2019-11-06
Il risiko dei commissari azzoppa Ursula
La commissione Ue rischia lo smacco di non insediarsi neanche il primo dicembre. Il nome proposto dalla Romania fa saltare gli equilibri tra i partiti e le quota rosa. Mentre Parigi insiste con la candidatura divisiva di Breton. E sullo sfondo resta la Brexit.Dieci minuti a piedi nel centro di Bruxelles bastano per avere due impressioni opposte sulla nascita della prossima Commissione europea. A Palazzo Berlaymont, sede dell'esecutivo, c'è ottimismo sulle possibilità che il presidente Ursula von der Leyen possa insediarsi il prossimo primo dicembre evitando un nuovo rinvio che saprebbe di sconfitta. Infatti, la nuova Commissione ha già dovuto chiedere a Jean Claude Juncker di rimanere un mese oltre la scadenza naturale del mandato (il primo novembre) a causa delle difficoltà a chiudere il cerchio delle nomine.Ma i tempi sono strettissimi e la nuova Commissione rischia di non vedere la luce prima della plenaria di Strasburgo dal 25 al 28 novembre. E a questo punto sarebbe necessario un nuovo rinvio. Proprio dall'Eurocamera, a un chilometro da Palazzo Berlaymont, trapela scetticismo visto che l'incontro della commissione giuridica del Parlamento europeo previsto per oggi per esaminare i commissari designati di Francia, Ungheria e Romania è stato rimandato alla prossima settimana.Infatti, mentre anche la Commissione uscente deve fare i conti con alcuni intoppi (il presidente Juncker si sottoporrà lunedì prossimo a un intervento chirurgico per un aneurisma lasciando l'interim al suo vicepresidente, Frans Timmermans), i dossier ancora aperti per quella entrante sono tre: i candidati di Romania, Francia e Regno Unito. Ieri il nuovo governo di Bucarest, guidato dal leader liberale Ludovic Orban, ha proposto l'europarlamentare Sigfried Muresan per la carica di commissario europeo. Il tutto dopo che a fine settembre la Commissione giuridica dell'Europarlamento aveva ritenuto inadatta Rovana Plumb, in corsa per il portafoglio dei Trasporti, per «conflitti di interesse». Assieme a lei e per le stesse ragioni fu bocciato anche l'ungherese Laszlo Trocsanyi, a cui sarebbe spettata la delega all'allargamento. Incassato il no a quest'ultimo, il premier ungherese, Viktor Orbán, ha indicato Olivér Várhelyi, ambasciatore del governo di Budapest all'Ue e uomo vicinissimo al Ppe. Stesse simpatie politiche di Muresan. Ed è questo uno dei due particolari che minano la commissione von der Leyen. Infatti, mentre Rovana Plumb era donna e socialista, Muresan è uomo e popolare: e così la scelta del romeno Orban fa saltare sia la spartizione delle poltrone tra le due grandi famiglie europee, sia la promessa del presidente von der Leyen di rispettare la parità di genere nel suo esecutivo.Ma questi due parametri rischiano di saltare anche sull'altro, il terzo candidato in attesa di figurare davanti alla commissione Juri: parliamo del francese Thierry Breton, scelto dal presidente Emmanuel Macron dopo la bocciatura di Sylvie Goulard. Era destinata a un portafoglio extralarge: il mercato interno con deleghe pesantissime come quelle all'industria della difesa e dello spazio e quella al digitale. Non è detto che le competenze non vengano ridistribuite e che Breton, vicinissimo al Ppe ed ex ministro dell'Economia con il premier repubblicano Dominique de Villepin e il presidente Jacques Chirac, debba gestire le stesse materie che erano state assegnate a Goulard. Ma intanto sulla sua scelta pesano diverse incognite. E non soltanto per la parità di genere e per il rischio che il Partito popolare europeo cannibalizzi la prossima Commissione. Anche Breton rischia il conflitto di interesse, visti i 35 milioni di euro in azioni che dovrà vendere prima di entrare nell'esecutivo europeo. Ma c'è di più su quest'uomo con un passato da top manager nelle grandi aziende d'Oltralpe, a partire da France Télécom. Secondo Euobserver.com, la società informatica Atos, da lui guidata fino a poco fa, «ha ospitato, per conto del Regno Unito, una copia parziale e illegale dei dati della polizia dell'Unione europea». In pratica, ha permesso a Londra di accedere illimitatamente alle informazioni comunitaria nonostante non potesse non facendo parte dell'area Schengen. A Bruxelles però serpeggia il dubbio che Macron abbia voluto spararla grossa nominando Breton, per mettere in difficoltà chi, sia a sinistra sia a destra (in particolare i popolari tedeschi vicini al fu spitzenkandidat Manfred Weber, la cui nomina a capo della Commissione è stata affossata proprio dall'Eliseo), aveva bocciato la sua prima scelta: ora sta a loro, dicono da Parigi, scegliere se confermare Breton nonostante i timori di conflitto d'interesse o rischiare di far slittare ancora una nuova l'entrata in carica della commissione von der Leyen.Come se non bastasse c'è l'incognita Brexit, con il rinvio al 31 gennaio 2020. Il governo di Boris Johnson potrebbe decidere di confermare il commissario uscente, Julian King, per le poche (almeno in teoria) settimane che restano, nella speranza che gli altri 27 trovino un'intesa per evitare al premier di Londra, in piena campagna elettorale in vista del voto del 12 dicembre, di dover nominare un nuovo commissario. Il che andrebbe di fatto contro la sua propaganda anti Ue e pro Brexit. Se a questo aggiungiamo l'ammissione di Margrethe Vestager, numero due della Commissione, circa la necessità di una «maggioranza ad assetto variabile» che guardi anche ai sovranisti, ecco che c'è chi scommette che Ursula von der Leyen non mangerà il panettone.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson
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