinvolgono altre persone con le loro dichiarazioni», spiega oggi l'avvocato R.S., coindagato di Dagostino e Savasta per intralcio alla giustizia, forse per giustificare la mancata indicazione di chi avesse tratto vantaggio dai finti pagamenti. Ci fu un tentativo di chiudere tutto a tarallucci e vino? Hanno provato a capirlo i magistrati di Firenze, che dal 2016 indagano, sempre per false fatturazioni e reati fiscali su Dagostino. Nel 2017 gli inquirenti hanno sequestrato le sue agende e hanno scoperto che l'imprenditore aveva annotato alcuni incontri con Savasta e con il legale di fiducia dei suoi accusatori. Inoltre, accanto al nome del legale, era indicata anche una somma di denaro. Nelle note di quei mesi l'imprenditore aveva segnato i nomi di altri magistrati: li avrebbe incontrati nel corso di varie serate, qualcuna di gala e dal sapore istituzionale, nello stesso periodo in cui frequentava babbo Renzi. In quelle occasioni conviviali avrebbe incrociato persino consiglieri del Consiglio superiore della magistratura. «L'agenda di Dagostino era tenuta in modo meticoloso con orari e nomi delle persone incontrate e da quelle pagine i pm hanno ricavato una serie di incontri tra Barletta, Trani e Roma», ricorda l'avvocato Alessandro Traversi, difensore di Dagostino. «Negli appunti sono indicati anche magistrati del Csm. Però quali ricadute questi incontri abbiano avuto non so dirlo, di certo hanno destato forti sospetti nel pm». Gli indagati di questo procedimento sono stati tutti ascoltati a Firenze tra aprile e maggio. «Nel corso dell'interrogatorio al mio assistito sono stati contestati incontri e cene nei palazzi romani in cui erano presenti tantissime persone, compresi magistrati di altissimo livello».Il sostituto procuratore fiorentina Christine von Borries ha chiesto conto degli appuntamenti capitolini e di quelli con Savasta.È utile rammentare che nel lasso di tempo sotto osservazione, a diverse cene partecipò anche babbo Renzi, che per quel lavoro di facilitatore di incontri avrebbe incassato quasi 200.000 euro sotto forma di consulenze per progetti mai realizzati. Era un momento difficile per Dagostino, ma anche stimolante. Nel maggio 2015 i pentiti iniziano a parlare, lui incontra il pm e l'avvocato R.S.. In compagnia di Tiziano vede politici e toghe. Tra queste l'allora sostituto procuratore generale di Bari Cosimo Bottazzi. Un fitta rete di rapporti che ha convinto von Borries a trasmettere le carte alla Procura di Lecce competente per quanto riguarda i magistrati dei distretti di Trani e Bari. L'avvocato R.S. ricorda bene l'incontro con Renzi senior, avvenuto il 2 luglio 2015, e nega che l'argomento della riunione sia stato il processo tranese: «Venni convocato per dare delle spiegazioni di carattere giuridico sull'inchiesta Chil Post, in cui era indagato il padre dell'ex premier. Avevo tutto l'interesse ad allargare il mio parco clienti, soprattutto trattandosi di personaggi di un certo livello. Al signor Renzi interessavano i meccanismi dell'opposizione sulla richiesta di archiviazione». A marzo i pm genovesi avevano chiesto il proscioglimento di babbo Tiziano e il gip Roberta Bossi a luglio non si era ancora espressa. Lo avrebbe fatto a settembre, chiedendo un supplemento di indagini. «Al padre dell'ex premier spiegai le ragioni per le quali era ammissibile un'opposizione e quali potevano essere gli addentellati di tipo difensivo per arrivare a un'archiviazione» continua R.S.. A suo dire, Tiziano si sarebbe recato in Puglia per chiedere una consulenza a un avvocato di provincia, seppur molto conosciuto, su un processo che si stava svolgendo a Genova e per cui R.S. non venne ingaggiato nel collegio difensivo. Ad aprile lo studio del legale originario di Barletta è stato perquisito e nei giorni successivi il legale è stato ascoltato a Firenze: «Sono stato interrogato sulle ragioni di quell'appunto che riguardava una modesta somma di denaro. Cosa possa esserci dietro non lo so. In quel periodo non avevo motivo di ricevere soldi da Dagostino, visto che non era mio cliente, e infatti non ne ho ricevuto». Nei mesi successivi, però, R.S. è diventato il legale dell'ex moglie nonché socia d'affari di Dagostino. Venerdì l'imprenditore plurindagato è stato sentito anche per la vicenda delle false fatture fiorentine, quelle per cui ha già pagato 3,6 milioni di ravvedimento operoso. Ma la pm von Borries durante l'interrogatorio di garanzia ha presentato a sorpresa alcune nuove intercettazioni intercorse tra Dagostino, il suo commercialista e due avvocati, i quali si sarebbero resi disponibili a manipolare delle prove. «Nell'intento di favorire il mio cliente, hanno pasticciato peggiorando la situazione» ammette l'avvocato Traversi. Il suo assistito resta ai domiciliari, perché, come ha scritto il gip Fabio Frangini, è emerso «un notevole fermento di attività» per «cercare di aggirare» le investigazioni e «continuare nella gestione non corretta delle sue società».
Kim Jong-un (Getty Images)
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Aperto fino al 30 settembre il 4° Maxi Avviso ASMEL, che aggiorna le liste per 37 profili professionali. Coinvolti 4.678 Comuni soci: la procedura valorizza la territorialità e punta a rafforzare i servizi pubblici con personale radicato.
È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Il governatore forzista della Calabria, in corsa per la rielezione: «I sondaggi mi sottostimano. Tridico sul reddito di dignità si è accorto di aver sbagliato i conti».
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