2022-01-11
Il Papa infrange il dogma sul siero: «Vanno sviluppate anche le cure»
Francesco definisce i vaccini anti Covid «la soluzione più ragionevole» alla malattia, ma avverte: «Non sono strumenti magici, servono insieme alle terapie». Poi attacca le Ong: «Negano le identità e fanno cancel culture».Non c’era bisogno di attendere il consueto discorso del Papa al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede per sapere cosa pensa Francesco sul tema vaccini. Per lui è «un atto di amore», ma ieri a leggere bene le sue parole si scorge un atteggiamento più laico di tanti sacerdoti della puntura e di tanti vescovi zelantissimi che stanno persino introducendo l’obbligo di vaccinazione per i preti che distribuiscono la comunione.Ieri mattina parlando nell’aula della Benedizione per la presentazione degli auguri per il nuovo anno ai diplomatici, il Papa ha detto che «i vaccini non sono strumenti magici di guarigione, ma rappresentano certamente, in aggiunta alle cure che vanno sviluppate, la soluzione più ragionevole per la prevenzione della malattia». Al netto di tutte le considerazioni medico-scientifiche che si possono fare, queste parole non dicono affatto che i vaccini siano l’unica soluzione, si parla espressamente di cure che «vanno sviluppate», e si appoggiano su quello che emerge dai numeri, almeno fino ad oggi, e cioè che i vaccini riducono la possibilità di sviluppare forme gravi di malattia e hanno un effetto sul numero di ospedalizzazioni e terapie intensive. Francesco non torna su questioni etiche legate all’utilizzo di vaccini testati o prodotti con l’utilizzo di linee cellulari provenienti da feti abortiti anni fa, in quanto la questione è già stata chiarita a suo tempo dalla nota della Congregazione per la dottrina della fede che ne ammette, in alcune circostanze, l’utilizzo secondo il principio morale della cosiddetta cooperazione al male. «La cura della salute», aggiunge poi Francesco parlando della responsabilità che ognuno deve mettere per diffondere l’uso dei vaccini, «rappresenta un obbligo morale». Ma anche in questo caso non bisogna immediatamente pensare a una specie di spot con le dita del Papa a fare la «V» di vaccino al braccio. Alcune sue parole che seguono questa affermazione, infatti, non possono essere lette in modo unilaterale. «La carenza di fermezza decisionale e di chiarezza comunicativa genera confusione», dice Francesco a proposito del ruolo della politica, e «crea sfiducia e mina la coesione sociale, alimentando nuove tensioni. Si instaura un “relativismo sociale” che ferisce l’armonia e l’unità». Quindi le fake news, il retropensiero e le posizioni ideologiche che purtroppo possono riscontrarsi in certo mondo no vax, possono occupare anche il campo di chi è impegnato nella promozione del bene comune, come molti casi hanno mostrato nella gestione della pandemia (il caso di scuola è quello sulla comunicazione per il vaccino Astrazeneca, ma se ne potrebbero citare molti altri). Perciò una «comunicazione trasparente delle problematiche e delle misure idonee ad affrontarle» non può essere una variabile secondaria della gestione di una campagna vaccinale, come, invece, è capitato, finendo per favorire il proliferare di teorie poco scientifiche e di vera e propria paura. Il vaccino, come ha detto il Papa, non è uno «strumento magico di guarigione», ma ne è uno «ragionevole» e come tale andrebbe appunto ben spiegato.Ma Francesco ai diplomatici non ha parlato solo di pandemia, in quello che viene considerato come il discorso più geopolitico di un pontefice. Ha spaziato su molti fronti caldi che sono sullo scacchiere internazionale. Ha ricordato il Libano, l’Iraq, la Siria, dove ancora «non si vede un orizzonte chiaro per il Paese». E poi il conflitto in Yemen, le tensioni istituzionali in Libia e il terrorismo che colpisce lo Sahel, i conflitti interni in Sudan ed Etiopia. Quindi ha auspicato «soluzioni accettabili e durature in Ucraina e nel Caucaso meridionale». Su tutti i conflitti ha chiosato con il suo giudizio sulle armi, citando Paolo VI: «Non si può amare con armi offensive in pugno». E ancor più netto il monito su quelle nucleari, su cui, ha detto, «la Santa Sede rimane ferma nel sostenere che sono strumenti inadeguati e inappropriati a rispondere alle minacce contro la sicurezza nel 21° secolo e che il loro possesso è immorale».Sulla questione migranti il Papa non si è limitato a ribadire alcune sue parole già più volte pronunciate, «vincere l’indifferenza e rigettare il pensiero che i migranti siano un problema di altri», ma ha richiamato anche l’Unione europea a «dare vita a un sistema coerente e comprensivo di gestione delle politiche migratorie e di asilo, in modo che siano condivise le responsabilità nel ricevere i migranti, rivedere le domande di asilo, ridistribuire e integrare quanti possono essere accolti».Sul tema più strettamente legato all’opera della diplomazia internazionale il Papa ha fatto riferimento alla necessità di recuperare il «multilateralismo», oggi in «una crisi di fiducia, dovuta a una ridotta credibilità dei sistemi sociali, governativi e intergovernativi». Tuttavia non si è limitato a prendere atto di un fatto, perché ha detto che «il deficit di efficacia di molte organizzazioni internazionali è anche dovuto alla diversa visione, tra i vari membri, degli scopi che esse si dovrebbero prefiggere. Non di rado il baricentro d’interesse si è spostato su tematiche per loro natura divisive e non strettamente attinenti allo scopo dell’organizzazione, con l’esito di agende sempre più dettate da un pensiero che rinnega i fondamenti naturali dell’umanità e le radici culturali che costituiscono l’identità di molti popoli. Come ho avuto modo di affermare in altre occasioni, ritengo che si tratti di una forma di colonizzazione ideologica, che non lascia spazio alla libertà di espressione e che oggi assume sempre più la forma di quella cancel culture, che invade tanti ambiti e istituzioni pubbliche».