2025-06-06
Il ministro degli Esteri: «Da Putin niente pace prima di fine anno»
Antonio Tajani (Cristian Castelnuovo)
Antonio Tajani gela le attese per una tregua tra Mosca e Kiev: «La Russia ha l’industria orientata alla Difesa, serve tempo per riconvertirla Pronti a inviare truppe se accettate dal Cremlino e sotto le Nazioni Unite. Da Hamas una caccia all’ebreo peggio di quella delle SS».«Sono il ministro degli Esteri più sfigato della storia»: inizia con una battuta di spirito ma con un fondo di verità, e non poteva essere altrimenti, la partecipazione del vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, al Giorno della Verità.La politica internazionale è in fibrillazione continua tra dazi americani, Europa frantumata, guerra in Medio Oriente, conflitto in Ucraina. E proprio alla guerra in Ucraina è dedicata la prima domanda del direttore Maurizio Belpietro: «Non prevedo un cessate il fuoco imminente», riflette Tajani, «Putin sta investendo tantissimo nel settore militare. Non può fare la pace e manco la tregua in tempi brevi. Ha detto che aumenterà il numero dei militari, li paga il doppio rispetto alla paga di un operaio russo. L’industria è ormai tutta orientata alla Difesa. Putin non può arrivare a chiudere la fase della guerra guerreggiata e aprire trattative se prima non risolve i suoi problemi interni. Credo che l’orizzonte sia quello della fine dell’anno». Tajani tiene a puntualizzare una cosa: «Non si può bruciare il Papa e il Vaticano», argomenta Tajani, «per una trattativa che sta appena iniziando. L’incontro si faccia da altre parti. Bene l’impegno del Vaticano, ma l’azione forte del Papa può essere la conclusione, non l’inizio di una trattativa».E i cosiddetti volenterosi? «I volenterosi? L’invio di truppe sul terreno era un periodo ipotetico dell’irrealtà. Si possono fare delle cose quando la guerra finisce. Noi crediamo che sia utile mandare anche delle truppe, ma che siano accettate pure dai russi. Qualora si decida», precisa Tajani, «finita la guerra, di creare una zona-cuscinetto dove ci sia una azione di monitoraggio, di peacekeeping, come fanno le forze dell’Unifil, con una decisione del Consiglio di sicurezza, così anche la Russia sarebbe d’accordo e, quindi, sarebbero veramente forze di pace. Noi continuiamo ad aiutare l’Ucraina», sottolinea Tajani, «ma non abbiamo mai autorizzato l’uso di armi italiane al di là dei confini ucraini perché non siamo in guerra con la Russia. Ogni Paese decide come far utilizzare le proprie armi, sono accordi bilaterali. Il nostro accordo è di utilizzare le armi soltanto per la difesa nel territorio ucraino, cioè per impedire che si bombardino ospedali, case private, quindi protezione della popolazione civile anche attraverso l’uso di armi, ma non possono usare le nostre armi in territorio russo». Le sanzioni, chiede Belpietro, possono essere utili per fermare la Russia? «Non sono un fan delle sanzioni», risponde Tajani, «devono sempre avere un fine. Se il fine è quello di impedire a Putin di continuare a finanziare l’esercito come sta facendo oggi, allora può essere che siano utili. È l’unico modo per fare pressione su Putin». Si passa a commentare quanto sta accadendo a Gaza: «Soltanto gli Stati Uniti», riflette Tajani, «possono incidere in maniera decisiva per mettere fine a questa guerra, che Israele ha vinto contro Hamas. Ci sono molti morti civili, che non hanno niente a che vedere con Hamas, ma bisogna sempre ricordare che all’origine di quanto è accaduto c’è proprio Hamas, con il massacro del 7 ottobre, la caccia all’ebreo più feroce dai tempi delle SS. Si devono liberare tutti gli ostaggi». Dopodiché, aggiunge Tajani, «la reazione israeliana non è stata proporzionata. Noi stiamo facendo tutto quello che tutti gli altri non sono in grado di fare, l’unico convoglio che è entrato a Gaza è quello di tir che noi abbiamo donato al Pam e che distribuiranno gli aiuti. L’Italia è protagonista di azioni umanitarie. Siamo leali sia con Israele sia con l’Autorità palestinese».Sui dazi: «L’America non ha tutti i torti quando parla dello squilibrio della bilancia commerciale», premette Tajani, «sono certo che con l’Europa si troverà una intesa e anche molto presto. Io conosco molto bene», spiega Tajani, «perché è stato mio collega per 5 anni nella Commissione Europea, il commissario Maros Sefcovic che è un abile negoziatore e ha ottimi rapporti con gli americani. È un uomo amante dell’industria, quindi non è un Frans Timmermans, tanto per intenderci. I dazi non convengono a nessuno, fanno danni a chi li fa e a chi li subisce. Credo che si raggiungerà un accordo entro il 9 luglio, i colloqui non stanno andando male. Gli americani hanno ragione quando contestano un disavanzo commerciale a loro sfavore. Siccome, per noi europei, il mercato americano è molto importante, io credo che noi dobbiamo investire di più negli Stati Uniti. Internazionalizzare le nostre imprese non significa abbandonare l’Italia, anzi, significa fare investimenti, comprare più prodotti degli Stati Uniti e, contemporaneamente, continuare a esportare, significa avere uno scudo protettivo per le nostre esportazioni. Credo che questo possa essere un buon accordo».Sul tavolo anche un altro argomento di scottante attualità, la Difesa europea: «Io direi», argomenta Tajani, «che serve coordinare meglio il tutto. Faccio un esempio: durante la guerra di Bosnia, italiani e tedeschi usavano lo stesso carro armato, il Leopard. Apparentemente erano identici, ma in realtà non erano in grado di comunicare tra loro perché gli strumenti tecnologici erano diversi uno dall’altro. Noi europei spendiamo un terzo di quanto spendono gli americani per la Difesa. Però tutti questi soldi, che sono tanti, spesso vengono spesi per fare tutti le stesse cose. Abbiamo tante copie, ma male utilizzate. Bisogna, innanzitutto, cominciare dal coordinamento. La mia idea», spiega ancora Tajani, «che era anche quella di Silvio Berlusconi, è quella di avere una Difesa europea unica, ma per questo ci vorranno anni. Però intanto cominciamo a coordinare meglio le spese».
Jose Mourinho (Getty Images)