
A inventarlo sarebbe stato Leonardo Da Vinci, ma lo brevettò un prete inglese. Napoleone Bonaparte usava la sciabola, i nobili lo volevano d'oro.Il vino è stato inventato 7.000 anni fa, ma i primi cavatappi hanno visto la luce solo nel 16° secolo con il vino in bottiglia. Per millenni gli antichi conservavano il pregiato succo d'uva prima in anfore di terra cotta che seppellivano sotto terra, poi in fusti e botti di legno che permettevano un invecchiamento migliore. Solo nel 1600 gli inglesi pensarono di metterlo in vetro. Inizialmente le bottiglie venivano chiuse con pezzi legno legati con della stoppa, in seguito si scoprì il sughero. A metà del 17° secolo per stappare una bottiglia si usava il cavapallottole, un attrezzo simile al succhiello che estraeva le munizioni dai moschetti. Solo nel 1680 l'armeria londinese di Messrs Holtzapffel ottenne il brevetto di fabbricazione di questo attrezzo. Alcuni studiosi sostengono che a ideare il cavatappi fu Leonardo Da Vinci, già autore di diversi utensili da cucina come il trita-aglio, l'affettatrice o il macinapepe. Studiando i disegni di Leonardo, nei codici Romanoff e Atlantico, si è ipotizzato che alcuni di questi potessero fare riferimento a tappi e strumenti atti a estrarli. Spiega Ottilia Munaretti Bertazzo in L'arte dei cavatappi dal XVI secolo ad oggi (Skira, 2005): «Non ci sono documenti che lo provino, ma potrebbe essere. Se la teoria fosse vera, l'intuizione del cavatappi verrebbe anticipata di un secolo».«Alla corte di Ludovico il Moro, tra il 1482 e il 1499, con la carica di maestro di feste e banchetti, Leonardo Da Vinci cominciò a studiare un sistema per introdurre tappi di sughero nelle bottiglie, allora poco utilizzate e normalmente sigillate con cera» (Ottilia Munaretti Bertazzo).Il primo a brevettare un cavatappi fu un reverendo inglese, Samuel Henshall, che nel 1795 mise insieme un manico di legno e una vite, il cosiddetto «verme» da infilare nel turacciolo. Ideò il cavatappi a forma di T molto usato ancora oggi. Ben presto aggiunse lungo il verme una sorta disco, a forma di petali di fiori, per rendere più facile e sicura l'estrazione evitando di infilare il tappo nel collo della bottiglia. In accordo con una fabbrica di Londra, iniziò la produzione industriale di questo oggetto. I vermi più usati sono a coda di maiale, a nucleo centrale, a vite, di Archimede. In Italia fu Carlo Goldoni, nella commedia La Moglie saggia del 1752, a nominare per la prima volta il cavatappi. Alla domanda «Avete un tirabusson?» un personaggio risponde: «Sì. Lo porto sempre addosso». Goldoni si trovò costretto a usare un termine francese poiché ancora non ne esisteva uno in italiano. Sturabottiglie, levatappi, cavaturaccioli, stappabottiglie, tirabusciò, tirabusciòn o tirabusson (dal francese tire-bouchons). Tutti modi per dire cavatappi. In Francia, i cavatappi entrarono nelle case solo a partire dal 1728. In quell'anno un decreto reale concesse l'autorizzazione a imbottigliare il vino, cosa fino allora proibita.In tempi di guerra gli ufficiali di Napoleone, soliti festeggiare le vittorie a bottiglie di champagne, al cavatappi preferivano la sciabola, peraltro sempre a portata di mano. La sfilavano dal fodero e la facevano scivolare dolcemente sul collo della bottiglia (dalla parte della costa, non della lama) e poi con un colpo secco sul labbro lo troncavano di netto: la pressione interna spingeva via il tappo assieme a ogni eventuale scheggia di vetro e lo champagne era pronto per essere degustato. Questa tecnica, detta sabrage (da sabre, sciabola), si usa ancora oggi nelle cerimonie. «Je ne peux vivre sans champagne: en cas de victoire, je le mérite; en cas de défaite, j'en ai besoin» ovvero «non posso vivere senza champagne: in caso di vittoria, lo merito; in caso di sconfitta ne ho bisogno» (l'imperatore Napoleone Bonaparte).Il primo brevetto italiano per un cavatappi risale alla fine del 1800 ma, vista la mancanza di un ufficio brevetti, la prima registrazione nel nostro Paese avvenne solo nel 1864.William Rockwell Clough, uno statunitense del New Hampshire, brevettò nel 1876 un cavatappi in miniatura fatto di un solo filo d'acciaio che nella parte superiore formava un anello fino a contorcersi in una spirale nella parte inferiore. Serviva per stappare profumi e flaconi di medicinali. Tentò di venderne una dozzina a un dollaro a un farmacista, ma questi lo fece scendere a 25 cents per un lotto di dodici dozzine (124 pezzi). Si legge ne Granite Monthly del 25 luglio 1909 che nel giro di pochi giorni quel farmacista gli commissionò 10.000 lotti, 1 milione e mezzo di pezzi. In pratica ogni flacone di medicinale veniva venduto con il suo cavatappi. Qualche anno dopo le sue macchine erano in grado di produrre 30 pezzi al minuto di ottima fattura. Nei primi del 1900 i cavatappi della William Rockwell Clough venivano esportati in tutto il mondo. La Farmitaly, azienda di Maniago (Pordenone), produce 1, 2 milioni di cavatappi l'anno, il 60 per cento dei quale finisce all'estero. Fatturato: 1 milione di euro. Se i cavatappi industriali erano alla portata di tutti, quegli artigianali nel 1800 erano appannaggio solo delle classi sociali più abbienti. I nobili commissionavano dei veri e propri capolavori su misura: esemplari realizzati in oro, argento, in avorio, madreperla o corno e altri materiali pregiati. Chiedevano ai miglior artigiani di incidervi raffinate decorazioni o, più semplicemente lo stemma del casato. Il verme veniva protetto da astucci di metallo o di legno. Ne venivano fuori pezzi così ricercati da essere indossati come veri e propri gioielli da uomini e donne: le dame lo usavano per strappare profumi, i gentiluomini lo fissavano alla châtelaine - la stessa catena dell'orologio da taschino - o lo inserivano nel bastone da passeggio.Nel 19° secolo si passa dai cavatappi semplici a quelli a meccanismo: a doppia elica a leva singola, a due leve, a due leve con pinza, a leve composte, a pignone più cremagliera. Oggi i modelli sono infiniti. Il più famoso cavatappi con due leve fu realizzato nel 1930 da Dominick Rosati negli Stati Uniti. Una chiave centrale serve a far entrare la vite di Archimede nel sughero, con il minimo danno per il vino, poi due braccia con un ingranaggio a un estremo. Abbassando i manici il tappo sale e si posiziona nella campana centrale dello strumento.Sul modello a campana con due leve merita una nota anche il Campagnolo, ideato nel 1966 Tullio Campagnolo, il produttore di biciclette, che dopo che si ferì una mano con un cavatappi prese carta e penna e ne realizzò uno tutto suo con una campana telescopica autocentrante e due leve che fanno uscire il tappo con delicatezza. Un sistema che permette di non scuotere la bottiglia evitando così di sollevare i sedimenti dei vini particolarmente invecchiati. Inoltre il Campagnolo è concepito per non forare mai la parte inferiore del tappo (prezzo circa 180 euro). Il primo cavatappi con apriscatole è il Bulldog Tempered del 1902. Anna G, cavatappi a forma di donna realizzato nel 1994 dall'architetto Alessandro Mendini per Alessi: «Quando mia nonna a tavola apriva la bottiglia del vino, mi era sempre sembrata una bella performance, una specie di balletto rituale: la testa che gira, le braccia che si alzano e si abbassano, il suono del tappo che esce dalla bottiglia. Decisi allora per un oggetto antropomorfo». Dopo Anna G, Mendini ha realizzato anche Alessandro M, un cavatappi a forma di uomo.In Padrone e ragioniere ovvero L'automobile, il violino e il tram da corsa Gianni Rodari racconta la storia del commendator Mambretti, padrone di una fabbrica di accessori per cavatappi: «Egli possiede trenta automobili e trenta capelli. «Quante automobili», dice la gente. «Che pochi capelli», sospira il commendator Mambretti. Non si sa perché: in fin dei conti, trenta è uguale a trenta, no?». Uno dei cavatappi più contorti al mondo è il Corkscrew di Rob Higgs: una scultura di 350 chilogrammi composta da 382 pezzi di metallo recuperati dalle discariche, che si intrecciano in un complicatissimo meccanismo capace, attraverso una manovella, di stappare una bottiglia di vino e versarlo in un bicchiere. Costa 100.000 sterline. Il modello screw-pull, inventato pochi anni fa da un ingegnere del Texas, in cui l'azione di penetrazione del verme avviene contemporaneamente a quella di estrazione del sughero.Il coravin non è un cavatappi, bensì un marchingegno che consente di versare un bicchiere alla volta da una bottiglia senza mai stapparla evitando così che il contatto con l'aria possa compromettere il contenuto. In pratica un grosso ago penetra il tappo di sughero. Il vino viene spillato insufflando argon, un gas inerte, al suo posto. Tolto l'ago, il sughero si richiude naturalmente e la bottiglia può tornare in cantina. L'inventore, Greg Lambrecht, ingegnere nucleare laureato al Mit di Boston con una passione per il vino, ha dimostrato l'efficacia del suo prodotto con un Brunello. Con il Corvin versò un primo bicchiere di vino nel 2007 e un altro nel 2013 e il Brunello si presentava ancora «fresco, come appena aperto». È disponibile in tre modelli da 199, 299 o 399 euro (capsule di Argon e aghi sono anche acquistabili separatamente). Chi preferisce il massimo risultato con il minimo sforzo può optare per un cavatappi elettrico. Prezzo: dai 15 ai 50 euro. In L'esercito delle cose inutili (Einaudi 2015) la scrittrice e insegnante Paola Mastrocola racconta la storia della ballerina di plastica del carillon innamorata di un cavatappi che non la vuole perché lei non serve a niente. «Vino e musica furono sempre per me i migliori cavatappi» (Anton Čechov).
(Getty Images)
A novembre alla Cop11 di Ginevra, la Commissione vuol introdurre il voto a maggioranza qualificata per scavalcare i singoli Stati e far passare la sua linea su temi delicati come tabacco, salute e alimentazione. C’era stato un tentativo a Panama, il blitz era fallito.
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Dite come i Righeira che l’estate sta finendo? Non nell’orto dove ci sono ancora i “frutti” estivi e tra questi i gustosissimi peperoni tondi. Sono quelli che di solito trovate in gastronomia ripieni di tonno e messi sott’olio, ma che si possono fare, soprattutto quelli di taglia XXL, in mille modi. Un modo sfizioso, che è anche una ricetta di semi-recupero e magnifica, uno dei pesci azzurri più saporiti e salubri del nostro mare, lo sgombro, è questa preparazione assai facile, buonissima e che richiede solo un po’ di pazienza e di “sopportare” il calore del forno.
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