2022-05-22
Il ritorno del padre grazie ai ragazzi che sanano i disastri degli anni Settanta
Dopo le leggi che hanno flagellato la famiglia e le ansie sociali degli anni Ottanta, i giovani ridanno forza alla figura paterna.Il padre è una persona che non sta ferma. La sua funzione specifica è proprio quella di sostenere e ispirare il movimento nella vita dei figli che il suo desiderio ha contribuito a generare. Il padre aveva del resto già suscitato movimento, sorprese e importanti cambiamenti fin dalla sua comparsa nella prima versione di questo libro: quella che presentò venti anni fa l’inquietante figura del «padre assente inaccettabile», fino allora non particolarmente notata. Con quel libro e gli animati incontri che lo accompagnarono dal nord al sud del Paese vennero, così, gradualmente riconosciuti e discussi problemi come quelli relativi, appunto, alla mancanza paterna, formazione dei figli, salute della famiglia e della società, in un dibattito tuttora in corso. L’immagine del padre che ritorna, invece, segnala oggi il movimento nella direzione opposta: il padre vuole ritornare. L’assenza è ormai inaccettabile anche per lui, che tiene a manifestarlo, e la donna è sempre più spesso pronta ad aiutarlo. Si tratta di fenomeni finora inattesi e di straordinaria attualità e interesse. L’immagine iconica che rappresenta meglio questa fase nella società è quella del padre che, sollecitato a riprendere il lavoro in azienda dopo i lunghi periodi di «lavoro da remoto» degli anni 2020-2022, rifiuta di tornare alle condizioni lavorative e agli orari precedenti e comunica la sua volontà di stare di più con i figli, e vivere più pienamente la sua paternità. Un movimento questo (chiamato nel mondo la Great resignation o grande dimissione) che coinvolge ormai nei Paesi sviluppati decine di migliaia di persone in sfide che sollecitano le società occidentali a un forte e profondo cambiamento, non solo produttivo ma esistenziale e spirituale. Comunque si risolva, sarà una svolta importante nelle scelte quotidiane di uomini e donne di oggi. Si tratta di posizioni che finiscono tutte con il rimettere al centro dell’esistenza delle persone gli affetti, la famiglia e la fede, rimossi invece spesso negli ultimi cinquant’anni dalle ambizioni economiche e ansie per i diversi tipi di status sociale che, anche attraverso i consumi, tendevano a prevalere sul mondo più intimo, profondo e personale, quello dei sentimenti e del senso della vita. Ciò che si manifesta, e il ritorno del padre segna, è la fine degli anni Settanta e Ottanta e dei loro miti comportamentali e culturali, rafforzati dalle leggi di quegli anni finalizzate all’indebolimento della famiglia con i suoi contenuti affettivi, e alla sua sostituzione con i nuovi strumenti elettronici di comunicazione e formazione, impersonale e collettivizzata. Questo modello cominciò a naufragare attorno al 2010, proprio quando arrivò alla maggiore età la prima delle generazioni che si erano formate nel mondo degli anni ’70, poi quella dei millennials, seguita dalle altre fino ai più recenti nativi digitali, ognuna con i suoi misteri e le sue pene. Che hanno, però, in comune, la caratteristica di avere condiviso le sofferenze tipiche di quegli anni: la crisi della famiglia successiva alla generalizzazione dei divorzi, l’espulsione del maschile dall’esperienza dell’aborto, la sostituzione dell’affettività personale con codici comunicativi standardizzati e collettivi, la propaganda delle diverse forme di maternità surrogata e artificiale. Come raccontano con precisione la maggior parte degli studi sociologici e psicologici sull’argomento, i ragazzi usciti dall’esperienza dei genitori anni Settanta e Ottanta avevano ben chiaro in testa che con quel tipo di famiglia e di vita affettiva volevano avere a che fare il meno possibile. Avevano già sofferto troppo personalmente, e visto con i loro occhi che quella famiglia non funzionava, soprattutto per i figli. La prima conseguenza del rifiuto delle nuove generazioni allo stile di vita degli anni Settanta è stata, a lungo, il rigetto del matrimonio: come hanno spiegato in numerose ricerche, non volevano ripetere l’esperienza dei genitori. Solo dopo il primo decennio di questo secolo, il ricorso al divorzio smette di aumentare e il matrimonio, molto gradualmente, torna a essere il sogno di molti giovani. Anche se, spesso, non esplicitato perché la loro fiducia negli adulti (e in sé stessi) rimane a lungo scarsa, per via delle esperienze traumatiche subite. Il loro atteggiamento, però, cambia profondamente ed esprime abbastanza presto ciò che del resto riconoscono e dichiarano: il bisogno di scambi affettivi, quel caldo centro della famiglia che non sanno se saranno in grado di costruire, ma certamente desiderano. Il giovane uomo di oggi ancora teme di poter essere espulso dal matrimonio come spesso è capitato al padre, ma desidera intensamente una famiglia dove ci si scambi affetti e cure; e se trova una ragazza che condivida questo sogno, è ormai spesso in grado di sposarla. Le grandi ferite inferte dai toni settari delle leggi sulla famiglia del secolo scorso si stanno lentamente rimarginando, mentre si esaurisce progressivamente l’ansioso ed egoistico edonismo dell’epoca. Il cinquantennio dei comportamenti sfrenati e dell’affettività gelida sta finalmente terminando. È vero, però, che le leggi sulla famiglia, che hanno avuto un ruolo importante nel determinare quei comportamenti, sono ancora lì e gestiscono aspetti molto importanti come la condizione dei figli dopo separazioni/divorzio la cancellazione del padre nella vicenda dell’aborto. Ha ragione, dunque, lo storico Marc Bloch quando ci chiede di, «prima di tutto, vedere il passato» anche per «riconoscere le cause e l’eventuale ripetersi dei comportamenti» . Su questi temi, però, l’osservazione dei cambiamenti avvenuti con l’entrata in campo delle nuove generazioni è piuttosto rassicurante: si tratta di leggi di cinquant’anni fa, da tempo non più attuali, che come sempre verranno modificate con le nuove esigenze. Il tentativo degli Stati di condizionare fortemente la vita delle persone con interventi legislativi che occorre per forza modificare dopo, è un fenomeno ricorrente nella storia, dove gli aspetti ideologici prima o poi cadono per lasciare spazio alle esigenze affettive più vitali. Dopo il 1789, ad esempio, il potere rivoluzionario francese considerò i legami famigliari come nemici della libertà dell’individuo e della società. In pochissimo tempo furono varati: il divorzio, l’abolizione della patria potestà e di quella maritale, la promozione delle nascite libere e dell’adozione. Molti pensarono che la famiglia stesse per estinguersi. Solo 12 anni dopo però, nel 1801, il presidente del Consiglio di Stato francese, aprendo i lavori da cui sarebbe nato il Codice civile napoleonico, riconobbe che «le leggi rivoluzionarie avevano distrutto la famiglia». E la Francia (e l’Europa) corsero ai ripari. Con l’approvazione del Codice civile, infatti, le riforme famigliari della Rivoluzione vennero abrogate, le norme precedenti in gran parte ripristinate, e rimasero in vigore quasi totalmente fino, appunto, agli anni Settanta del Novecento. Come racconta Hannah Arendt nei suoi lavori, non è difficile varare qualche legge per mettere in forti difficoltà la famiglia, ma è stato finora impossibile consentire senza di essa il proseguimento della comunità umana. Tensioni e comportamenti fortemente antifamigliari si erano del resto, ancora prima, manifestati in epoca classica a Roma: diminuivano le nascite e i matrimoni, mentre i cittadini romani preferivano adottare schiavi stranieri invece di prendersi la responsabilità di generare e curare figli propri. Intervenne allora nel 18 e 19 d.C. Cesare Augusto con le sue Leges Iuliae sulla famiglia, incentivando in particolare il matrimonio, la natalità e ispirandosi complessivamente ai costumi tradizionali (mos maiorum). La decadenza tra i romani rallentò. Gradualmente, ripresero le nascite, in particolare nelle coppie di religione ebraica e cristiana, rispettose della donna e impegnate nella cura e formazione dei figli, definiti «benedizione» dal loro Dio, molto diverso dal libertino Giove, con i suoi aspetti maniacali. L’impero non si estinse e il ripristino dei mores maiorum, assieme alla visione affettiva e religiosa del cristianesimo, diedero all’impero altri quattro secoli di vita. In questi conflitti o alleanze con il potere politico appare chiaro come l’impegno specifico della famiglia sia, da sempre nella storia umana, la tutela della vita e lo sviluppo tra i suoi componenti di legami dotati di senso per la persona, quindi fecondi per la società e il suo sviluppo. La base della famiglia non è né la ricerca di piacere, né la gratificazione personale, ma il dono di sé agli altri per la loro crescita e il loro sviluppo. Una pratica e un gesto d’amore senza il quale le civiltà muoiono. È per evitarlo che il padre, oggi, ritorna, attraverso le nuove e inaspettate scelte dei suoi figli.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)