2020-01-24
Il Pd spara sulla Rai perché fiuta la disfatta
Nicola Zingaretti e compagni devono aver visto gli ultimi sondaggi sull'Emilia Romagna. Altrimenti non si spiega la virulenza degli attacchi rivolti ai leghisti. Ora il manganello rosso cala sulla tv pubblica e i presunti favoritismi a Matteo Salvini. Ma nervosismo fa rima con paura...Al Pd devono essere giunti gli ultimi sondaggi sul voto in Emilia Romagna. Solo così infatti si spiega il nervosismo mostrato nelle ultime ore da Nicola Zingaretti e compagni. Da mercoledì l'artiglieria di via del Nazareno spara ad alzo zero su qualsiasi cosa si muova e abbia l'aspetto di Matteo Salvini. L'ex ministro va in tv dalla Berlinguer che lo sottopone a un fuoco di fila spalleggiata da Marianna Aprile, giornalista di Oggi con una spiccata simpatia per il Sud? Prima ancora che il capo della Lega compaia in video il Pd ha già fatto partire le prime raffiche, lamentandosi per la sua onnipresenza. Troppo tempo dedicato a lui, troppe domande condiscendenti, troppa propaganda. Dell'offensiva fa le spese anche la conduttrice, perché se si è in guerra non si va troppo per il sottile e si mettono in conto anche le vittime collaterali. Risultato, la figlia di un segretario del Pci, che a 35 anni dalla morte resta un'icona della sinistra, viene accusata di aver mandato in onda uno show sovranista «senza nessun tipo di contraddittorio», parola di Stefano Vaccari, della segreteria nazionale del Pd. Che il lancio di agenzia dell'ex senatore di Zingaretti sia stato diffuso quando Salvini non era ancora comparso sugli schermi degli italiani e dunque prima che aprisse bocca per dare sfogo «alla solita propaganda» è naturalmente un dettaglio. Ma Vaccari è in buona compagnia, perché a lamentarsi è anche il vicecapogruppo del Pd alla Camera, Michele Bordo, pure lui altamente indignato per il palcoscenico televisivo offerto all'ex ministro. Franco Mirabelli, vicepresidente dei senatori del Partito democratico, si unisce al coro per denunciare una Rai subalterna alla destra. Tutto questo su Rai 3, con Bianca Berlinguer e Marianna Aprile, per una mezz'ora di confronto-scontro che sui social Salvini commenta con un «Quanta pazienza…». Ma nonostante per il leghista non sia stata una passeggiata e nemmeno una passerella Michele Anzaldi, il guardiano televisivo di Renzi, addirittura chiede la rimozione da presidente della Rai di Marcello Foa, accusando la tv di Stato di non rispettare la par condicio.Finiti i colpi di artiglieria anti Salvini? Neanche a parlarne: ieri nuova sventagliata di cannone. Questa volta nel mirino è finito anche il gran cerimoniere della terza camera della Repubblica, Bruno Vespa, reo di aver mandato in onda un'anticipazione del suo programma con il faccione dell'ex ministro dell'Interno. Sono bastati 40 secondi nell'intervallo della partita Juventus-Roma per scatenare le ire del Pd, che attraverso i suoi portavoce ha parlato di spot elettorale nell'ora di massimo ascolto dell'ammiraglia Rai. Che il giorno prima a Porta a porta ci fosse Nicola Zingaretti e che anche il suo faccione fosse stato messo in onda fra il primo e il secondo tempo di Napoli-Lazio, è naturalmente un aspetto secondario per i pasdaran del Pd, i quali si sono concentrati sul numero di secondi riservati a Salvini, una manciata in più rispetto a quella dedicata il giorno prima al capo della sinistra. Dunque è arrivata una grandine di dichiarazioni, prima fra tutte quella dello stesso segretario del partito: «Mai così in basso, altro che libertà e autonomia. E lo chiamano servizio pubblico». Secondo Andrea Rossi, deputato e responsabile della campagna elettorale di Bonaccini, i 15 secondi in più sono «un fatto gravissimo e senza precedenti». Seguono giudizi tipo inaccettabile, inqualificabile eccetera eccetera. Il solito Anzaldi addirittura minaccia un esposto e reclama «sanzioni nei confronti dei responsabili». Finisce con Vespa che è costretto a chiedere scusa e a promettere un riequilibrio con uno spot di Porta a porta da mandarsi in onda insieme con la pubblicità nell'intervallo di Don Matteo, ma al direttore generale della Rai traballa la poltrona. Sì, uno psicodramma vero queste elezioni in Emilia Romagna, che in pratica per il Pd, il suo segretario e anche per il governo si stanno trasformando in una questione di vita o di morte. Anzi, forse più di morte che di vita, vista la suscettibilità dimostrata negli ultimi giorni. I sondaggi devono davvero essere neri come la pece per il partito di Zingaretti se a ogni comparsata di Salvini la reazione è isterica. Perfino la citofonata con annessa domanda sullo spaccio è diventata una questione di Stato. Chissà però se domenica sera ci sarà qualcuno che citofonerà al Pd per chiedere se il governo con le elezioni in Emilia Romagna e in Calabria ha ricevuto un avviso di sfratto.
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (Ansa)
«Non esiste al mondo un prodotto così diffuso e delle dimensioni del risparmio postale», ha dichiarato Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, a margine dell’evento «Risparmio Postale: da 150 anni la forza che fa crescere l’Italia», a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come l’ha definito il Presidente della Repubblica, si tratta di un risparmio circolare: sono 27 milioni i risparmiatori postali», ha spiegato ai giornalisti Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti.
Donald Trump e Xi Jinping (Ansa)