2022-08-29
Il segreto di lunga vita. Mangiare come in Cilento
Nel riquadro, sulla destra, Ancel Keys (Getty Images)
Storia di Ancel Keys, il fisiologo che inventò la dieta mediterranea. Lasciò gli Usa per venire a vivere in Campania dopo avere scoperto che quello stile di vita garantiva salute e longevità.Il gastronomo napoletano Luciano Pignataro: «Nei cinque pilastri per stare bene ci sono le esperienze spirituali e dare il giusto peso alle cose».Lo speciale contiene due articoli.Siamo abituati ad affidare le nostre speranze di miglioramento esistenziale al futuro e all’estero, ma a volte converrebbe guardare anche al passato e al nostro Stivale. Profondissimo conoscitore della Campania in ogni suo angolo, Luciano Pignataro ha osservato un fenomeno molto diffuso in Cilento e ha cercato di capirne e di carpirne i segreti: la longevità. Il metodo Cilento. I cinque segreti dei centenari (Mondadori, 18 euro) e scritto con l’endocrinologo e professore emerito di patologia generale della scuola di medicina e chirurgia dell’Università Federico II di Napoli Giancarlo Vecchio, spiega che cos’è il «metodo Cilento» per vivere a lungo e bene proprio come i cilentani più longevi. Il libro illustra questa dieta nel senso degli antichi Greci, ossia un paradigma di vita e non solo di alimentazione e svela quanto il Cilento sia una misconosciuta ai più anima italiana e mediterranea. Nel 1951 Ancel Keys, ordinario di fisiologia umana a Minneapolis, a un congresso Fao a Roma conobbe il fisiologo Gino Bergami che lo invitò a visitare Napoli, ospedali compresi. Lì Keys osservò che i pazienti di malattie cardiovascolari erano rarissimi, diversamente dagli Usa dove eccedevano, preoccupavano e caratterizzavano anche gli italiani emigrati laggiù. Tornato in America, Keys parlò di questa immunità napoletana con Paul White, il padre della cardiologia moderna. Essi conclusero che la ragione doveva stare nel modo di vivere partenopeo. Keys tornò a Napoli con la moglie Margaret, esaminò il sangue di vigili annonari e operai Italsider e notò un tasso di colesterolo estremamente più basso di quello degli uomini americani. Domandando lumi sull’alimentazione, i Keys scoprirono che i testati mangiavano «tantissimi broccoli e pomodori, un chilo e mezzo di pane e un litro di vino al giorno, legumi a giorni alterni, conditi soprattutto con olio di oliva, talvolta con un pezzetto di pancetta o di salsiccia, molta frutta, verdura e pasta, un po’ di formaggio e di pesce, quest’ultimo solo azzurro. La gavetta per i pranzi sul luogo di lavoro consisteva per la maggior parte di loro in mezzo palatone (un tipico pane campano) con frittata o scarola lessata. La carne veniva consumata esclusivamente la domenica sera, ed era ciò che avanzava di quella utilizzata per fare il ragù a pranzo». Chiaramente colpiti, i Keys misero in piedi il famosissimo Seven countries study sull’epidemiologia della malattia coronarica e i benefici della dieta mediterranea sulla salute umana che esaminò 12.763 individui di Stati Uniti, Finlandia, Olanda, Italia, Croazia, Serbia, Grecia e Giappone. Keys, spiega Vecchio, riuscì a dimostrare che la bassa mortalità per malattie cardiovascolari in Italia, Grecia e Dalmazia e l’alta mortalità per la stessa causa in Finlandia fosse dovuta all’alimentazione finlandese troppo ricca di grassi saturi, che alzava il tasso di colesterolo nel sangue. Invece nell’area mediterranea un’alimentazione povera di grassi animali e basata soprattutto su alimenti vegetali e l’uso quasi esclusivo dell’olio di oliva come condimento non aumentava il colesterolo totale e Ldl e quindi non creava patologie cardiovascolari mortali. Negli anni, i coniugi Keys si trasferirono in Cilento, che avevano conosciuto nel 1963 in una gita da Napoli, acquistando una casa a Pioppi, casa che oggi è sede dell’Associazione per la dieta mediterranea Ancel Keys Pioppi. Nel Cilento, spiega Pignataro, i Keys videro una piena corrispondenza tra il regime alimentare locale e la dieta mediterranea che intanto avevano incoronato come la più virtuosa al mondo e diffondevano anche fuori dall’area precisamente scientifica, per esempio scrivendo il libro How to eat well and stay well: the Mediterranean way, pubblicato nel 1975. Ancel Keys, che del Cilento fece la sua casa, visse fino a quasi 101 anni, sua moglie Margaret fino a 97, il collega Martti Karvonen, che vi si trasferì da pensionato, visse fino a 91 anni e il professor Jeremiah Stamler che ci trascorreva vari mesi ogni anno è arrivato a 100 anni nel 2019. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/il-segreto-di-lunga-vita-mangiare-come-in-cilento-2657957628.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ortaggi-e-legumi-non-sono-piu-cibi-di-complemento" data-post-id="2657957628" data-published-at="1661779905" data-use-pagination="False"> «Ortaggi e legumi non sono più cibi di complemento» Luciano Pignataro è critico gastronomico ed enologico del Mattino di Napoli, anima di 50 Top Pizza, del sito Lucianopignataro.it, seguitissimo sul Web e, sintetizzando, si può definire l’ambasciatore della Campania in Italia, nel mondo e anche alla stessa Campania, spesso inconsapevole del suo grandissimo valore. Per chi non lo conosce, può raccontarci il Cilento? «Il Cilento è una grande subregione della Campania, precisamente tutto il suo territorio meridionale che, grossomodo, va da Paestum, che ne è la porta settentrionale, a Sapri, dove ci fu lo sbarco di Carlo Pisacane e comprende posti molto conosciuti al mondo come Palinuro, Velia, sede della scuola eleatica, la Certosa di Padula. Sono territori ancora integri e sono strettamente collegati al vicino Parco del Pollino, tra Basilicata e Campania, con cui formano un grandissimo polmone verde». Lei ha notato un fenomeno particolare in queste zone… «Sì, il Cilento è un’area blu, cioè presenta una grandissima percentuale di centenari. Il fatto ebbe un grande risalto mediatico nel 2016 segnatamente ad Acciaroli, frazione di Pollica, se ne parlò anche sulla stampa anglosassone. Da qui nacque l’idea di realizzare un libro sulla longevità studiando il metodo Cilento». La notizia erano i tanti centenari cilentani? «Sì, la media di vita in Cilento è più alta di 5 anni della media italiana, già molto alta. Perlomeno prima del Covid. La media di vita italiana è superiore agli 80 anni, in Cilento è di 85 per gli uomini e 92 per le donne». Lei si è occupato degli americani Ancel e Margaret Keys. Che legame avevano con il Cilento? «I Keys codificarono proprio in Cilento la dieta mediterranea, una dieta spazza arterie che aiutava tutto il nostro apparato cardiocircolatorio a mantenersi in forma, a differenza di altri stili di vita soprattutto anglosassoni che prevedono molti grassi animali, molti cibi contraffatti, molto cibo industrializzato. Nel corso degli anni abbiamo scoperto che questo tipo di cibo non è pericoloso solo per l’apparato cardiocircolatorio ma può originare numerose forme tumorali, colon, intestino, fegato…». Quando si identifica una blue zone, si indaga sui motivi che determinano questa longevità. Lei ha esteso il significato di dieta cilentana, raccontandola come una dieta esistenziale. Quali sono i suoi 5 pilastri? «Una “dieta” comportamentale. I cui 5 pilastri sono modalità di vita ben conosciuti, che noi avremmo come innate ma che purtroppo stiamo perdendo. Il primo è il movimento: noi siamo una macchina pensata per muoverci in continuazione, muoversi poco è molto dannoso per l’organismo. Come in tutte le civiltà rurali, nel metodo Cilento ci si mantiene in attività fino a tardi. Nelle professioni urbane, una delle più longeve è quella dell’avvocato, perché continua a muoversi ed esercitare fino a tarda età, anche oltre gli 80 anni. Lavorare moderatamente, senza stress, contribuisce a mantenere il corpo in attività. Secondo pilastro, il cibo. Terzo, tenere in piedi relazioni sociali. Noi siamo animali da branco, abbiamo conquistato la Terra lavorando di squadra: non siamo forti, non siamo veloci, non abbiamo grandi qualità naturali, però abbiamo sviluppato questa capacità relazionale che nel corso degli anni ci ha allungato la vita e che rende più facile affrontare le situazioni di difficoltà. Quarto, dare il giusto tempo alle cose, il riposo, inteso non come assenza di attività ma come parte integrante di un nostro bisogno di stare bene e non essere unicamente e sempre assorbiti dal lavoro concepito come valore assoluto». L’ossessione tutta contemporanea della produttività… «Esatto. Ma bisogna darsi il tempo giusto. Anche per coltivare il quinto pilastro che è la spiritualità, intesa non solo come religiosità. Certamente, se uno crede è notevolmente avvantaggiato, ma spiritualità vuol dire anche coltivare il piacere di andare a vedere una mostra, di guardare un paesaggio, coltivare tutta una serie di emozioni interiori che non devono essere finalizzate al lavoro. Una vita completa, insomma, che abbiamo perso progressivamente dalla Rivoluzione industriale in poi perché abbiamo accentuato l’aspetto della specializzazione e dell’iperspecializzazione. Ricordiamo tutti l’alienazione del famoso film di Charlie Chaplin Tempi moderni. Si tratta di recuperare tutte le funzioni. Ecco perché “metodo Cilento”. Che non vuol dire voler tornare indietro alle società rurali di un tempo, ma significa avere l’intelligenza di darsi il giusto tempo anche nelle grandi città». Quindi non è tanto, o non è solo, un Dna cilentano, ma è una modalità esistenziale cilentana che noi possiamo esportare anche fuori dal Cilento? «Il Dna è importante, fa tanto, però fa tanto anche come si vive. Il libro è stato scritto a quattro mani e gli inserti scientifici del professor Vecchio spiegano studi precisi, statistici. Almeno un terzo di alcune gravi malattie dipendono dal modo di alimentarsi, tante malattie dipendono dal non fare movimento e dal non seguire questi precetti. Ecco perché è importante adeguarsi». Mi ha colpito la parte in cui lei spiega che la dieta cilentana aiuta a prevenire e contenere la demenza senile e in Cilento ci sono meno casi di Alzheimer rispetto alla media italiana. Quindi, si invecchia di più e meglio, perché il problema di essere anziani è anche quello di perdere brillantezza cerebrale e cognitiva. «La cosa fondamentale, forse, più che vivere a lungo è vivere bene. È importante tenersi in attività, sentirsi vivi, fare qualcosa. Per esempio, molti anziani continuano a coltivare l’orto. L’orto dà una soddisfazione incredibile. Quando tu la mattina hai fatto l’orto per due ore, senti di aver fatto qualcosa di positivo e questo sentimento di benessere interiore aiuta a stare meglio». Oltre a fornirci prodotti biologici autoprodotti… «Ça va sans dire...». Ci riassume la dieta cilentana? «Parte dal presupposto che l’uomo è un animale onnivoro e quindi niente è proibito. Però bisogna seguire le proporzioni, l’equilibrio. È la famosa piramide, che recentemente è stata anche aggiornata, in cui alla base ci sono le cose che dobbiamo mangiare in abbondanza come verdura, frutta, cereali, legumi. Poi piano piano si sale e all’ultimo ci sono gli zuccheri e la carne, che non sono alimenti proibiti, ma da prendere nelle giuste proporzioni». Con cautela? «Noi con la carne abbiamo un problema: quello che era il cibo dei ricchi è diventato il cibo dei poveri». Impoverendosi, anch’essa a volte, qualitativamente… «Sì, con gli allevamenti intensivi. Con questo modello alimentare anglosassone basato sui grassi animali che si è imposto un po’ ovunque ci sono state gravissime conseguenze, gravissime patologie che si sono diffuse. E una qualità della vita molto bassa per gli animali e pessimi effetti per l’ambiente. La carne sicuramente non va demonizzata, noi siamo animali che mangiano carne tant’è vero che la digeriamo, però dev’essere misurata». Forse ne mangiamo troppa e di cattiva qualità? «Esatto. La carne si deve accompagnare alle fibre, che aiutano anche la digestione. Queste sono novità che la scienza e la nutraceutica stanno fornendo. Per esempio, pomodoro più olio d’oliva non è un uno più uno che fa due, ma tre, nel senso che queste due sostanze interagendo fra di loro danno ulteriori benefici rispetto alla sola somma delle due sostanze prese singolarmente. Questi precetti sono il risultato di una pratica che c’è sempre stata ma adesso ne conosciamo le conseguenze scientifiche». È la famosa sapienza popolare. In Cilento mangiano da sempre come gli scienziati oggi ci dicono che ci farebbe benissimo mangiare. «Sì. Mangiavano, perché le abitudini alimentari sono cambiate anche qua. Sicuramente stando al Sud è molto più facile seguire questi precetti perché nel patrimonio della gastronomia napoletana e meridionale in genere la verdura, gli ortaggi, i legumi, hanno sempre una grandissima importanza, non sono alimenti di complemento, spesso hanno una centralità, pensiamo alle paste con i legumi che fanno tanto nella tradizione napoletana e che sono piatti vegetariani, vegani, se vogliamo, naturali, mangiati continuamente. Bisogna ritornare a questo. Fondamentale è saper fare la spesa ogni giorno, mangiare alimenti di stagione. È fondamentale per noi e per chi produce questi alimenti. Invece noi abbiamo perso questo contatto con la produzione del cibo, abbiamo l’idea che possiamo avere tutto sempre ma è un’idea profondamente sbagliata dal punto di vista alimentare». Tanti non conoscono la stagionalità reale, pensano che la natura funzioni così come la vedono esposta al supermercato dove troviamo tutto fuori stagione… «Avere i limoni d’inverno, fuori stagione, vuol dire importare i limoni argentini che sono seppelliti nei solfiti proprio per avere una vita più lunga. Dobbiamo stare molto attenti quando scegliamo e fare la spesa ogni giorno vuol dire conoscere i prodotti ogni giorno. Non si può trovare la scusa che non abbiamo tempo per questo». Hygge danese, ikigai giapponese, zen, buddhismo: siamo spesso affascinati dalle filosofie di vita non italiane ma nel nostro paese abbiamo modelli validi e importanti come appunto il modello cilentano. «È il modello della dieta mediterranea, che è il più compatibile dal punto di vista del rapporto con l’ambiente e del rapporto con la salute».