2018-05-03
Il sisma gli ha tolto la casa e il lavoro. Lentezze e burocrazia l’hanno ucciso
Il suicidio di Massimo Dell'Orso simbolo della disperazione dei terremotati delle Marche. I suoi tre B&b crollati, non un euro di rimborso e la vana attesa di delocalizzazione. Non ce l'ha più fatta.Lasciarsi morire travolti dalle macerie di un terremoto che non conosce fine, uccisi da una valanga di burocrazia. E da una parola «delocalizzazione». Succede anche questo in Centro Italia: in quella voragine di vaniloquio, di leggi e regolamenti incomprensibili, di soldi promessi e mai arrivati che ha inghiottito vite e paesi, speranze e orizzonti. Si sopravvive nelle casette - ne mancano ancora più di un terzo, sono fragili, ma costano al contribuente italiano quanto un appartamento ai Parioli: fra i 3.000 e i 5.000 euro al metro quadrato! - e con la paura delle scosse, si mangia polvere e rabbia in attesa che uno Stato gabelliere mostri almeno una faccia pietosa visto che non è in grado di dare una mano operosa. E talvolta si muore. Per tutto questo Massimo Dell'Orso, 56 anni, di Castelsantangelo sul Nera, si è buttato giù da una finestra in un paese che non era il suo. Perché il suo borgo della provincia di Macerata, la più colpita, è stato cancellato dalla carta geografica dalle scosse dell'agosto e dell'ottobre del 2016. Come i bed&breakfast di Massimo di cui lui e la sua famiglia vivevano. E l'orizzonte si è fatto sempre più buio. Due giorni fa Massimo non ha visto più nulla: ha scavalcato il balcone dell'appartamento del residence dove viveva ad Alba Adriatica dopo avere lasciato Castelsantangelo, la sua vera casa, la sua gente, i suoi animali, la sua azienda: tre bed & brekfast completamente distrutti dal terremoto per i quali non ha ricevuto neppure un euro e che erano in attesa di «delocalizzazione». È scivolato giù nel fiume della sua rabbia a Primavera lasciando soli a lottare la moglie e i due figli. Lui non ce l'ha fatta: un salto nel vuoto per spezzare il vuoto.È un suicidio di Stato, ma guai a dirlo. La storia di Massimo è il simbolo della disperazione dei terremotati: derisi e abbandonati. La sua depressione si è nutrita giorno dopo giorno del non vedere un futuro. Lui su quella costa non ci sapeva vivere, non ci voleva vivere. Come lui migliaia di persone sono cadute in depressione. Nella zona del terremoto la vendita di antidepressivi è aumentata di tre volte, l'aspettativa di vita delle Marche, la regione che l'aveva più alta in Italia, si è ridotta di quasi un anno in appena tre perché gli anziani deportati sulla costa dai loro paesi d'Appennino dove ancora ci sono solo macerie si lasciano morire. Per Massimo Dell'Orso neppure una parola di cordoglio dalla Commissaria straordinaria al terremoto Paola Demicheli (Pd), neppure un cenno dal presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli (Pd). Eppure Massimo Dell'Orso a suo modo era un personaggio: era l'amico degli orsi dei Sibillini e aiutava i guardia-parco. Ma la sua morte lo ha fatto diventare un personaggio scomodo. Lo ricorda il senatore di Forza Italia Andrea Cangini: «Il terremoto che ha spezzato le Marche gli ha distrutto casa e attività economiche, lentezze e burocrazia hanno fatto il resto. Attendeva il via libera alla delocalizzazione delle proprie attività, un'attesa ingiustificata e insostenibile. Invece di perseguitare con l'accusa di abusivismo chi ha dovuto sopperire alla lentezza pubblica», sostiene Cangini, «Governo e Regione Marche mettano mano alle regole, si sveglino dal torpore e affrontino con decisione l'emergenza di migliaia di famiglie senza casa, di centinaia di piccoli comuni a rischio spopolamento e della conseguente desertificazione economica del cuore un tempo florido d'Italia». La moglie di Massimo, che oggi tornerà a Castelsantangelo dove alle 15 si svolgeranno i funerali (il cimitero è tra le poche strutture che non sono crollate) Stefania Servilli, pur nel dolore ha avuto la forza di allontanare le polemiche. «Massimo non ce la faceva più per i suoi dolori alla schiena, alle gambe, faceva fatica ad andare a Castelsantangelo a nutrire i suoi animali e il lupo che aveva adottato, poi certo il terremoto e le difficoltà burocratiche lo hanno sfinito, ma la sua scelta è dovuta a tante cose». Una scelta che però a molti amici di Massimo appare incomprensibile. Lui era un uomo che sussurra ai lupi: si prendeva cura della fauna selvatica in collaborazione col Parco dei Sibillini (il presidente Oliviero Olivieri ha deciso di intitolargli un sentiero del Parco). Dopo il terremoto aveva adottato un lupacchiotto e ogni due giorni si faceva 150 chilometri tra Alba Adriatica e Castelsantangelo per sfamarlo. Massimo sperava di poter ricostruire i tre B&b che il sisma gli aveva distrutto: per questo aveva rinunciato alla casetta d'emergenza, ma anche al contributo di autonoma sistemazione. Era andato ad Alba Adriatica in Abruzzo pagandosi da solo l'affitto. Sperava che gli dessero il permesso a ricostruire le sue case-azienda, delocalizzandole. Ma nelle ultime settimane le autorizzazioni per cominciare la ricostruzione si sono del tutto bloccate. Sono i cavilli della burocrazia che chiede continue carte, continua sanatorie di abusi spesso inesistenti e incassa i condoni invece di pagare i cantieri. E così si allontana anche la prospettiva dei contributi mentre a giugno i terremotati devono ricominciare a pagare le tasse saldando in poche rate anche gli arretrati col fisco e con la previdenza. Paola Demicheli ha promesso proroghe, nuovi decreti, nuove norme. Ma per ora è tutto fermo. Fermo come la ricostruzione (approvati 300 progetto su 60.000, ci vorranno 120 anni di questo passo, stanziati 4 miliardi su 25 che ne servono, ancora il 70 per cento delle macerie in strada, ancora 6.000 famiglie sfollate, ancora un terzo della casette da consegnare ancora intere città come Camerino e Visso in zona rossa), fermo come il futuro di Massimo. Così muore un italiano sfollato, facendo un salto nel buio perché la burocrazia e la protervia dello Stato gli ha cancellato la vita. Amen.
Kim Jong-un (Getty Images)
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È stato pubblicato sul portale governativo InPA il quarto Maxi Avviso ASMEL, aperto da oggi fino al 30 settembre. L’iniziativa, promossa dall’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali (ASMEL), punta a creare e aggiornare le liste di 37 profili professionali, rivolti a laureati, diplomati e operai specializzati. Potranno candidarsi tutti gli interessati accedendo al sito www.asmelab.it.
I 4.678 Comuni soci ASMEL potranno attingere a queste graduatorie per le proprie assunzioni. La procedura, introdotta nel 2021 con il Decreto Reclutamento e subito adottata dagli enti ASMEL, ha già permesso l’assunzione di 1.000 figure professionali, con altre 500 selezioni attualmente in corso. I candidati affrontano una selezione nazionale online: chi supera le prove viene inserito negli Elenchi Idonei, da cui i Comuni possono attingere in qualsiasi momento attraverso procedure snelle, i cosiddetti interpelli.
Un aspetto centrale è la territorialità. Gli iscritti possono scegliere di lavorare nei Comuni del proprio territorio, coniugando esigenze professionali e familiari. Per gli enti locali questo significa personale radicato, motivato e capace di rafforzare il rapporto tra amministrazione e comunità.
Il segretario generale di ASMEL, Francesco Pinto, sottolinea i vantaggi della procedura: «L’esperienza maturata dimostra che questa modalità assicura ai Comuni soci un processo selettivo della durata di sole quattro settimane, grazie a una digitalizzazione sempre più spinta. Inoltre, consente ai funzionari comunali di lavorare vicino alle proprie comunità, garantendo continuità, fidelizzazione e servizi migliori. I dati confermano che chi viene assunto tramite ASMEL ha un tasso di dimissioni significativamente più basso rispetto ai concorsi tradizionali, a dimostrazione di una maggiore stabilità e soddisfazione».
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Roberto Occhiuto (Imagoeconomica)