2021-03-12
Il «sistema» Renzi funzionava pure a Cuneo
Dopo il rinvio a giudizio a Firenze per bancarotta fraudolenta , la mamma del Rottamatore rischia in Piemonte. Il racconto di un teste: «Alla Eventi 6 non si poteva dire di no». E anche a Genova, dove il babbo fu prosciolto, una ditta fu riempita di debiti Nessun riferimento a fantomatici attacchi politici da parte delle toghe. Forse perché, con il tempo, le indagini sono cresciute di numero e hanno passato il vaglio di diversi giudici, sia quelle contro i genitori che quelle sui finanziamenti a Open, la vecchia cassaforte del leader di Italia viva. La giustizia sta facendo il suo corso e deve essere diventato difficile anche per l’ex premier inserire tutti questi procedimenti nella casella «complotto». Anche perché, è bene sottolinearlo, in passato ai Renzi è andata pure bene. Infatti dopo il rinvio a giudizio di mercoledì, ci è tornato alla mente il processo «fotocopia» di Genova. Lì babbo Tiziano è stato prosciolto, mentre il suo coimputato, Mariano Massone, nel 2016, ha concordato 26 mesi di pena. A Firenze, Massone ha patteggiato nuovamente, ma questa volta i pm hanno ritenuto colpevoli anche Renzi senior e la moglie Laura Bovoli. Hanno ragione i magistrati fiorentini o quelli genovesi? Anche in Liguria si parlava della cessione da parte dei parenti dell’ex premier di una società imbottita di debiti, la Chil post, venduta a Gian Franco Massone, prestanome del figlio. Un modus operandi che è stato evocato dal procuratore aggiunto di Firenze, Luca Turco, quando ha parlato di ditte destinate «all’abbandono, con il proprio carico debitorio, non appena raggiunto uno stato di difficoltà economica». Dopo l’addio alla Chil, secondo l’accusa, la Eventi 6 della famiglia Renzi ha iniziato a utilizzare le coop per «avere a disposizione manodopera, senza essere gravata di oneri previdenziali ed erariali», tanto che la ditta di Rignano sull’Arno, «a fronte di un volume di affari che è cresciuto nel corso degli anni (in particolare dal 2014) ha sempre avuto un numero di dipendenti modestissimo (da 3 a 7), operando sostanzialmente attraverso le cooperative Delivery service, Europe service e Marmodiv». I magistrati toscani hanno anche sottolineato che un «gruppo di persone – Massone e Gambino (Giovanna, moglie di Mariano, ndr) primi fra tutti […] - è stato da loro (i genitori, ndr) incaricato della dismissione delle cooperative ormai cariche di debiti; debiti ulteriormente gravati dai nuovi amministratori». Praticamente la replica di quanto accaduto a Genova. Ma all’epoca (era il 2016 e Renzi era presidente del Consiglio) la Procura ligure chiese e ottenne l’archiviazione del babbo. Ricordiamo che, quando Tiziano ha rivenduto per 2.000 euro a Massone senior le quote della Chil post (il cui valore nominale era di 60.400 euro), l’azienda aveva in pancia finanziamenti per quasi settecentomila euro da parte del credito cooperativo di Pontassieve e che un prestito da mezzo milione era stato garantito dalla finanziaria della Regione Toscana con fondi del ministero dell’Economia e delle finanze. Ma, dopo un anno di indagini, gli inquirenti liguri decisero che dietro a tali operazioni non si nascondesse nulla di losco. Ma se questa è ormai acqua passata, non lo è il processo cuneese per concorso in bancarotta documentale contro Laura Bovoli e altri quattro imputati. Infatti nel 2014 in Piemonte è fallita un’altra società, la Direkta Srl, che potrebbe essere paragonata alle tre coop fiorentine, essendo stata utilizzata come fornitore di manodopera per consegnare i volantini delle aziende della grande distribuzione che avevano stipulato i contratti con la Eventi 6. Nella Provincia Granda è, però, finita alla sbarra solo mamma Laura, per il suo ruolo di rappresentate legale della ditta di famiglia, mentre il consorte, considerato amministratore di fatto dell’azienda dai pm fiorentini, non è stato nemmeno iscritto sul registro degli indagati. La Bovoli è accusata di aver contribuito al crac della Direkta facendo carte false. Come abbiamo già raccontato in passato la vicenda parte da una diatriba tra Mirko Provenzano, ex amministratore della Direkta, e un suo fornitore, Giorgio Fossati, con cui aveva un debito milionario. Provenzano, per non saldare il dovuto, avrebbe denunciato disservizi inesistenti, presentando come prove alcune lettere di contestazioni sulla qualità del servizio firmate dalla Bovoli e da un altro imprenditore, documenti che i magistrati hanno ritenuto concertati a tavolino. Dopo uno scambio di messaggi la Eventi 6 della famiglia Renzi avrebbe cambiato la causale di cinque note di credito del valore di 78.680 euro che ufficialmente erano state emesse nel 2012 «per il pagamento di interessi passivi […], per spese legali o per errate fatturazioni». Nel 2013 i versamenti sono stati riqualificati, grazie a documentazione d’accompagnamento ritenuta fasulla, come saldo per i presunti disservizi. Provenzano, a settembre, ha ammesso davanti al collegio giudicante di Cuneo: «Quelle non erano contestazioni reali, nel senso che sono state da me richieste per abbassare i crediti della Direkta». Dalla relazione del curatore fallimentare Alberto Peluttiero emerge come la Eventi 6 abbia lavorato con Direkta solo fino a metà 2012 per poi iniziare a operare con le altre società di Provenzano e della compagna Erika Conterno, sottraendo clientela e flussi finanziari alla Direkta. Durante il dibattimento si è discusso anche di uno strano «finanziamento infruttifero per liquidità» da 250.000 euro che la Eventi 6 ha inviato nell’agosto del 2012 alla Direkta per rilevare due riviste di proprietà di Patrizio Donnini, imprenditore molto vicino alla famiglia Renzi e già impegnato in diverse campagne elettorali, prima di entrare nello staff del ministro Roberta Pinotti durante il governo dell’attuale leader di Italia viva. L’imputato Bruno Pagamici, ex commercialista di Provenzano e della Conterno, non ha esitato a definire con gli inquirenti «un’operazione scellerata» il costoso sbarco nel mondo dell’editoria dei suoi clienti (ai 250.000 vanno aggiunti altri 160.000 euro una tantum anticipati dalla Eventi 6 alla Kopy 3 della Conterno, più un contratto di comodato mensile da 8.000 euro). Pagamici, lo scorso 17 febbraio, in aula, ha offerto uno spaccato dei rapporti tra la Eventi 6 e la Direkta: «Provenzano andava spesso a Firenze a trovare i suoi amici fiorentini. Andava il fine settimana […] a volte tornava con delle idee, con delle sorprese […]. Dato che Provenzano bussava sempre alla porta di Eventi 6 per chiedere finanziamenti, per chiedere lavoro ecc., a un certo punto Eventi 6 […] ha chiesto un favore a Provenzano. Cioè gli ha detto mi devi risolvere questo problema, devi finanziare la società Soluzioni Grafiche s.a.s. di Donnini, per 250.000 euro. […] quando venivano diciamo ordini, consigli da Firenze, sono stato messo a conoscenza chiaramente dopo, dopo che era stato fatto, perché se no gli avrei detto: “Ma come, con tutti i problemi finanziari che abbiamo, anzi che avete, cioè andiamo a finanziare anche una società per 250.000 euro? Cioè, voglio dire, mi sembrava una cosa assurda. Vabbè, lui disse: “Questo qui è un favore che devo fare per forza” […]. Mi è stato detto: “Abbiamo deciso di fare questo finanziamento per fare un favore a Eventi 6”». Pagamici ha raccontato anche che a un certo punto i bilanci della Direkta erano stati affidati a Lilian Mammoliti (i pm la avevano iscritta sul registro degli indagati per concorso in bancarotta documentale, prima di stralciarne la posizione), ex compagna di Donnini e storica organizzatrice della kermesse renziana della Leopolda: «La contabilità veniva seguita a Firenze […] dei favori che sono stati chiesti da Eventi 6 a Provenzano, poi sono proseguiti, praticamente spostando il baricentro decisionale della Direkta su Firenze» ha riferito Pagamici. «Perché poi la Mammoliti, dall’1 gennaio 2013, si è presa anche la contabilità della società […]. Quindi, da quel momento in poi, ovviamente, le decisioni contabili […] le prendevano loro […]. Il bilancio veniva confezionato diciamo a Firenze, poi dopo loro ce lo inviavano». Un «loro» che è un chiaro riferimento ai genitori di Matteo Renzi. La prossima udienza è prevista per il 7 aprile. Discussione e forse sentenza sono fissati per il 9 giugno. Pochi giorni prima, l’1, partirà a Firenze il processo per il crac delle cooperative.