
La morte del presidente della Figc dal 2014 al 2018. Scelse un ct impreparato e non andammo ai mondiali. Però lui si dimise: non fu solo un fallimento sportivo. Le gaffe razziste, le battutacce sulle donne e qualche intuizioneIl pirata del calcio italiano se n’è andato. All’età di 79 anni, l’ex presidente della Federcalcio Carlo Tavecchio è morto nella notte tra venerdì e sabato in un ospedale brianzolo, dov’era ricoverato da mercoledì per problemi polmonari. Sanguigno, grande conoscitore del calcio dilettantistico e uomo pratico, si dimise nel 2017 (rimanendo in carica fino al 29 gennaio 2018) dopo la mancata qualificazione ai Mondiali dell’Italia di Gian Piero Ventura. Di lui, impossibile dimenticare le gaffe in serie. Donne, gay, ebrei, neri: Tavecchio non ha risparmiato nessuno. A lui dobbiamo l’adozione della Var, il grande occhio delle telecamere che aiuta gli arbitri a sbagliare di meno e il mondo del pallone a ridurre un po’ il livello di polemiche e complottismo. Ex dirigente di banca in Brianza, aveva due grandi passioni: il calcio e la politica. A 33 anni si candida a sindaco della sua Ponte Lambro, 4.000 anime tra i due rami del Lago di Como. Fa il sindaco per la Democrazia cristiana per tre mandati consecutivi. Poi si ferma lì e nel 1974 fonda con alcuni amici la Polisportiva di Ponte Lambro, per diventare presidente della Pontelambrese fino al 1990. La sua carriera nel mondo del calcio è da vero fondista. Nel 1987 inizia come semplice consigliere della Lega dilettanti in Lombardia, poi nel 1992 diventa vice presidente nazionale e nel 1996 conquista la guida del Comitato regionale Lombardia. La scalata ai dilettanti si compie con la presidenza nel 1999 e nel 2007 eccolo alla vicepresidenza della Fgci, di cui diventa presidente nel 2014. Nel 2021, Tavecchio era tornato da dove era partito, ovvero alla guida del Comitato regionale Lnd. Lontano dai campi e campetti non sapeva stare. Se la caratura di un personaggio pubblico si vede nel momento dell’addio, per Tavecchio questo momento sono le dimissioni da presidente della Fgci. A suo onore va detto che è stato l’unico della federazione che ha sentito il dovere di lasciare la poltrona dopo la disastrosa eliminazione con la Svezia. E l’allenatore-affabulatore Gian Piero Ventura, discreto a livello di club ma nulla più, non l’aveva scelto certo da solo. Il 20 novembre 2017, la conferenza stampa per l’addio è lo show di un Tavecchio decisamente furioso. «Se il tiro di Darmian fosse finito dentro e non sul palo, oggi sarei un eroe. Forse avrei dovuto sostituire Ventura nell’intervallo con la Svezia», attacca. Un’ora prima aveva rassegnato le dimissioni e quindi pensa bene di andare a ruota libera e mentre parla con i giornalisti si viene a sapere che il Coni di Giovanni Malagò ha commissariato la Fgci. «Un fatto grave. Chapeau, chapeau…» reagisce Tavecchio, che ci tiene a dire pubblicamente di essere stato vittima di un «atto di sciacallaggio» e si non dà pace per il presunto tradimento della «sua» Lega dilettanti. Poi attacca ancora Malagò: «Ieri il presidente del Coni ha rivelato che fu Marcello Lippi a scegliere Gian Piero Ventura come ct, parlando di un incontro durante una cena privata. Ma non parlo delle cene private, io mi sono sempre assunto la responsabilità dell’arrivo di Ventura». Alla fine, Tavecchio ripeteva spesso che si era dimesso «per un insuccesso sportivo» e non per aver fatto male il dirigente del calcio. E in effetti Tavecchio è stato per tutta la vita un dirigente sportivo pratico e appassionato, profondo conoscitore del sistema calcio. Ma dalla sua esperienza politica nella Dc non aveva certo imparato i modi felpati di tanti suoi compagni di partito e neppure l’attitudine alla diplomazia. Il 25 luglio d2014, in piena campagna elettorale per la presidenza Fgci, durante un’assemblea prende di mira un nigeriano della Lazio, Opti Pobà, dicendo che «qui gioca chi mangiava banane». Si scuserà dicendo che si riferiva al curriculum, ma la faccenda gli costerà sei mesi di squalifica Fifa. Sempre nel 2014, spunta sulla Rai un video in cui Tavecchio parla delle donne nel calcio come mezze «handicappate». Poi, un anno dopo, ecco una battuta omofoba contro un dirigente sportivo e un’invettiva contro un ricco commerciante romano ebreo («Non ho niente contro gli ebrei, ma è meglio tenerli a bada», la sua teoria). Almeno nel giorno della sua morte, al netto delle uscite infelici, va ricordato che Tavecchio ha provato a battersi contro l’impoverimento dei vivai italiani, che ovviamente va a discapito della nazionale. Intervistato da Radio Sportiva il 10 settembre 2018, raccontò: «In Italia non c’è coraggio, gli interessi economici di chi procura i giocatori all’estero sono evidenti, quindi non conta solo l’aspetto tecnico. Andava chiesto a livello politico all’Unione Europea la possibilità di avere solo 5 stranieri per squadra e questo era possibile anche durante il nostro semestre di presidenza, nel 2014». E più volte, negli ultimi dieci anni, Tavecchio aveva messo in guardia «dall’importare tonnellate di stranieri nei settori giovanili». Non per razzismo, ma a tutela della nazionale di calcio. Oltre a essere un dirigente che non aveva problemi a partire lancia in resta, Tavecchio è stato anche un innovatore. Per anni, fin dall’impegno tra i dilettanti, è stato il profeta dei campi in erba sintetica, che ha contribuito a sdoganare anche ai livelli maggiori. E con il suo grande amico e sostenitore Claudio Lotito ha sempre rivendicato il merito di aver portato in Italia la Var, tecnologia che risparmia ai tifosi tanti inutili dispiaceri.
Elly Schlein (Ansa)
La leader Pd dice che la manovra «favorisce solo i ricchi», come se avere un reddito da 50.000 euro lordi l’anno fosse da nababbi. In realtà sono fra i pochi che pagano tasse dato che un contribuente su due versa zero Irpef. Maurizio Landini & C. insistono con la patrimoniale. Giorgia Meloni: «Con me mai». Pure Giuseppe Conte non ci sta.
Di 50.000 euro lordi l’anno quanti ne finiscono in tasca a un italiano al netto di tasse e contributi? Per rispondere è necessario sapere se il contribuente ha moglie e figli a carico, in quale regione viva (per calcolare l’addizionale Irpef), se sia un dipendente o un lavoratore autonomo. Insomma, ci sono molte variabili da tener presente. Ma per fare un calcolo indicativo, computando i contributi Inps al 9,9 per cento, l’imposta sui redditi delle persone fisiche secondo i vari scaglioni di reddito (al 23 per cento fino a 28.000 euro, al 35 per la restante parte di retribuzione), possiamo stimare un netto di circa 35.000 euro, che spalmato su tre dici mensilità dà un risultato di circa 2.600 euro e forse anche meno. Rice vendo un assegno appena superiore ai 2.500 euro al mese si può essere iscritti d’ufficio alla categoria dei ricchi? Secondo Elly Schlein e compagni sì.
Elly Schlein e Vincenzo De Luca (Ansa)
Dopo aver sfidato lo «sceriffo di Salerno» il segretario dem si rimangia tutto. E per Roberto Fico conta sui voti portati dal governatore, che impone ricompense per il figlio. Sulla partita veneta, Ignazio La Russa apre a Luca Zaia nel governo.
«Vinciamo»: il coordinatore regionale di Forza Italia in Campania, Fulvio Martusciello, capodelegazione azzurro al Parlamento europeo, lo dice alla Verità e sembra convinto. L’ennesima manifestazione elettorale di Fi al centro di Napoli è un successo clamoroso: centinaia di persone, il ritratto di Silvio Berlusconi troneggia nella sala. Allora crede ai sondaggi più ottimisti? «No», aggiunge Martusciello, «credo a quello che vedo. Siamo riusciti a entrare in tutte le case, abbiamo inventato il coordinatore di citofono, che si occupa di curare non più di due condomini. Parcellizzando la campagna, riusciremo a mandare a casa una sinistra mai così disastrata». Alla remuntada in Campania credono tutti: da Giorgia Meloni in giù. Il candidato presidente del centrodestra, Edmondo Cirielli, sente aria di sorpasso e spinge sull’acceleratore.
Matteo Zuppi (Ansa)
Il cardinale Matteo Zuppi, in tv, svela la fonte d’ispirazione della sua dottrina sociale sui migranti: gli «industriali dell’Emilia-Romagna». Ai quali fa comodo la manodopera a buon mercato, che riduce le paghe medie. Così poi la sinistra può invocare il salario minimo...
Parafrasando Indro Montanelli, viene da pensare che la Chiesa ami talmente i poveri da volerne di più. Il Papa ha appena dedicato loro un’esortazione apostolica, ma le indicazioni di politica economica ai cattolici non arrivano da Leone XIV, bensì dai capitalisti. E vengono prontamente recepite dai vescovi. Bastava ascoltare, venerdì sera, il presidente della Conferenza episcopale italiana, Matteo Zuppi, intervistato a Propaganda live: l’immigrazione, ha insistito il cardinale su La 7, «è necessaria. Se si parla con qualsiasi industriale in Emilia-Romagna dice che non c’è futuro senza».
Il Carroccio inchioda i sindacati: «Sette mobilitazioni a novembre e dicembre. L’80% delle proteste più grosse si è svolto a ridosso dei festivi. Rispettino gli italiani».
È scontro politico sul calendario degli scioperi proclamati dalla Cgil. La Lega accusa il segretario del sindacato, Maurizio Landini, di utilizzare la mobilitazione come strumento per favorire i cosiddetti «weekend lunghi», sostenendo che la maggioranza degli scioperi generali indetti nel 2025 sia caduta in prossimità di giorni festivi o di inizio e fine settimana.





