2019-12-19
Il romanzo dell’opera «antidepressiva» che salvò dal baratro Sergej Rachmaninov
Il maestro si riteneva un compositore fallito. Non avrebbe scritto il suo capolavoro senza quel terapeuta consigliato da Lev Tolstoj.Probabilmente è il concerto per pianoforte e orchestra più popolare e più eseguito, anche se non molti saprebbero indicarne l'autore. Il Secondo concerto in do minore op. 18 di Sergej Rachmaninov (1873-1943) ha una genesi tanto contorta quanto lineare è stata la sua fortuna, nonostante la critica abbia sempre avuto nei confronti del compositore russo ogni sorta di preconcetto proprio per la sua «facilità», diametralmente opposta alla complicatissima scrittura pianistica. A Rachmaninov è stata sempre rimproverata quella vena da «romantico a oltranza» che rende la sua musica una sorta di anomalia rétro del Novecento. Eppure quel concerto emerge dal buio della depressione in cui l'autore era sprofondato nel 1897 dopo la ferocissima stroncatura della sua Prima sinfonia in re minore op. 13, fatta a pezzi dalla bacchetta di Aleksandr Glazunov (1865-1936) che diresse ubriaco e dalla penna del velenoso critico e mediocrissimo compositore Cezar' Kjui (1865-1918). La partitura andrà perduta nei torbidi della rivoluzione del 1917 (sarà ricostruita solo molti decenni dopo) e l'autore si perderà subito nei meandri del crollo psicologico.Il fallimento come compositore, attività parallela a quella di pianista superbo e di valente direttore d'orchestra, lo spinge a non scrivere nulla per tre anni. Poi alcuni amici lo inducono a fare visita a Lev Tolstoj (1828-1910), nume sacro della cultura russa, già amico di Pëtr Il'ič Čajkovskij (1840-1893) che Rachmaninov considera un maestro e un modello, affinché lo scrittore possa aiutarlo a ridargli fiducia in sé stesso. Si racconta che Rachmaninov abbia allora eseguito al pianoforte alcune sue pagine e alla fine Tolstoj gli abbia chiesto retoricamente se il mondo avesse davvero bisogno di musica come quella. Sarebbe potuto essere il colpo fatale per l'equilibrio già compromesso di Rachmaninov (oltre all'insuccesso musicale, si arrovellava perché la Chiesa ortodossa non gli concedeva la dispensa per sposare la cugina Natalia Satina), se Tolstoj non gli avesse dato un consiglio che il musicista seguì: farsi curare dal dottor Nikolaj Dahl (1860-1939), un affermato neurologo, psichiatra e psicologo. Dahl, che era un violoncellista dilettante, prese particolarmente a cuore il caso. Attraverso l'ipnosi e per tre mesi, a partire da gennaio 1900, spinse Rachmaninov a rimettersi a comporre, insistendo su un lavoro di ampio respiro che sarebbe stato il suo capolavoro. Nacque così il Secondo concerto op. 18, che segna la rinascita di Rachmaninov come compositore e gli dà una straordinaria fama, ben oltre il celebre preludio in do diesis minore dell'op. 3 (di cui peraltro aveva dimenticato di registrare i diritti e che era diventato la sua persecuzione perché tutti glielo chiedevano come bis). Il Concerto venne dedicato appunto al dottor Dahl. Ma nei primi anni del Duemila un nipote di Rachmaninov, Aleksandr, rivelò di essere a conoscenza, per confidenze della nonna fatte alla figlia, che il nonno utilizzasse le sedute dal dottor Dahl non per curare la psiche ma per frequentare una ragazza di cui si era invaghito, la quale dopo il matrimonio con Natalia Satina (nel 1902 aveva ottenuto la dispensa) avrebbe fatto parte di una specie di ménage à trois. Proprio la promessa sposa avrebbe scorto sulla partitura la dedica a questa ragazza, imponendo al compositore di sostituirla con quella a Dahl.Vuoi per la calda vena di spinto romanticismo, vuoi per la seducente ricchezza melodica che pervade i tre tempi, fatto sta che il Concerto diventa in breve una sorta di icona musicale. Il regista David Lean nel 1946 lo utilizza in una pellicola, tanto zuccherosa quanto sessuofobica, Breve incontro, ed è facile immaginarne l'effetto. E così Billy Wilder, per parodia, nel 1955 piazza Rachmaninov nel cuore del fortunatissimo Quando la moglie è in vacanza. Nel film Tom Ewell è colpito dall'avvenenza della bionda vicina di casa, Marilyn Monroe, e fa un pensierino su come sedurla. Ci vuole la musica, allora scorre i dischi. «Forse un sottofondo musicale… Vediamo… Debussy, Ravel, Stravinskij… Stravinskij può spaventarla! Eccolo, è lui, Rachmaninov. Fammi da galeotto, imprigioniamoci nel sogno! L'ottimo Rachmaninov, il Secondo concerto per pianoforte che non sbaglia mai». A quel punto fantastica di una Marilyn fasciata in un abito seducente che gli si siede accanto mentre lui al pianoforte si abbandona al primo movimento, e lei gli dice che suonare quel concerto è sleale perché le dà i brividi, la pelle d'oca, chiedendogli allusivamente di non smettere mai. Quando la vicina di casa arriva veramente nell'appartamento, lui gigioneggia mentre mette il disco di Rachmaninov sul piatto, ma lei lo gela: «Questa la chiamano musica classica, vero? L'ho capito perché non cantano». Tom Ewell prova allora un disperato affondo: «Spessissimo la gente si sente distrutta da questa musica. Li scuote, hanno i brividi, hanno la pelle d'oca, dappertutto!». Marilyn divaga con patatine e champagne ed Ewell si arrende: «Forse è meglio gettare Rachmaninov alle ortiche, non è stata una grande idea…». Allora suonano insieme uno stupido motivetto per bambini (Chopsticks di Euphemia Alle, Le tagliatelle nella versione italiana) e Marilyn si rivela: «Io con Rachmaninov non le sento le scosse, ma con questa sì!».