2021-05-30
Il Recovery fund strappa il via libera. Ora comincia la giostra dei ricatti
Ursula von der Leyen (Ansa)
Con il sì di Austria e Polonia si sono concluse le ratifiche. Ora la Commissione deve emettere 60 miliardi di bond e approvare i piani degli Stati. All'Italia toccano ben 53 riforme per non perdere i soldi.Tra giovedì e venerdì si sono conclusi i processi di ratifica nazionali dello strumento giuridico che consentirà alla Commissione di emettere obbligazioni e poter così erogare i sussidi del Recovery fund. I Parlamenti di Austria e Polonia, quest'ultima con non poche tribolazioni, si sono uniti a quelli degli altri 25 Stati membri e così la Decisione sulle risorse proprie, adottata dal Consiglio già a dicembre scorso, è ora pienamente efficace.Bisogna riconoscere che la conclusione in soli cinque mesi dall'adozione da parte del Consiglio è un risultato eccezionale se paragonato ai 29 mesi che furono necessari in occasione della Decisione del 2012, le cui ratifiche terminarono solo nel 2014. Questa volta, dopo l'enorme capitale politico investito dalla Ue a partire dal maggio 2020, sarebbe stato quasi impossibile cadere su questo primo tornante.Questa Decisione è infatti fondamentale per il funzionamento della Ue. Essa disciplina anche il bilancio ordinario 2021-2027, pari a 1.074 miliardi e che prevede la copertura di tutte le spese con entrate proprie (in sostanza: contributi e tasse versati dagli Stati membri). Per di più, quest'anno conteneva in sé il fatto straordinario costituito dal potersi indebitare con i mercati per finanziare le spese del Next generation Eu e introduceva anche un piano per aumentare le entrate (del quale vi abbiamo riferito in dettaglio lo scorso 22 maggio), facendo leva su tasse aggiuntive rispetto a quelle nazionali e allentando così la dipendenza dell'Ue dai contributi delle singole nazioni.La scadenza di fine maggio era anche essenziale per consentire alla Commissione di partire con le emissioni dal mese successivo, cioè giugno. Pochi giorni in più nelle ratifiche sarebbero costati un mese di ritardo nelle emissioni.Ora può cominciare il viaggio nella sequenza di gironi danteschi concepiti nel Consiglio europeo del luglio 2020. Tutti gli occhi sono puntati verso la Commissione, che ha un duplice e contemporaneo compito: da un lato prepararsi a collocare almeno 60 miliardi di bond per poter erogare l'anticipo del 13% agli Stati; dall'altro, approvare i Recovery plan nazionali.Sul primo punto, l'intenzione della Commissione è quella di sfruttare al massimo il momento di relativa calma sui mercati obbligazionari e raccogliere almeno 40 miliardi prima della pausa estiva, per poi completare a settembre. L'esperienza delle emissioni di titoli per il Sure offre alcune indicazioni al riguardo. Ci sono voluti ben sette mesi per raccogliere ed erogare agli Stati 89 miliardi - l'Italia ha incassato solo martedì scorso gli ultimi 750 milioni su 24,7 miliardi totali - con emissioni mensili non superiori a 22 miliardi. Ma questo calendario deve incrociarsi con quello della valutazione e approvazione dei piani nazionali per i quali la Commissione ha otto settimane per la valutazione e il Consiglio altre quattro per l'approvazione. In questo modo, anche per i piani consegnati il 30 aprile, il processo si completerebbe a fine luglio. Troppo tardi per emettere titoli. Allora è partita una corsa contro il tempo di cui ha dato conto il Financial Times negli ultimi giorni, raccogliendo le dichiarazioni del ministro delle Finanze portoghese (che ricopre la presidenza di turno del Consiglio) Joao Leao: «La Commissione ha già maturato un orientamento positivo sulla maggior parte dei piani e vorremmo approvarli per giugno». È questa la data fatidica: per venerdì 18 giugno è già programmato un Consiglio Ecofin e potrebbe essere quello buono per l'approvazione dei primi piani, tra i quali potrebbe esserci anche quello italiano, beneficiario di un anticipo pari a circa 25 miliardi. Intanto venerdì Irlanda e Svezia hanno presentato i rispettivi piani, portando a 21 il numero dei Paesi che l'hanno fatto, per un totale di 306 miliardi di sussidi e 151 di prestiti. Con l'Italia che vanta il ben poco invidiabile primato di aver richiesto l'81% dei prestiti complessivi.Bisogna correre anche perché è molto probabile che Danimarca, Svezia e Olanda chiedano ai rispettivi Parlamenti di approvare tutti i singoli piani nazionali, e la prospettiva che questo processo si prolunghi oltre l'estate è visto come un incubo a Bruxelles. Ecco perché fonti diplomatiche fanno sapere che la presidenza portoghese è troppo ottimista.Giugno o luglio che sia, questo è solo il biglietto d'ingresso per accedere al primo dei gironi infernali. Ogni pagamento semestrale sarà condizionato al rispetto di ben precisi obiettivi intermedi e finali di ciascun progetto di investimento, sia qualitativi che quantitativi. E questo è il meno. Il più è invece costituito dal rispetto degli avanzamenti delle riforme legislative. Il piano italiano contiene 53 misure legislative: nove da adottarsi con decreto legge (di cui ben sette entro maggio, una entro giugno 2021 e una entro giugno 2022); 12 con legge delega; una con l'adozione di un decreto legislativo. Un diluvio normativo, le cui linee guida sono già tutte contenute nel piano inviato a Bruxelles, e che offre ben poco spazio di agibilità a qualsiasi futura maggioranza politica. Ormai si fa sempre più nitida la fotografia che vi anticipammo mesi fa: le condizioni a cui dovrà sottostare il nostro Paese - per lasciarsi intermediare dall'Ue nell'accesso ai mercati - implicano il sostanziale azzeramento della potestà legislativa parlamentare. Resterà solo la forma.Mentre si cerca l'orientamento in questo infernale labirinto, venerdì il Tesoro ha raccolto 6,5 miliardi a cinque e dieci anni con tassi da prefisso telefonico. Tuttavia, nulla pare poter impedire che il nostro Paese finisca definitivamente sotto vincolo esterno.
Donald Trump (Getty Images)
Donald Trump (Getty Images)
Andrea Crisanti (Imagoeconomica)