2018-05-27
Il sindacato sperava morissero gli italiani per poter assumere più marinai stranieri
Un ex rappresentante svela le manovre per imbarcare sulle navi italiane solo extracomunitari. Le sigle, che incassano su ogni uomo imbarcato, manovrano per favorire gli immigrati. E arrivano ad augurarsi tragedie: «Crepino i napoletani». «Crepino i campani così possiamo far lavorare gli extracomunitari». La frase suonava più o meno così e sarebbe stata pronunciata da un importante dirigente sindacale del settore marittimo. Ma quello che sta dietro a questa affermazione è ancora più grave e nasconde una mala gestio che in tempi di sovranismo e orgoglio nazionale, potrebbe diventare un caso politico. Nel mondo marittimo lavorano sempre più cittadini stranieri e rappresentano ormai la stragrande maggioranza degli equipaggi delle navi che battono bandiera tricolore. L'irreversibile tendenza si è consolidata definitivamente agli inizi degli anni 2000 quando una flotta di traghetti genovese, la Gnv, ottenne di poter imbarcare cittadini stranieri per mettere a posto i propri bilanci, visto che i lavoratori extra Unione europea costano circa un quarto degli altri. Tutto questo avvenne sotto gli occhi (chiusi) della Confitarma (l'associazione degli armatori) e dei sindacati, che comunque hanno ottenuto di incassare dai proprietari delle navi una quota annuale per ogni marinaio imbarcato (dai 190 ai 270 euro) a prescindere dalla loro nazionalità e dall'iscrizione al sindacato. Una sorta di bancomat che renderebbe mansuete Cgil, Cisl e Uil. Va ricordato che l'ingaggio di stranieri può avvenire solo dopo che i sindacati hanno firmato una deroga che attesti la mancanza di personale italiano disponibile. Ma sembra che questa certificazione venga concessa dalle associazioni di categoria senza troppa pignoleria. In questo meccanismo ben oliato si è inserito, però, un granello. Si chiama Beniamino Leone ed è l'ex segretario del settore trasporti della potente Fit Cisl, che a dicembre si è dimesso dai ruoli dirigenziali per quello che ha visto in questi anni e che il 21 maggio ha scritto una lettera al Consiglio generale nazionale del suo sindacato, in cui svela i motivi del suo addio. All'interno della missiva si legge: «Sono orgoglioso e onorato di aver potuto rappresentare e difendere per anni il popolo marittimo, la mia gente (Leone è originario della zona di Torre del Greco, come la maggior parte dei marinai italiani, ndr), che ha sempre affrontato questo duro lavoro con professionalità, coraggio e dignità». L'intervento prosegue con la frase choc che abbiamo già anticipato: «Donne e uomini del mare contro cui qualcuno anni fa, credo sia stato nel 2009, senza vergogna mi disse che sarebbe stato opportuno un intervento del Vesuvio per farli scomparire in modo da poter imbarcare extracomunitari e così magari guadagnarci». Secondo Leone a pronunciare quelle parole sarebbe stato un sindacalista che è finito alla sbarra per appropriazione indebita nel famoso processo ai vertici della Uil in cui venivano contestate crociere e gioielli a spese del sindacato. «Ma l'eminenza grigia è un altro soggetto», ha raccontato Leone a chi lo ha incontrato in questi giorni. Il suo bersaglio è il capitano R. D., membro italiano nel sindacato internazionale dei trasporti (Itf), che nel 2010 avrebbe fatto sottoscrivere a un complice una lettera di denuncia contro lo stesso Leone. A confessarlo è stato lo stesso autore del j'accuse in una dichiarazione autografa: «Mi fu chiesto in modo coercitivo di firmare una lettera precedentemente scritta ad hoc dal signor R. D. da inviare all'allora segretario generale nazionale (…) con la quale si accusava l'allora segretario nazionale Fit Cisl Beniamino Leone di usare procedure poco democratiche e addirittura intimidatorie nei nostri confronti». Questa è l'aria che si respira ai piani alti dei nostri sindacati. Nella sua missiva l'ex segretario della Fit ricorda di aver denunciato inutilmente «la criticità di certe procedure amministrative e attività politiche definite internazionali». E così la «sua gente» è costretta, «senza alcun sostegno sindacale», ad affrontare una «crisi occupazionale intollerabile» viste le ingenti risorse che la legge 30 del 1998 ha messo a disposizione degli armatori, che da 20 anni usufruiscono di consistenti sgravi fiscali. Una normativa che non ha fermato la corsa all'assunzione di stranieri: «Su circa 50.000 marittimi, non più di un quinto sono italiani» ha calcolato Leone. L'ex segretario, che oggi è tornato a fare il dirigente nella sua vecchia azienda, una delle poche compagnie di navigazione che ritiene in regola, mette all'indice le buste paga dei lavoratori di alcune flotte, in particolare napoletane. «Su traghetti e navi da crociera i dipendenti possono sgobbare anche 16-17 ore al giorno in cambio di stipendi da fame, inferiori ai 1.000 euro». A rendere meno magra la retribuzione mensile dei lupi di mare sarebbero alcune indennità che vengono forfetizzate nel monte stipendio e permettono di rispettare il salario minimo indicato dalla Ilo, un'agenzia dell'Onu. Ma perché i sindacati accetterebbero questo sistema, che trasforma i marinai «nei nuovi schiavi del terzo millennio» (definizione di Leone), gestiti da società di reclutamento equipaggi che assomigliano tanto al sistema del caporalato? Sembra che la colpa sia come sempre dei soldi. «Su 25.000 marittimi iscritti alla Cisl, 20.000 sono stranieri e dei 5.000 italiani quelli veri non sono più di 1.000», si è sfogato Leone con una delle nostre fonti. L'ex ufficiale di macchina nella sua lettera stigmatizza pure fantomatici «progetti internazionali» e «situazioni amministrative strane». Nella Cisl sanno bene a che cosa si riferisca Leone che di questo argomento ha già discusso con i suoi vecchi superiori. In passato il sindacalista, carte alla mano, ha individuato l'esistenza di due conti correnti «fantasma» su cui, a suo parere, sarebbero transitati «soldi in nero». Dopo che venne sollevato il problema, secondo l'ex segretario della Fit Cisl, quel denaro sarebbe improvvisamente riemerso e ad attestarlo sarebbero gli ultimi bilanci del sindacato dei trasporti, più floridi nonostante il periodo di crisi. Tutte questioni che potrebbero presto interessare qualche Procura della Repubblica.
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