Silenzio di tomba sul settore ittico in crisi per il fermo biologico. Fallimento sanatoria, i braccianti sono appena il 13% del totale.
Silenzio di tomba sul settore ittico in crisi per il fermo biologico. Fallimento sanatoria, i braccianti sono appena il 13% del totale.Qualcuno spieghi a Teresa Bellanova che è anche ministro della Pesca. Ieri avrebbe potuto fare tappa dalle parti di Pescara, dove le barche stanno all'ormeggio costrette all'inattività da un fermo pesca che non ha alcun fondamento mentre scendeva verso Mesagne, provincia di Brindisi, uno dei suoi feudi elettorali pugliesi, a parlare di pomodori e caporalato, perché dopo il flop della sua sanatoria sui migranti che si fanno braccianti è meglio tacere. Il fatto è che la ministra si occupa molto dei dettami di Matteo Renzi e molto meno dei problemi dell'agricoltura. E della pesca. Un intero settore della nostra economia è costretto alla smobilitazione. Durante la chiusura causa Covid le nostre marinerie sono state fermate, un po' dai provvedimenti del governo e un po' dal fatto che non c'era mercato. La vendita di pesce fresco è crollata del 70%: gli italiani compravano al supermercato il surgelato, i ristoranti erano chiusi. Da metà maggio i pescherecci sono tornati in mare con una lieve ripresa del mercato ma si calcola che nei mesi del lockdown le marinerie abbiano perso circa 500 milioni di euro ai quali vanno aggiunti i mancati introiti degli impianti di acquacoltura e mitilicoltura. Secondo il calendario del governo però i pescherecci devono restare in porto lo stesso per rispettare il fermo biologico (che c'è di fatto stato nei tre mesi di forza inattività). Dal 31 luglio nell'alto Adriatico non si pesca più, da oggi si fermano le barche da San Benedetto in giù e poi fino a ottobre tutto l'Adriatico. In autunno tocca al Tirreno con pause di 40 giorni scaglionate. A Civitanova Marche, a San Benedetto del Tronto, a Pescara gli armatori e le cooperative sono sul piede di guerra: giudicano inaccettabile doversi fermare di nuovo soprattutto adesso che il mercato del pesce è in lieve ripresa e costituisce anche un attrattore per i ristoranti che continuano a scontare una crisi gravissima. Ma gli appelli alla Bellanova sono caduti nel vuoto. Eppure ci sarebbe di che preoccuparsi. In dieci anni l'Italia ha perso un terzo del suo tonnellaggio, ormai siamo sotto i 10.000 pescherecci attivi e per il 75% del consumo di pesce dipendiamo dall'estero. Non c'è solo il fermo biologico ad «affondare» le barche. C'è la concorrenza senza regole degli altri paesi mediterranei, c'è l'impatto durissimo che la crisi dei migranti ha avuto sulle marinerie del Sud. Ma di questo Teresa Bellanova non si preoccupa. Lei è convinta che il futuro della nostra agricoltura stia ancora nella sua sanatoria. Che a due giorni dalla scadenza del termine per richiedere la regolarizzazione e l'emersione del lavoro degli immigrati si dimostra un flop assoluto. Non è minimamente servita a soddisfare la richiesta di manodopera delle aziende agricole perché le domande sono meno del 30% di quelle che Bellanova e Lamorgese avevano fissato in 600.000. Stando alle proiezioni non si arriverà neppure a 185.000 regolarizzazioni, di queste meno di 30.000 riguarderanno contratti agricoli. Gli ultimi dati del ministero dell'Interno al 31 luglio evidenziano che le domande accettate sono 148.594. Di queste quelle presentate dai lavoratori agricoli sono solo 19.875 cioè meno del 13%. Le altre riguardano colf e badanti. Così le aziende agricole continuano a soffrire di mancanza di manodopera. Si è all'esordio della vendemmia e mancano almeno 25.000 raccoglitori. Le organizzazioni agricole – la Cia in testa – lamentano che con lo smart working di Agenzia delle entrate e Pubblica amministrazione le pratiche di assunzione degli stagionali sono lentissime: si è passati da un'ora in epoca pre -Covid a 15 giorni. La Coldiretti insiste per avere i voucher e avviare in vigna disoccupati, giovani e pensionati altrimenti l'uva marcirà sulle piante; a rischio ci sono 15 miliardi di fatturato del vino. Ieri però per far vedere quanto l'agricoltura è etica la ministra ha visitato il pomodorificio di Conserve Italia accolta dal presidente Maurizio Gandini. Elogi di rito, e la ministra agricola ci ha fatto però sapere: «Non ci sono filiere sporche (quella del pomodoro è spesso citata come emblema del caporalato, ndr) ci sono solo aziende che non rispettano le regole». Visto che non si trovano migranti la ministra ha pensato di ricorrere a braccia autoctone. Ormai va così: gli italiani, dopo.
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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