
Biblista, teologo, ebraista, star di Twitter con oltre 100.000 follower, il cardinale Ravasi ha pubblicato l'ultimo dei suoi 150 libri. «Schegge» di autori di epoche, culture, fedi diverse (perfino atei), capaci di condensare in un lampo una verità universale.«Faccio dire agli altri quello che non so dire bene io, sia per la debolezza del mio linguaggio, sia per la debolezza della mia intelligenza». Uomo di grande spiritualità, che non snobba le incursioni nei riti e nei linguaggi contemporanei (è una tweetstar con oltre 100.000 follower, e pur amando Johann Bach, non disdegna di evocare John Lennon, Bob Dylan, Bruce Springsteen, Amy Winehouse, John Cage, il compositore estone Arvo Pärt, Claudio Baglioni, Ermal Meta con Fabrizio Moro, e financo Rita Pavone), sua eminenza Gianfranco Ravasi ha posto quell'aforisma di Michel de Montaigne in apertura del suo Breviario dei nostri giorni, ultima «creatura» di una produzione letteraria che nel complesso annovera circa 150 volumi.Ravasi, 76 anni, consacrato arcivescovo e creato cardinale da papa Benedetto XVI, teologo, biblista ed ebraista, presidente del Pontificio consiglio della cultura, poliglotta (parla più lingue, e non solo «vive»: greco antico, latino, aramaico, siriano, samaritano, ugaritico, alla base dell'alfabeto fenicio, per dire) ha per la brevitas una sana passione. Tuttavia questo libro non è una banale compilation di aforismi, di detti e contraddetti, titolo di un maestro del genere, Karl Kraus. Perché a ogni giorno del calendario corrisponde sì un pensiero, ma commentato da Ravasi con l'ausilio di altre «schegge», che danno ulteriore spessore alla trama delle sue riflessioni.Un'opera che denota un grande eclettismo.«Faccio mio quanto confessava, con la modestia del genio (il suo), Albert Einstein: “Non ho particolari talenti, sono solo appassionatamente curioso"». Breviario anche come brevitas, che oggi si ritrova nei tweet: 140 caratteri che devono essere fulminanti.«In teoria, perché la brevitas dei latini - felice sintesi di concisione e pregnanza - nella sua versione contemporanea non di rado scade nella banalità, sintomo di indigenza mentale e povertà espositiva, e perfino nella falsità. Queste sono invece “spremute" di elaborazioni di autori di epoche, culture, fedi diverse -e perfino di nessuna fede - capaci di condensare in un lampo un precetto di vita, una personale esperienza, una verità universale. Come dice un proverbio popolare tedesco: In der kurze liegt die würze, nella brevità sta il succo». Lei è anche un collega, se mi consente: per anni ha tenuto la rubrica Il Mattutino sul quotidiano Avvenire, e attualmente collabora a diversi giornali, tra cui L'Osservatore Romano e Il Sole 24 Ore.«Lei sa cosa assicurava Kraus? “Non avere neanche un pensiero ed essere in grado di esprimerlo: ecco cosa serve per diventare giornalisti" (ride). E avendo passato trent'anni della mia vita a insegnare, con sprezzo del pericolo posso anche ricordare Oscar Wilde: “Tutti coloro che sono incapaci di imparare si sono messi ad insegnare". Chiudendo il trittico con Giovanni Papini: “Ci sono quelli che non dicono niente. E lo dicono male"».Gesù è il più citato: 67 volte.«Non dovrebbe sorprendersi. Tra i motti minimi, i lóghia evangelici sono conosciuti e riconosciuti immediatamente, pensi solo all'essenza e alla forza di “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio"».Quando ha «sentito» la sua vocazione? «Sono entrato in seminario al ginnasio, ma il primo bagliore in assoluto risale ai tempi della mia infanzia, una sera al tramonto, sulle colline del paese di mia madre, Santa Maria Hoè, nell'odierna provincia di Lecco, con il fischio di un treno in lontananza, che scompare lasciando una striscia di fumo. Oggi potrei dire che percepii uno struggimento che rimandava al senso di fragilità dell'essere e dell'esistere, e quindi in fondo alla morte, ma che proprio per questo costituì la spinta alla ricerca di ciò che fragile e caduco non è. Platone, nell'Apologia di Socrate, registra l'ammonimento del maestro: “Una vita senza ricerca non merita di essere vissuta"».Bruce Chatwin dell'irrequietezza ha scritto l'anatomia, lei ricorre alla ruota di Bertolt Brecht: «Non so da dove vengo, non so dove vado. Perché allora attendo con tanta impazienza il cambio della ruota?».«Ma la sua “impazienza" finisce in un riconoscimento amaro, rassegnato di un non senso radicale nella vita. Ma se invece si vuole ascoltare lo scrittore americano di lingua francese, Julien Green: “Finché si è inquieti si può stare tranquilli", ecco che l'agitazione si trasforma in trepidazione, l'angustia in speranza. Perché significa che il cammino non è un girare a vuoto, ma ha una meta, indicata nelle sue Confessioni da Sant'Agostino: “Inquieto è il nostro cuore finchè in Te non riposa"». I suoi genitori erano credenti?«Sì, ma non bigotti, termine che pare derivi dall'uso normanno di intercalare nel discorso “by God", “per Dio", il che conferma il detto del profeta Isaia: “Questo popolo mi onora con le labbra ma non con il cuore"».Sono un peccatore e una pecorella smarrita, ma talvolta l'integralismo di certi cattolici mi annichilisce. Trovo nel suo libro Woody Allen: «Non ho niente contro Dio, è il suo fan club che mi preoccupa».«Accanto c'è Honoré de Balzac: “La malattia del nostro tempo è la superiorità, ci sono più santi che nicchie"». Lei si è trovato a essere giovane prete in pieno Concilio Vaticano II.«Giunsi a Roma per gli studi accademici l'11 ottobre 1962, la sera della fiaccolata per l'apertura del Concilio con il celebre discorso a braccio di papa Roncalli, il discorso della luna, che si chiude con “Tornando a casa, troverete i vostri bambini, date loro una carezza e dite: questa è la carezza del Papa"».In famiglia siamo devoti al Papa Buono, che aveva fatto sua l'imperativo del Vangelo di Matteo: «Oportet ut scandala eveniant. Visitava i carcerati di Regina Coeli poche settimane dopo la sua elezione, riceveva in Vaticano genero e figlia di quell'ateo comunista del leader sovietico Nikita Kruscev.«Papa Giovanni XXIII esortava a distinguere l'errore dall'errante. Nel giudicare il suo prossimo, il credente non deve peccare di superbia, non a caso è uno sette vizi capitali. Anche uno scrittore deista come Voltaire, rivolgendosi al “Dio di tutti gli esseri", lo pregava: “Fa' che coloro che accendono ceri per celebrarti non disprezzino coloro che si accontentano della luce del tuo sole"».Lei ha promosso il Cortile dei Gentili, la struttura vaticana per il dialogo con i non credenti, ma anche la Consulta femminile.«Non bisognerebbe mai dimenticare che Maria è la madre di Gesù. L'umanità è povera se ha solo una logica maschile, imponente (nel senso che si impone e impone), ma a cui spesso sfugge la complessità del reale, che invece è colta dallo sguardo delle donne. Joseph Conrad ha fotografato da par suo la situazione: “Essere donna è terribilmente difficile, perché consiste nell'avere a che fare con gli uomini"».Lei nel libro dedica righe sentite alla cantante rock Janis Joplin, bianca dalla voce «nera», morta a 27 anni per overdose di eroina.«“Non venderti, sei tutto ciò che hai", intendendo: non buttarti via. Una lezione proclamata, la sua, ma non praticata. Non è riuscita a sopravvivere alla sua solitudine inferiore, quella che le faceva dichiarare: “Sul palco faccio l'amore con 25.000 persone. Poi torno a casa sola"».La solitudine, una patologia sociale. Nell'era dell'iperconnessione permanente.«“In questa città ho paura, nessuno mi conosce, solo Dio". Lo scrisse Guido Ceronetti, indicando la fonte: graffito nei pressi della stazione di Roma Tiburtina, 1994. Da giovane prete studente a Roma, tra gli infermi di una parrocchia di Torpignattara, c'era un anziano che mi accoglieva con gioia, mi preparava il caffè, mi tratteneva il più possibile. Quando andai a trovarlo l'ultima volta, perché rientravo a Milano, mi disse con la voce rotta dal pianto: “Lei non sa cosa vuol dire non attendere più nessuno". Ecco, il vero nemico della religiosità non è l'ateismo fremente e cosciente che s'interroga, reagisce e nega. No. È l'indifferenza per il tuo prossimo, quella è assenza di Dio, con un termine ibrido: l'apateismo». Tra gli italiani che compaiono nel libro, c'è Stefano Rodotà, scomparso nel 2017: «La paura è comprensibile, gli imprenditori della paura sono invece pericolosi». Lei ha chiosato: «Certi politici con la bava alla bocca costruiscono le loro fortune di sequela proprio sul seminare paura». «Napoleone III sosteneva: “In politica bisogna guarire i mali, non vendicarli"».Quando lei ha scritto, sulla vicenda della nave Aquarius: «Ero straniero e non mi avete accolto», frase dal Vangelo di Matteo, un altro Matteo, Salvini (lo nomino io, Ravasi mai), ha rivendicato la propria coerenza con il messaggio del Nuovo Testamento.«Non avrei mai immaginato un'eco così forte per aver ricopiato sette parole del Vangelo. Il mare non può diventare un sepolcro d'acqua».Vangelo che Salvini ha mostrato sul palco in campagna elettorale, assieme al rosario.(Pausa non breve). «Se una persona li ha con sé, come uomo di Chiesa e servo di Dio, non posso che rallegrarmene (altra pausa). Poi naturalmente, oltre a esibirlo, bisogna applicarli, i precetti in esso contenuto». In chiusura: Dio esiste?, provocava un titolo del teologo presibitero svizzero Hans Kung negli anni Settanta.«“La morte di Dio è una falsa notizia messa in giro dal Diavolo che mentiva sapendo di mentire". Così Nicolas Gomez Dávila nel suo libro In margine a un testo implicito. Dio esiste, e anche Satana. Perché, ha osservato Charles Baudelaire, “la sua più grande astuzia è proprio quella di farci credere che non esiste"».
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.